Reato di sindacato.
La lotta di classe diventa associazione a delinquere
L’impianto accusatorio della Procura equipara l’ottenimento di somme salariali e di migliori normative rispetto ai contratti collettivi nazionali e il ricevere somme di compensazione per licenziamenti illegittimi all’estorsione. Usando poi l’impianto dei decreti sicurezza di Salvini, introdotti dal primo governo Conte nel 2018 e non casualmente cancellati dai governi successivi, decreti che hanno reintrodotto il reato di blocco stradale punendo con pene fino a sei anni una delle principali forme di lotta nella logistica, cioè il picchettaggio per bloccare la circolazione delle merci, il teorema si chiude equiparando la lotta di classe, le sue storiche procedure organizzative e di lotta a forme criminali punibili come reati.
Il 19 luglio a Piacenza otto militanti sindacali aderenti al Si Cobas ed all’USB sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di aver costituito una associazione a delinquere.
Tutto questo mentre solo poche settimane fa l’associazione padronale Asso Logistica ha festeggiato con il Governo Draghi, poco prima delle sue dimissioni, l’introduzione di una deroga alle leggi nazionali che abolisce la responsabilità in solido delle imprese nel solo settore logistico.
Questo significa che lavoratori e lavoratrici non potranno più rifarsi sulla ditta committente (per esempio la grande multinazionale) per gli abusi perpetrati dalle ditte che lavorano in appalto per essa (le interinali e le cooperative della logistica). Viene così abolito un percorso usato dalle organizzazioni sindacali per recuperare, per esempio, i salari non pagati dalle cooperative.
Non è poi un caso che il tutto avvenga a Piacenza. Il polo logistico della città è stato scelto come punto strategico del Nord Italia. Attualmente a Piacenza ci sono circa diecimila lavoratori, soprattutto immigrati, che lavorano nel settore e che dovranno raddoppiare nei prossimi anni, visto che si continua a investire per aumentare i capannoni dedicati al polo.
L’attacco che oggi viene mosso ai delegati ed alle strutture del sindacalismo di base è in realtà un attacco a tutto il mondo sindacale, che le strutture sindacali maggiormente rappresentative, a partire dalla CGIL, non dovrebbero sottovalutare.
Tacere su questa volontà repressiva equivale a tollerarla, e sta a significare che in futuro lotte, vertenze, mobilitazioni per la conquista di migliori condizioni salariali e normative rispetto ai Contratti Nazionali firmati dalle stesse strutture sindacali maggiormente rappresentative, saranno messe in discussione o peggio ancora considerate forme criminali.
Solo per fare un esempio: non si potrà lottare per riconquistare l’articolo 18 che prima Fornero e poi Renzi ci hanno tolto, né tanto meno prospettare la riconquista di un automatismo a difesa del nostro salario come la Scala Mobile, in una fase di forte ripresa dell’inflazione.
L’impianto accusatorio mira a una pesante delegittimazione dell’attività sindacale e a un suo ridimensionamento, mettendo sotto accusa l’organizzazione di un conflitto collettivo, le forme di autofinanziamento per sostenere l’attività e il fatto che vengano strappate a imprese locali e multinazionali più denaro e migliori condizioni di lavoro.
Ma cos’altro dovrebbe fare un sindacato?
L’accusa mossa oggi a compagni e compagne del sindacalismo di base, che lottano per condizioni migliori per i lavoratori, è un attacco rivolto ai militanti della lotta di classe e al concetto stesso di lotta di classe.
Esprimiamo la massima solidarietà ai compagni arrestati e alle loro organizzazioni sindacali, impegnandoci nella nostra militanza politica e sindacale a sostenere le ragioni e la lotta per migliori condizioni salariali e normative, collegando gli interessi immediati delle masse lavoratrici con i loro interessi storici, e cioè verso il reale ed effettivo affrancamento dallo sfruttamento capitalistico.
Alternativa Libertaria/FdCA