Lo Stato
Crisi dello Stato sociale e consociazione
E’ contraddittorio che di fronte alla crisi dello stato sociale, noi comunisti anarchici finiamo nella nostra azione sindacale e politica tra i pochi sostenitori dell’intervento dello Stato? Non è paradossale che proprio noi finiamo per sostenere la necessità dell’estensione dell’intervento dello Stato, quando una delle caratteristiche di fondo della nostra ideologia politica è quella dell’estinzione dello Stato?
Crisi dello Stato sociale e delle economie di piano
Come tutti sanno lo stato sociale nasce per iniziativa del keynesismo e, fatto proprio dalla forze socialdemocratiche, diviene uno dei cardini dello sviluppo della società retta da sistemi di capitalismo avanzato. Esso permette di assorbire i conflitti sociali ed anzi di finalizzarli ad una crescita più equilibrata dell’accumulazione, di reinvestire i salari in modo tale da garantire una crescita costante dell’economia, garantendo al tempo stesso migliori condizioni di vita ai cittadini. Lo stato sociale non elimina la povertà e la disuguaglianza nella distribuzione delle risorse, ma certamente rende meno drammatico il conflitto tra miseria e ricchezza, avrebbe dovuto garantire la possibilità di erogare a tutti alcuni servizi cosiddetti essenziali quali l’assistenza sanitaria, l’istruzione, il diritto alla casa, ad un salario minimo, a condizioni di vita complessivamente accettabili.
A questa concezione del ruolo dello Stato i paesi del cosiddetto “socialismo reale” hanno opposto lo Stato-piano che attraverso la pianificazione delle risorse e della produzione avrebbe dovuto attuare un’equa distribuzione dei beni. Questo schema di funzionamento dello Stato non va esente, come quello dello Stato sociale, da manchevolezze, soffre di burocratismo l’uno e di prevaricazione, disonestà ed affarismo l’altro al punto che le ragioni di critica dei due sistemi spesso si intrecciano.
La fase di espansione lunga attraversata dall’economia mondiale ha messo in crisi ambedue i sistemi di gestione sociale. Da qui la crisi dei sistemi di “democrazia popolare” come quella dei sistemi di stato sociale con il neoliberismo. Nella nuova situazione va mutando all’est come all’ovest il ruolo dello Stato e trovano spazio sistemi di gestione dell’accumulazione caratterizzati dalla deregulation e dalla massimizzazione dei profitti da perseguire attraverso il cedimento degli stati nazionali di fronte alle multinazionali ed alla progressiva concentrazione economica e finanziaria che ha raggiunto ormai dimensioni planetarie. Il necessario corollario di questa strategia del capitale è l’impoverimento progressivo ed inarrestabile del quarto mondo, il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro degli stessi abitanti dei paesi ricchi, la scomparsa della sicurezza sociale e l’imbarbarimento dei rapporti intersoggettivi con la spinta sempre maggiore all’individualismo e al soddisfacimento concorrenziale rispetto agli altri dei propri bisogni. E’ insomma quel fenomeno che comunemente chiamiamo logica della privatizzazione. (continua a leggere)
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