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LA TRASFORMAZIONE DEI CONTRATTI NAZIONALI DI LAVORO IN SIMULACRI

Gli ultimi rinnovo dei CCNL confermano una radicale trasformazione dei contratti nazionali in simulacri, i cui tutti i contenuti vengono indirizzati e inviati verso le sedi aziendali o territoriali.

I CNNL finiscono per essere, almeno per ora, semplice cornice e indice di contenuti da smistare e risolvere in altre sedi: aziendali, territoriali, enti bilaterali o commissioni nazionali.

Emergono direttive comuni:

– sul salario: il suo NON aumento risulta collegato all’IPCA (indice dei prezzi al consumo), stabilito in sede nazionale; la parte variabile -salario reale- viene contrattato in sede aziendale, ed è sempre più legato alla produttività, detassato e de-contribuito sotto varie forme;

– l’organizzazione del lavoro diventa di fatto di pertinenza aziendale: orari e tutele, normativa

– il welfare aziendale, oggetto che emerge come ruolo corporativo in una situazione di competizione tra le imprese; tra i lavoratori e dentro le stesse imprese [aziendalismo].

Esso riguarda anche i famigliari dei lavoratori: il tutto già ampiamente in funzione nelle grandi e medie imprese e nelle piccole con trend positivi. La parte di salario che viene corrisposto in welfare aziendale, pur gradita ai lavoratori che la ricevano, aumenta la frammentazione sociale, indebolisce il welfare pubblico, sia come drenaggio di risorse grazie alla detassazione sia come rafforzamento della sanità privata, e crea discriminazioni all’interno delle stesse aziende dove convivono, e sono ormai la maggioranza, forme di contrattualizzazione diversificata.

Quelle che ormai da tempo erano state individuate come linee di tendenza possono essere ormai considerate e un punto di assestamento di carattere generalizzato, perseguito e raggiunto dai padroni dopo la vittoria sul campo, e senza particolari differenze si ritrovano negli accordi fotocopia delle varie categorie.

L’unica eccezione riguarda il pubblico impiego, dove le linee contrattuali, già per altro delineate, appaiono ancora confuse e in ritardo a seguito dell’incidente di percorso legato alle vicende del governo, ma verranno presto riprese in sede attuativa.

Utile rimarcare altre due questioni:

1) l’istituzione dei Tavoli Interconfederali per la riscrittura delle relazioni sindacali, che prevedono il “rinnovo” dell’accordo interconfederale [l’ultimo è del luglio 1993] sulle relazioni sindacali oltre ai finora presenti tavoli in 4 settori: commercio (terziario di mercato), industria, artigiani, pubblico impiego.

Si assiste, dunque, ad un ritorno del ruolo delle confederazioni rispetto ad una ormai logora/logorata azione autonoma delle categorie.

Tra le confederazioni e le parti “datoriali” si affronta quella che viene definita dai padroni la nuova realtà, che ovviamente abbisogna di nuove relazioni sindacali, delineando la suddivisione in settori delle attività economiche con specifiche articolazioni.

Le stesse linee le ritroviamo nei contratti rinnovati, quindi: i livelli contrattuali con le caratteristiche descritte, il welfare aziendale, enti bilaterali di settore nazionali, osservatorii ecc. e in aggiunta la misurazione della rappresentanza sia per le OO.SS. sia per le associazioni datoriali [in sostanza l’estensione dell’accordo del gennaio 2014].

L’avvio di questi tavoli e dei conseguenti accordi e affidamenti, come nel caso del patto per la fabbrica oppure quello del commercio, hanno dato il via allo sblocco dei rinnovi contrattuali.

Se volessimo capire la posizione all’oggi, per concludere questo primo punto, siamo a metà tra un sistema di relazioni USA e quello applicato in Germania.

Viene definita la centralizzazione in capo ai soggetti “costruttori” del modello: cioè in base, ad esempio, a chi può sedersi al tavolo delle trattative.

  1. la fine della particolarità FIOM

L’attenzione sulla FIOM-CGIL è dovuta a tre aspetti di singolarità nel panorama sindacale: :

– il rapporto elevato che questa organizzazione ha tra l’alto numero degli iscritti e il numero dei rappresentanti nei luoghi di lavoro [la cosa la poniamo qui in senso numerico];

– la sua strategia contrattuale definita in modo autonomo che l’ha messa in conflitto con i vertici della confederazione negli ultimi 12 anni fino alla metà del 2015;

– la ricerca di rapporto con forme associative e movimenti.

Il rinnovo dell’ultimo CCNL dicembre 2016 segna il definitivo cambio di strategia dell’organizzazione: un evento per molti versi scontato e dovuto principalmente a due fattori di fondo, concause della messa fuori campo della strategia sindacale, connessi alle trasformazioni in atto e tutt’ora in fase di svolgimento [affermazione del modello esempio industria 4.0].

Il primo fattore sta nella violenta inedita ristrutturazione/ riorganizzazione della manifattura [meccanica ma non solo] con l’accelerazione a seguito del picco di crisi del 2008, lontana dall’essere in una fase di stabilizzazione. Ne conseguono:

– chiusure e ricatto occupazionale, riduzione di organici, l’introduzione massiccia di tecnologia riconducibile all’automazione in senso lato;

– cambio della forma organizzata dell’impresa e modifica della prestazione lavorativa.

Il secondo fattore è lo stato reale del ruolo della rappresentanza/partecipazione con la mancata assunzione dei contenuti peggiorativi della condizione lavorativa derivanti dalle ristrutturazioni, intesa come spinta dal basso sulla quale innestare l’azione rivendicativa sindacale [prevale su questo dentro i luoghi di lavoro il contenuto dei padroni anche ma non solo per paura].

Occorre infatti considerare la difficoltà di comprendere i contenuti dei processi di trasformazione in essere. Va inoltre rilevato che alla conclusione si arriva con un aumento progressivo della delega al gruppo dirigente che assume risvolti definitivi nel mandato della trattativa del CCNL.

Dopo 4 anni si modifica una strategia sindacale non più sostenibile.

Dato che non crediamo alle repliche, difficilmente avremo repliche del glorioso passato visto che il termine giusto è sconfitta.

La realtà della classe

Per i comunisti anarchici il sindacato va ricostruito avendo chiaro la realtà della classe, rimanendo dentro la classe, attraverso un’azione di presenza sul territorio con un lavoro costante non episodico con al centro i lavoratori.

Le posizioni che insistono nel NON riconoscimento della sconfitta si attardano nel “dagli al tradimento dei dirigenti”, sembrano presagire una classe pronta per una reazione su ampia scala.

Un tuffo nel passato.

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