EDDI NON SARÀ MAI SOLA
In questi giorni dominati dal Covid19, è arrivata una notizia che non avremmo voluto ricevere. Maria Edgarda Marcucci, una donna che nel 2017 è andata in Rojava per sostenere la Rivoluzione delle donne, si è vista comminare la sorveglianza speciale. Lei, unica imputata donna su cinque, è stata la sola a essere stata punita con misure che discendono per via diretta dal confino del regime fascista e che andranno a limitare moltissimo la sua libertà. L’impianto accusatorio la voleva pericolosa perché ha partecipato alla Rivoluzione delle donne in Rojava, nel nord est della Siria. Quel movimento di donne osannato dai media di tutto il mondo, che ha scoperto la Rivoluzione in atto attraverso le foto delle guerrigliere curde, scardinando così gli stereotipi sulle donne in Medioriente. Loro, che a volto scoperto hanno combattuto e sconfitto lo Stato Islamico. Molti politici, nelle loro dichiarazioni, hanno elogiato e osannato il movimento delle donne in Rojava. Gli stessi politici che non più di un anno fa hanno definito Lorenzo Orsetti “eroe” quando è caduto martire il 18 marzo 2019 mentre combatteva l’ultima battaglia contro ISIS.
Ma ecco la contraddizione. Non appena una donna italiana, una donna libera, decide di unirsi alla Rivoluzione e torna a casa sana e salva allora deve essere punita, condannata, limitata nei suoi movimenti perché ritenuta “socialmente pericolosa”.
Eddi è una donna che ha speso la sua vita a combattere per un mondo più giusto, a studiare per capire i meccanismi economici e culturali che opprimono la nostra società, oggi messi drammaticamente in evidenza dalla pandemia in corso, capace di comunicare i suoi contenuti con grande chiarezza a platee molto differenti. Eddi è partita nel 2017 e da quando è tornata ha raccontato la sua esperienza, i crimini dell’ISIS e dello stato turco dovunque venisse invitata. È tornata per riprendere le lotte che aveva lasciato, per i senza tetto, per i disoccupati e soprattutto con il movimento delle donne Non Una di Meno. Proprio questa attività è quella che ha pesato nel giudizio della Procura di Torino. E in particolare la sua presenza a due presidi pacifici e una manifestazione del 1° maggio. Eddi è una NO TAV e il tribunale di Torino è da anni il principale laboratorio di repressione di una lotta che dura da 30 anni, capace di incarcerare Nicoletta Dosio, una donna di 73 anni. Ora hanno preso di mira anche Eddi. Il provvedimento sancisce la sua “pericolosità sociale” e la costringe a non spostarsi da Torino e a rimanere nella propria abitazione dalle 21 alle 7, con in più la proibizione di avvicinarsi ad assembramenti e riunioni dalle 18 alle 21.
Ma perché la Procura di Torino considera Eddi “socialmente pericolosa” e la criminalizza? E per quale motivo tra le 5 persone che sono state prese di mira dalla Procura l’unica ad aver subito il provvedimento è una donna?
Forse la sua “pericolosità sociale” sta nel fatto che il suo pensiero e le sue azioni vanno nella direzione di un cambiamento radicale della società in cui viviamo? Forse perché per la società ingiusta e patriarcale in cui viviamo una donna forte, che non si piega, è da punire e rieducare? O forse perché la sua presenza pubblica e le sue denunce sono diventate inaccettabili? Non vogliamo credere che le ragioni del provvedimento siano da imputare “all’atteggiamento aggressivo di Eddi e al suo passo marziale”, il pretesto ridicolo addotto dalla Procura di Torino per giustificare la sua decisione.
Ma Eddi non è sola. Tutte noi siamo solidali e complici. Perché per noi “Jin Jiyan Azadi” (donne, vita e libertà) non è uno slogan ma l’essenza stessa della vita.
Noi, donne della Rete Jin italiana saremo pronte in ogni momento a difendere le sue scelte e a scendere al suo fianco in ogni tribunale e in ogni piazza.