Sulla Carta non cambierà nulla.
Le modifiche alla Costituzione, presentate dal governo Renzi e sostenute da variegate espressioni del capitalismo italiano, sono state respinte dal voto con un NO senza attenuanti.
Ne esce sconfitta l’arroganza di un governo che voleva semplicemente mettere nero su bianco quanto già succedeva da anni (e probabilmente continuerà a succedere) nei rapporti tra potere esecutivo e potere legislativo e tra potere centrale dello Stato ed autonomie regionali: il prevalere delle decisioni del governo in ogni caso, il comando di una minoranza che si impone col premio con un bonus maggioritario.
Ma se un leader politico ed il suo governo soccombono, al tempo stesso non ne esce sconfitta la classe capitalista di cui i governi succedutisi in questi anni di crisi sono stati espressione.
Le centrali e le agenzie del capitalismo euro-italiano, che hanno sostenuto le ragioni del SI, sono saldamente al comando del paese, pronte a riorganizzare la loro espressione politica al governo con un governo di transizione o con prossime elezioni.
Del resto, non manca loro qualche consolazione dalla vittoria del NO, considerata la cospicua presenza di forze tutt’altro che anticapitalistiche che se ne facevano bandiera.
La sconfitta di un leader politico arrogante e pericoloso, talmente tronfio da organizzare persino il tempo ed il luogo della sua debacle, questa sconfitta, registra con particolare evidenza tre aspetti:
– ha vinto un NO per negare la personificazione del potere e della sua arroganza ed a cui contrapporre una resistenza sul piano dei valori della Costituzione;
– ha vinto un NO che è protesta, disagio, rabbia e insopportabilità delle condizioni di vita espresso da generazioni, ceti e realtà sociali di classe lavoratrice abbandonati nei vortici della crisi economica, e che sempre con più difficoltà riescono a darsi rappresentanza sociale e politica, rischiando spesso di essere strumentalizzati da opportunisti di tutte le risme;
– ha vinto un NO che è speculazione politica, pronto a farsi arrogante e servo delle compatibilità capitalistiche se solo gli fosse consentito di farsi potere.
Il potere in carica ha costruito con arroganza la sua stessa sconfitta, è stato travolto da una valanga di NO, ma -ancora una volta, purtroppo- non deve temere alcuna opposizione sociale e politica organizzata che abbia la forza di invertire le politiche sociali ed economiche di questi 8 anni di crisi.
Una volta assegnate quote di NO alla destra estrema, a partiti come Forza Italia, M5S, Lega e frange del PD, resta però la parte espressa da forze sociali, sindacali e politiche di quella sinistra ampia che ha contestato e respinto la riforma costituzionale e che in questi anni ha cercato di opporsi al Jobs Act ed alla legge 107 sulla scuola, alle grandi opere inutili ed allo sfruttamento dei beni comuni.
Sulle rotte di questo arcipelago diversificato di forze sociali e sindacali, politiche e culturali, occorre far viaggiare un progetto di coalizione, di costruzione di un fronte che trasformi il NO in azione sociale costante, con la creazione di un’opposizione sociale immediatamente riconoscibile come alternativa a tutte le declinazioni del renzismo, al capitalismo, al razzismo e al tempo stesso portatrice di un nuovo mondo, più libertario più giusto.
Prima chance: l’abrogazione del Jobs Act in primavera.
AL/fdca