Referendum sociali e lotta di classe
E’ partita il 9 aprile una composita campagna referendaria che durerà tre mesi, promossa da un comitato promotore nazionale plurale che punta a raggiungere l’ambizioso obiettivo di raccogliere oltre 500.000 firme per la richiesta di referendum abrogativi che riguardano norme della legge 107/2015 sulla scuola, della legge 9/1991 sulle attività di prospezione ricerca e coltivazione di idrocarburi in alcune acque territoriali, della legge 133/2014 sui nuovi e vecchi inceneritori.
Contemporaneamente è partita la raccolta di firme della CGIL per l’abrogazione di norme del Jobs Act e del Coordinamento Democrazia Costituzionale per l’abrogazione di norme della legge 52/2015 nota come Italicum.
Si aggiunge una petizione popolare per legiferare in materia di diritto all’acqua e di gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico integrato.
In tre mesi, dunque, si dispiegherà una capillare ed intensa attività dal basso e dai territori, che coinvolgerà migliaia di attivisti sindacali e politici, ambientalisti, difensori della Costituzione, finalizzata al raggiungimento del numero di firme necessarie a promuovere i referendum abrogativi richiesto.
La scuola
L’obiettivo è abrogare quattro norme della legge 107/2015. Un poderoso movimento sindacale, tra il 2014 ed il 2015, si era battuto per il ritiro e/o per profonde modifiche alla Legge proposta dal governo Renzi col nome ingannevole di “Buona Scuola”. Nonostante alcune modifiche ottenute solo per via parlamentare, l’impianto autoritario e neoliberista della legge 107 è rimasto intatto con grave pregiudizio per la libertà d’insegnamento, per la democrazia e per l’azione sindacale all’interno delle scuole. Un ampio fronte di sindacati di categoria (di base e CGIL) e di associazioni di genitori e studenti, è giunto attraverso una serie di assemblee nazionali alla decisione di puntare sulla rischiosa carta di presentare quattro quesiti abrogativi che puntano ad eliminare i superpoteri concessi ai dirigenti scolatici (dalla chiamata nominale dei docenti alla possibilità di distribuire aumenti salariali agli insegnanti, per un presunto “merito”, a propria discrezione), a cancellare l’obbligo alla “alternanza scuola-lavoro” per almeno 400 ore ai tecnici/professionali e 200 ore ai licei, nonché le donazioni private, detratte dalla fiscalità, a singole scuole.
Il mare e le trivellazioni
La recente sensibilità maturata nei confronti dei beni comuni e nella protezione del proprio ambiente di vita di fronte alla rapina mafiosa-capitalistica ha fatto maturare l’iniziativa referendaria contro una legge di 25 anni fa. Contro l’art.4 della Legge 9/1991, il quesito abrogativo punta ad eliminare la norma che prevede attività di ricerca e trivellazione di idrocarburi nelle acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e delle Isole Egadi, nonchè nelle acque del Golfo di Venezia e nel tratto di mare tra la foce del fiume Tagliamento ed il ramo di Goro della foce del Po. Dopo il mancato raggiungimento del quorum nel referendum del 17 aprile, l’obiettivo è bloccare tutti i nuovi progetti di perforazione e estrazione, ridurre devastazioni e problemi di salute connessi a progetti petroliferi sempre meno convenienti persino per il capitalismo energetico.
Il territorio ed i rifiuti
Ugualmente, la sensibilità popolare maturata nei confronti dell’inquinamento del proprio territorio, causato da una politica mafioso-capitalistica della gestione dei rifiuti, ha portato all’iniziativa referendaria contro l’art.35 della Legge 133/2014. Il quesito abrogativo punta ad eliminare la norma che prevede che gli inceneritori siano infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale; che sia il governo a decidere localizzazione e capacità specifica di 15 nuovi impianti e possa commissariare le Regioni inottemperanti; l’obbligatorietà di potenziamento al massimo del carico termico e di riclassificazione a recupero energetico degli inceneritori esistenti; la possibilità di produrre rifiuti in una Regione e incenerirli in un’altra; il dimezzamento dei termini di espropriazione per pubblica utilità e la riduzione dei tempi per la Valutazione di Impatto Ambientale.
L’Italicum
In anticipo sul referendum istituzionale previsto per il prossimo autunno, confermativo della nuova legge elettorale n°52/2015 nota come “Italicum”, è partita un’altra campagna referendaria che punta alla abrogazione di due norme di tale legge: quella che dà alle segreterie dei partiti competitori il potere di definire i capi-lista e la loro candidatura plurima e di stabilire i nominativi degli eleggibili; quella che assegna il 54% dei seggi della Camera alla lista che esce vincitrice dal ballottaggio. La lunga e complessa evoluzione delle democrazie post-belliche verso assetti che assegnano un potere sempre maggiore all’esecutivo comporta da un lato il relegare il Parlamento ad un ruolo di mera certificazione e dall’altro costringere con le buone e le cattive le rappresentanze della società civile ad un ruolo di audizione senza alcun potere di interdizione, di negoziazione e di mobilitazione dal basso. In quest’ultimo caso la risposta prevista è solo una: repressione e criminalizzazione.
Jobs Act (Legge 183/2014)
Dopo una tormentata decisione interna, la CGIL ha lanciato in solitudine la sua campagna referendaria (oltre a quella sulla scuola in alleanza coi sindacati di base) per l’abolizione del Jobs Act per quanto riguarda la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo; per la cancellazione del lavoro accessorio (voucher); per la reintroduzione della piena responsabilità solidale in tema di appalti. Anche in questo caso, siamo in presenza del tentativo di utilizzare lo strumento referendario per ottenere tramite consultazione popolare quello che non si era riusciti ad ottenere attraverso la mobilitazione di massa, vuoi per incapacità di gestire lo scontro, vuoi per incapacità di gestire le contraddizioni tra ceto dirigente PD dentro la CGIL e ceto PD al governo.
Sbornia referendaria o partecipazione dal basso?
Le novità che emergono subito dalla composizione dei temi e dei comitati promotori sono essenzialmente due: si tratta di una campagna referendaria che riguarda un vasto arco di tematiche sociali antiliberiste; si tratta di una campagna fondata non su partiti o strutture istituzionali ma su una grande alleanza di movimenti, organizzazioni e reti sociali.
La vastità e la peculiarità dei temi affrontati non ha precedenti. Non è nemmeno paragonabile ad alcune campagne referendarie degli anni scorsi promosse da questo o quel partito o di schieramenti istituzionali.
Il movimento per la scuola pubblica, il movimento per l’acqua e contro gli inceneritori e le trivelle hanno deciso di lanciare insieme, autonomamente dal basso e del tutto indipendentemente da partiti o coalizioni istituzionali, una mirata campagna di referendum sociali che punta a cancellare alcuni tra i più devastanti provvedimenti della legge 107 per la scuola e a cambiare le politiche ambientali, a partire dallo stop definitivo alle trivellazioni petrolifere e all’eliminazione degli inceneritori.
Si aggiungano gli altri due movimenti referendari: quello sul Jobs Act e quello sull’Italicum.
Questa campagna referendaria potrebbe rafforzare e unificare la mobilitazione sociale ed estendere il coinvolgimento diretto delle persone, al fine di disegnare un modello di partecipazione e di autodeterminazione sempre più ampio.
I temi sono di rilevante importanza per gli interessi delle classi popolari. La privatizzazione della scuola pubblica e dell’ambiente, la totale precarizzazione del rapporto di lavoro, la svolta autoritaria del sistema elettorale sono tasselli di un medesimo processo di riduzione delle classi lavoratrici e popolari a meri subordinati senza diritti, a clienti del mercato della formazione, ad elettori senza scelta, a residenti di un territorio che gli è stato espropriato.
Nessun potere pare debba essere lasciato all’iniziativa di coalizione, di aggregazione, di lotta delle classi popolari. Nessuna loro rappresentanza deve poter avere speranza di opposizione sociale, di negoziazione, di alternativa all’interno di un modello e di uno schema che non prevede variabili fuori controllo, che non prevede soggetti popolari dotati di una loro autonomia progettuale di classe e di liberazione.
Opposizione referendaria o docilità istituzionale?
Questa campagna referendaria nasce da movimenti, organizzazioni sindacali, associazioni di base, realtà popolari che hanno tentato in tutti i modi caratteristici della partecipazione popolare contemporanea di ostacolare la recente stagione di serrata istituzional/legislativa messa in atto dal governo Renzi.
Dal 2014 ad oggi abbiamo assistito ad una capacità di riorganizzazione su territorio di realtà di base che nel mondo del lavoro come nella scuola, nei territori per la difesa dei beni comuni come nella progettualità di alternative di convivenza e di produzione, hanno tentato di de-istituzionalizzarsi contestando proprio quelle istituzioni -dallo Stato alle amministrazioni locali, dalle centrali sindacali in cattività a partiti-movimento falsamente innovatori- che hanno agito inevitabilmente come agenzie di cattura del consenso ad un modello neoliberista non contestabile.
Le conseguenze di una crisi economico-finanziaria endemica sono state devastanti sul piano dei redditi e dell’occupazione, sulla ridefinizione del modello produttivo e sul controllo e sul depotenziamento della forza-lavoro organizzata. Era facilmente prevedibile che ci sarebbero state conseguenze anche sulla capacità di ricostruire forme di opposizione sociale e politica dal basso.
Fare uso di uno strumento previsto dallo Stato per abrogare sue proprie leggi (almeno finchè il governo Renzi -o altri- non renderà operative le modifiche anche su questo istituto) forse non è oggi una dimostrazione di docilità istituzionale, come potrebbe apparire ai “benaltristi”.
Bensì della presa di coscienza che, sulla lunga distanza che attende il faticoso percorso di ricostruzione di una soggettività di classe forte di autonomia e di contro-potere, questo protagonismo dal basso, queste alleanze pragmatiche di oggi possano essere segnali di una tendenza utile e necessaria.
In questa contigenza storica, ALternativa Libertaria impegna le sue sezioni, le/i suoi/e militanti a stare nella dimensione sociale e di classe, popolare e di movimento in cui ci siamo sempre collocati ed a agire quale narratori e propulsori di lotte per la libertà, per l’uguaglianza e per la democrazia dal basso, contro gli unici e soli nemici di sempre: il capitalismo e lo Stato.
Alternativa Libertaria/fdca
aprile 2016