Ai recenti e perduranti attacchi dell’esercito di Israele (IDF) in Libano che hanno causato migliaia di morti, di cui centinaia di bambini, e che si sommano alle oltre 40.000 vittime, per lo più civili, alle indescrivibili distruzioni e a un numero enorme di sfollati – tutte drammatiche conseguenze dell’invasione di Gaza ad opera dell’IDF – si affiancano le notizie altrettanto drammatiche che giungono dall’Ucraina. Secondo fonti europee e statunitensi, la pace si difende e si potrà ottenere solo aumentando le forniture di armi al governo Zelensky per indurre alla ragione l’aggressore russo, anche a costo di incrementare la cifra dei 200.000 caduti tra militari e civili di Ucraina e di Russia.
Ma la pace da ottenere subito in ogni scenario di guerra danneggia sia gli interessi dei produttori di armi che quelli degli stati coinvolti nei conflitti. Oltre alle ipocrite dichiarazioni delle grandi potenze imperialiste, la guerra è un fenomeno non più locale ma generalizzato, che volge verso una drammatica fase di espansione, in una “escalation” che rischia l’irreversibilità. Sono infatti oltre 50 i conflitti che insanguinano il pianeta causando morte, distruzioni e immani sofferenze alle popolazioni coinvolte, che sono sempre più abbandonate a loro stesse.
La strategia di scaricare i costi delle crisi capitalistiche sulle classi subalterne perseguita stato per stato e con accordi multinazionali non è più sufficiente a difendere efficacemente gli interessi delle potenze imperialistiche in lotta per il controllo del mercato mondiale: i conflitti locali si generalizzano e rischiano di trascinare il mondo in un conflitto sempre più ampio, così come già è avvenuto nel corso della storia del ‘900 con lo scoppio delle due precedenti guerre mondiali imperialiste, in quanto la guerra è uno strumento del capitale per la risoluzione delle proprie crisi.
In un simile contesto ormai polarizzato non esistono imperialismi con i quali schierarsi più o meno criticamente per combattere altri fenomeni imperialistici ritenuti erroneamente più letali. Non esistono imperialismi accettabili, magari secondo la logica del meno peggio: la stessa Unione europea ha ormai gettato la maschera di un imperialismo bonario a lungo perseguita per divenire, a livello continentale, l’esecutore zelante delle pretese imperialistiche USA, seppure con innumerevoli contraddizioni, derivanti dall’incapacità dimostrata nel costruire livelli effettivi di unità. Ancora una volta affermiamo che l’Unione europea non è ancora giunta al necessario livello di maturità imperialista: da qui la sua debolezza e la sua subalternità.
Così come è già avvenuto in precedenti epoche storiche, le crisi economiche fautrici del degrado sociale e della disgregazione del tessuto di classe sfociano in conflitti più o meno generalizzati, che erodono la stessa democrazia borghese, deviandola verso orizzonti autoritari. Questo è quanto accade negli USA, in Israele, in Inghilterra e nella “bonaria” Unione europea che, elezione dopo elezione, vede affermarsi sia il degrado dei vecchi partiti conservatori borghesi che di quelli socialdemocratici. Formazioni queste ormai del tutto affini e attivissime nel perseguire politiche neoliberiste e militariste, ma soprattutto vedono crescere allarmanti formazioni di destra estrema capaci di insidiare posizioni di governo, unitamente ai militari che escono dalle caserme per invadere la società in tutti i suoi ambiti, innestandovi il germe letale del militarismo. In assenza di consapevolezze internazionaliste, non esita ad attecchire a livello di massa con tutte le sue devastanti conseguenze.
Uno sguardo all’Italia
In Emilia Romagna, le recenti piogge hanno devastato interi territori che appena un anno fa furono invasi dalle acque. La questione non consiste solo nel cogliere l’evidenza – vale a dire che, oltre ai proclami, in tutto questo periodo non è stato fatto nulla – ma nella più obiettiva e concreta constatazione che questo governo, unitamente a quelli precedenti, ha consapevolmente omesso di definire e perseguire con chiarezza, e quindi con finanziamenti appropriati e efficacemente gestiti, scelte e programmi per la manutenzione e la salvaguardia dei territori. I finanziamenti sono stati dirottati, per altro drenati dalla fiscalità generale, tagliando i salari nella cornice della generalizzazione del lavoro precario e povero, anche a scapito della sicurezza, dai servizi pubblici essenziali (istruzione, sanità, assistenza, previdenza, trasporti pubblici), verso grandi opere inutili e nocive e incrementando le già cospicue spese militari, ivi compresi gli aiuti all’Ucraina. Secondo i recenti indirizzi dell’Unione Europea, che sono stati votati negli aspetti sostanziali da alcuni partiti di governo e di opposizione, si indica di destinare lo 0,25% del PIL annuo alla “causa ucraina”: per l’Italia, sono altri 5 miliardi l’anno.
Il governo Meloni, in coerenza con le sue radici risalenti al MSI e mai rinnegate, intende cautelarsi circa il manifestarsi delle proteste contro il suo operato e, anche per ingraziarsi i settori più reazionari dell’elettorato, vara un ddl, il 1660, meglio noto come “decreto sicurezza”, che con i suoi contenuti liberticidi dimostra come le “conquiste costituzionali” possono essere aggirate, stravolte e addirittura soppresse quando in gioco ci sono gli interessi preminenti delle classi sociali al potere. La democrazia borghese porta nel suo ventre molle le cause della degenerazione autoritaria, come la storia amaramente dimostra in innumerevoli circostanze.
D’altronde tutte le lotte e le mobilitazioni sui posti di lavoro, quelle contro la guerra e la devastazione ambientale, le lotte studentesche e quelle per la parità di genere e per la piena cittadinanza delle soggettività LGBTQIA+, unitamente a tutte le altre forme di opposizione, non riescono a collegarsi per opporsi con efficacia alle politiche padronali e governative di aggressione alle condizioni di vita della nostra classe.
L’unica garanzia
La fase che stiamo vivendo vede l’affermarsi di cambiamenti epocali: mutano gli assetti economici, produttivi, politici, istituzionali e sociali, descrivendo una fase molto complessa e a tratti inedita, caratterizzata da enormi difficoltà che si manifestano nel presente e da una disarmante incertezza per il futuro, in uno scoramento che purtroppo coinvolge anche molte compagne e compagni, che si sono allontanati/e dall’intervento politico.
La storia della nostra classe ci mostra con chiarezza che nelle situazioni di crisi, in cui maturano la sconfitta e la repressione, quando viene meno l’iniziativa politica e di massa e la stessa speranza che sia possibile costruire una società più giusta, è indispensabile superare ogni sfiducia per realizzare non solo le idee opportune e i programmi conseguenti, ma anche la presenza attiva e organizzata di un solido tessuto militante, capace di perseguire con chiarezza proprio quelle idee e quei programmi, per la costruzione di un grande movimento unitario di massa in grado di opporsi efficacemente al capitalismo e alla barbarie che rappresenta.
E’ questa l’unica garanzia. E’ questo il primo passo pratico da compiere.