Petrolio: scisto o sceicchi?
Una vecchia canzone dei Clash diceva più o meno “Sheiks don’t like rock in the casbah”, ebbene dopo il vertice dell’OPEC del 25 maggio 2017 al posto di rock ci potremmo metterci shale….
OPEC e sceicchi
All’indomani del vertice dell’OPEC del 25 maggio scorso a Vienna, il ministro dell’energia dell’Arabia Saudita, Khalid al-Falih
ed il suo collega russo Alexander Novak
hanno dichiarato che i tagli alla produzione del greggio verranno prorogati di 9 mesi, fino al marzo 2018, per far risalire i prezzi verso una soglia intorno ai $50 al barile.
Dopo 2 anni e mezzo di tira e molla, l’OPEC sembra aver trovato una strategia di mercato che sembra non tenere conto, però, dell’evoluzione della concorrenza dei produttori americani di shale-oil (greggio da scisto).
Alla sfida estrattiva (veloce ed economica) di greggio (in siti ritenuti in passato non convenienti per un’estrazione tradizionale) tramite il fracking (fratturazione idraulica delle rocce scistose), iniziata circa 10 anni fa, solo nel 2014 l’OPEC aveva risposto prendendo come contromisura l’aumento della produzione per abbassare i prezzi e mettere in difficoltà gli indebitati produttori di shale-oil americani (in perdita con un prezzo sotto i $50 al barile).
Ma mettendo in difficoltà anche membri OPEC e non/OPEC fortemente dipendenti dall’alto prezzo del greggio [Brasile, Venezuela, Ecuador…] e privi delle enormi riserve valutarie di cui dispone ad esempio il fondo sovrano dell’Arabia Saudita ($2000mld).
L’andamento dei prezzi del petrolio: il rialzo dopo la prima stretta alla produzione Opec (in rosso), è poi svanito. E’ stato necessario aprire a nuovi tagli per far risalire il barile.
(al 9 giugno 2017, $48,3b il Brent e $45,92b il WTI).
Shale-oil/petrolio-da-scisto
La crisi di capitali e debitoria che aveva colpito questo settore a causa dei prezzi bassi è in corso di evoluzione, in virtù della capacità dei produttori di shale-oil di rifornirsi di capitali dai mercati finanziari, tramite strumenti quali i futures (contratti a termine per cui si acquista un bene che sarà disponibile in un futuro predeterminato, vedi futures nell’acquisto di vino Brunello dell’annata xy…) oppure gli hedge funds (fondi speculativi di investimento ad alto rischio).
La fiducia dei mercati finanziari al settore dello shale-oil trova le sue basi nella prevedibilità del successo dell’attività estrattiva del fracking rispetto a quella più casuale dei pozzi. L’estrazione da scisto è diventata ormai una normale attività industriale programmabile, simile a quella manifatturiera, per cui il settore può contare anche sugli investimenti dei fondi-pensione e dei fondi private-equity (investimenti su società valutate in forte crescita con possibilità di disinvestimento per ottenere plusvalenze dalla vendita delle azioni), interessati più alla remunerazione del capitale investito proteggendo il settore e puntando ad una crescita della produzione, piuttosto che speculare su un ritorno del greggio a un prezzo di $100 al barile.
Secondo l’organismo di authority America’s Commodity Futures Trading Commission, il valore delle transazioni del petrolio da scisto nella tipologia merceologica WTI (West Texas Intermediate) è pari ad 1 mld di barili in futures, più del doppio di 5 anni fa e pari ad 1/4 di quota di mercato rispetto al 16% del 2012.
La schizofrenica politica dell’OPEC, passata da un’iper-produzione della fine del 2016 al taglio della produzione dallo scorso 1 gennaio, ha in realtà depresso il prezzo spot (prezzo corrente di una merce) rispetto al suo valore in futures, alimentando così una situazione di mercato definita contango, in cui il valore dei futures è superiore al prezzo corrente, consentendo ai produttori di petrolio-da-scisto WTI di attirare investitori di futures.
Invece, la strategia OPEC di puntare ad un prezzo spot superiore a quello dei futures (situazione di mercato definita come backwardation) per scoraggiare gli investimenti nel petrolio-da-scisto non appare avere per ora effetti degni di nota.
Produzione americana
L’agenzia governativa Energy Information Administration prevede che nel 2018 la produzione di greggio americana sarà di 10 milioni di barili al giorno, al pari con quella russa e saudita.
Il numero dei produttori di shale-oil è salito negli ultimi 10 mesi da 262 a 700.
La stessa agenzia fa sapere che sarà un’impresa dura per i produttori OPEC e non/OPEC ridurre le scorte di greggio alla media degli ultimi 5 anni (si tratta di tagliare 1,8mbg); inoltre, la Libia e la Nigeria (entrambi membri OPEC), esentate dal taglio della produzione per la loro difficile situazione economica, hanno aumentato nettamente la loro produzione [Nigeria +274.000bg in aprile 2017, Libia +800.000bg] vanificando in qualche modo le scelte della loro organizzazione.
Fabbisogno mondiale
Nel 2016, la domanda mondiale è stata più debole, sia sul versante dei paesi ricchi che su quello dei paesi in espansione come Cina ed India, che stanno usando il petrolio in maniera più efficiente rispetto ad altri paesi sviluppati.
Il che rende difficile fare previsioni su eventuali aumenti del prezzo del greggio.
Dipende anche dai produttori di petrolio-da-scisto: carenza di manodopera e di attrezzature potrebbero far crescere i costi di perforazione; tassi d’interesse più alti potrebbero raffreddare l’entusiasmo degli investitori ed un’irrazionale esuberanza del settore potrebbe spingere in alto la produzione con effetto depressivo sui prezzi.
In attesa del 2023 [https://www.youtube.com/
In fondo mancano solo 6 anni!!
Ufficio studi Alternativa Libertaria/fdca
cfr. http://www.cftc.gov/index.htm; https://www.eia.gov/; https://www.rolandberger.com/; The Economist n°9041; Il Sole24Ore; http://www.repubblica.it/