Nel 1944 l’esercito sovietico avanzava in Europa Orientale. Le speranze che tale avanzata avrebbe portato alla liberazione si rivelarono ben presto infondate. Non solo il capitalismo non venne abolito, ma vennero mantenute le precedenti strutture politiche di quegli stessi regimi fascisti, come in Ungheria, Romania e Bulgaria, che erano stati alleati dei nazisti. L’apparato burocratico di questi regimi venne in gran parte lasciato al suo posto. Il dirigente sovietico Molotov ebbe a sottolineare come sopra ogni cosa “bisognava mantenere la legge e l’ordine per prevenire ogni insorgenza anarchica”!
Il nuovo governo ungherese era guidato da Bela Danolki-Miklos, un generale decorato da Hitler, già intermediario tra il regime nazista ed il governo fascista di Admiral Horthy, il quale nel 1919 aveva scatenato un orrendo Terrore Bianco contro la prima Rivoluzione Ungherese.
Tuttavia, Horthy, a causa del suo nazionalismo magiaro, si era rivelato un alleato inaffidabile per Hitler, che aveva inviato in Ungheria un esercito di occupazione.
Molti Ungheresi erano sbalorditi dal fatto che un alleato dei nazisti, il quale continuava a riconoscere Horthy quale legittima guida del paese, fosse stato messo a capo di un governo con una sparuta rappresentanza di socialisti e comunisti.
Il regime sovietico aveva l’obiettivo di assumere il controllo del paese tramite la costituzione di un Partito Comunista Ungherese (PCU) depurato da qualsiasi elemento che ancora si sognasse qualche forma di vero comunismo. Il PCU ebbe il controllo del Ministero degli Interni e della polizia segreta, l’AVO. Nel 1948 prese il controllo del Ministero della Difesa. Stroncò ogni opposizione interna mettendo le varie correnti l’una contro l’altra. Ricorse alla tortura, all’omicidio ed alla repressione, con forze che erano una singolare mescolanza della vecchia feccia del regime di Horthy e dei nuovi scagnozzi del PCU.
L’UNGHERIA DIVENTA UNA COLONIA RUSSA
La Russia impose all’Ungheria dure riparazioni di guerra che ebbero severe ripercussioni sui livelli di vita portando ad un periodo di indigenza diffusa. Mosca chiese 300 milioni di dollari in tecnologia e prodotti per l’agricoltura, che furono in gran parte inviati in Russia, mentre il resto finì in Cecoslovacchia e Yugoslavia.
Nonostante l’azione repressiva dell’AVO e la presenza dell’Armata Rossa, la situazione in Ungheria stava diventando esplosiva. Mosca dovette ridurre le sue richieste per le riparazioni di guerra dal 25% al 10% di incidenza sul bilancio nazionale ungherese.
Le massicce nazionalizzazioni portarono ad un’economia co-gestita tra governo ungherese ed Unione Sovietica. Gli operai delle industrie nazionalizzate lavoravano a cottimo in condizioni spaventose, con riconoscimenti per chi aveva un’alta produttività (stakhanovismo) e salari bassissimi per la maggioranza!
Fu in questo periodo che ebbe inizio una lunga lotta tra la classe operaia ed il nuovo regime. Le armi più ricorrenti per la classe operaia furono l’assenteismo e la riduzione dei ritmi di lavoro. Il regime denunciò “gli operai pigri”, il crollo della produttività e la bassa qualità dei beni prodotti. Nel 1948 il Ministro dell’Industria dichiarò: “Gli operai hanno fatto una scelta terroristica contro i drigenti delle industrie nazionalizzate.”
Venne approvata una legge che proibiva agli operai di assentarsi dal posto di lavoro senza permesso.
Contemporaneamente, dal 1948 to 1950, i partiti comunisti dell’Europa Orientale procedettero ad un’epurazione interna espellendo un gran numero di membri accusati di essere sostenitori del “Titoismo” (in Ungheria gli espulsi furono quasi 500.000!)
Nel marzo del 1953 morì Stalin. Ci furono rivolte operaie a Pilsen, in Cecoslovacchia, dove una manifestazione di operai della Skoda e di operai delle fabbriche di armi venne selvaggiamente repressa. Due settimane dopo, fu la volta degli operai di Berlino Est e di rivolte che si diffusero in tutta la Germania Orientale, tutte atrocemente represse dai carri armati russi.
I dirigenti sovietici decisero di cambiare strategia. In Ungheria il “duro” Rakosi venne rimosso dalla carica di Primo Ministro e sostituito con Imre Nagy, considerato un riformista. Vennero fatte diverse riforme: l’industria leggera riprese a produrre, dopo il periodo in cui era stata penalizzata dall’industria pesante necessaria all’URSS, per cui aumentò la produzione di beni di consumo, vennero dati aiuti ai piccoli contadini, la repressione venne attenuata. Il Cremlino sperava così di tenere buona la classe operaia ungherese.
Dopo l’avvento al potere di Krushev in URSS, Nagy venne rimosso e Rakosi tornò al suo posto. La maggior parte delle concessioni fatte negli ultimi 20 mesi vennero ritirate una dopo l’altra. Ricominciarono le pressioni sovietiche perchè l’Ungheria pagasse le riparazioni di guerra.
LA RIVOLTA OPERIA IN POLONIA
Il 28 giugno 1956 gli operai di Poznan manifestarono per chiedere il ritiro dei Russi, la fine del lavoro a cottimo e “pane e libertà”. Ancora una volta la rivolta venne brutalmente repressa.
In Ungheria, gli operai continuarono le loro lotte con una serie di scioperi. Il che incoraggiò intellettuali, artisti e studenti a sostenere le rivendicazioni operaie. Gli studenti della Gioventù Comunista fondarono il Circolo Petofi, che divenne un importante centro di dibattito e di confronto. Contemporaneamente iniziarono a girare opuscoli clandestini, uscivano riviste letterarie e si tenevano meeting semi-pubblici. Rakosi tentò di vietare questi meetings ma fallì. Voleva un’azione repressiva di massa, ma i Sovietici temevano che le cose potessero andare fuori controllo ed intervennero per far dimettere Rakosi ancora una volta. Al suo posto venne messo il suo braccio destro, Gero.
Ciò permise al Sindacato degli Scrittori di far fuori tutti gli uomini di Rakosi dai posti dirigenziali, sostituendoli con dissidenti e persino con non-comunisti.
Il regime cercò di recuperare un po’ di consenso riabilitando Rajk, un comunista dissidente che era stato condannato a morte per titoismo. Duecentomila persone parteciparono alla cerimonia di riesumazione del corpo di Rajk ed alla sua nuova sepoltura con funerali di stato. Prima di cadere in disgrazia, Rajk era stato un agente della AVO. La maggior parte delle persone che erano alla cerimonia quel giorno, non erano lì per onorare Rajk ma per mostrare la loro opposizione al regime.
OTTOBRE 1956 – INIZIA LA LOTTA OPERAIA
Tramite le locali sezioni sindacali, gli operai lanciarono la parola d’ordine della gestione operaia delle fabbriche. Il Comitato Nazionale dei Sindacati trasformò queste richieste in “democrazia sindacale” e “controllo operaio”.
Queste nuove rivendicazioni furono l’apporto rivoluzionario alle mobilitazioni ed alle proteste. Il Circolo Petofi fece proprie le richeste degli operai e le reindirizzò al governo. Sapendo che la vecchia dirigenza polacca aveva dovuto dimettersi, nonostante il sostegno di Mosca, gli intellettuali ungheresi pensarono che era giunto il loro momento. Il Circolo Petofi indisse una manifestazione di solidarietà con i loro “fratelli polacchi” per il 23 ottobre. Il governo inizialmente proibì la manifestazione ma poi fece marcia indietro quando si accorse che tutta Budapest brulicava di manifestanti. CInquantamila persone si radunarono per ascoltare la risoluzione del Sindacato degli Scrittori, che chiedeva l’indipendenza nazionale sulla base di principi socialisti, equità nei rapporti con l’URSS ed una revisione degli accordi economici con la Russia, direzione delle fabbriche affidata agli operai ed ai tecnici, l’estromissione di Rakosi ed un nuovo governo eletto liberamente dal popolo.
Era previsto che la manifestazione si concludesse lì, ma in molti decisero di spostarsi verso il Parlamento. Erano in centomila. Venne deciso di andare alla sede principale della radio per poter mandare in onda le loro richieste. Lungo il percorso, una gigantesca statua di Stalin venne tolta dal suo piedistallo e fatta a pezzi.
Altre migliaia di persone si unirono al corteo, compresi molti operai. Giunti alla stazione radiofonica, agenti della AVO nascosti nell’edificio, spararono sulla folla, uccidendo molti manifestanti. La folla continuò ad avanzare, sopraffasse la polizia schierata fuori dell’edificio, si impossessò delle armi per rispondere ai colpi provenienti dall’edificio.
Gli operai fecero ritorno alle fabbriche di armi dove lavoravano e caricarono le armi su camion che si diressero alla stazione radio.
I dirigenti del PCU, in pieno panico, rimisero il “moderato” Nagy a capo del governo. Ma fu sotto la sua leadership che il governo chiese all’Armata Rossa di intervenire per aiutare a “restaurare l’ordine”.
Scrive Andy Anderson, autore di Ungheria 1956:”Furono gli operai che…salvarono la lotta dal collasso totale. Capirono che la questione Nagy era del tutto irrilevante. Nella società che essi intravedevano attraverso la polvere ed il fumo della battaglia nelle strade, non ci sarebbe stato più nessun Primo Ministro, nessun militare e nessun padrone a dargli degli ordini”.
“I giovani operai presero la testa della rivolta e tutti li seguirono”, come dice la testimonianza di un operaio di 21 anni di una fabbrica di materiali elettrici alla periferia di Budapest.
Operai e studenti costituirono un consiglio rivoluzionario. La battaglia proseguì intorno alla stazione radio. Nagy lanciò un appello per la deposizione delle armi e promise un’ampia democratizzazione. Non funzionò. Il Consiglio Rivoluzionario degli Operai e degli studenti indisse uno sciopero generale.
L’ARRIVO DEI CARRI ARMATI RUSSI
I carri armati russi giunsero in città e molte barricate furono costruite per fermarli. I combattimenti proseguirono per 3 giorni a Budapest: operai e studenti usavano le molotov, le armi di cui si erano impossessati e persino un piccolo cannone da campo che usarono contro i carri armati.
Nel frattempo, la rivoluzione si stava diffondendo.
Nella città di Magyarovar la AVO aprì il fuoco sulla folla uccidendo oltre 100 persone. Gunsero operai e studenti in armi dalla vicina Gyor. Il quartier generale della AVO venne espugnato e gli agenti della AVO che erano sopravvissuti vennero picchiati a morte o linciati.
Lo sciopero generale si diffuse in tutta Budapest e nelle più importanti città industriali. In tutta l’Ungheria vennero costituiti comitati e consigli rivoluzionari. Nacquero consigli operai nelle miniere, nelle acciaierie, nelle centrali elettriche. Molti di loro stilarono delle piattaforme. Le loro rivendicazioni essenziali erano del tutto rivoluzionarie, dato che minavano le basi della burocrazia e quasi certamente avrebbero portato alla creazione di un vero comunismo.
Contadini ed operai agricoli organizzarono distribuzioni di cibo per gli operai delle città e collettivizzarono le fattorie di stato. In alcune aree la terra venne ridistribuita, in altre le collettività agricole continuarono sotto il loro controllo.
Ben presto le carceri di Budapest vennero conquistate e tutti i prigionieri politici vennero liberati. Quando emersero le rivelazioni sulle terribili condizioni di detenzione, sulle torture e sui pestaggi, quasi ogni agente della AVO che veniva catturato finiva ucciso dalla folla.
A questo punto Nagy promise lo scioglimento della AVO ed il ritiro della Armata Rossa da Budapest. Cercava di prendere tempo. A Nagy i consigli risposero che se l’Armata Rossa non si fosse ritirata del tutto, sarebbe stata buttata fuori.
IL governo Nagy diede assicurazioni che i Russi non avrebbero più attaccato. Ma appena Pal Maleter e Kovacs, che erano stati esponenti di primo piano nella battaglia di Budapest, vennero arrestati durante i negoziati con i militari russi, l’Armata Rossa aprì il fuoco su tutte le maggiori città ungheresi il 4 novembre. Aerei MIG mitragliarono la popolazione. Fu la classe operaia a sostenere il carico dei combattimenti che seguirono. Molti carri armati russi vennero distrutti.
Gli agenti della AVO uscirono dai buchi in cui si erano nascosti ed iniziarono ad impiccare gli insorti a gruppi sui ponti del Danubio a Budapest. Molti degli impiccati erano operai.
FINE DELLA RESISTENZA ARMATA
Il 14 novembre, la resistenza armata era in gran parte terminata. Sebbene molti tornassero al lavoro, lo sciopero continuò nella maggior parte delle industrie.
IL nuovo governo di Janos Kadar iniziò ad arrestare i membri dei consigli. Ma questi continuarono a consolidare il loro potere e Kadar venne costretto ad aprire un negoziato.
Iniziò ad usare altri mezzi per distruggere i consigli. Cominciò con l’emettere tessere per il razionamento, ma solo per coloro che fossero ritornati a lavorare, ed usò l’Armata Rossa per fermare le distribuzioni di cibo nelle città da parte dei contadini. Nagy, considerato troppo liberale, venne arrestato. In seguito venne condannato a morte a Mosca insieme a Maleter ed altri.
Kadar iniziò a far arrestare sempre più delegati operai, come pure studenti delegati degli organismi studenteschi. Molti si fecero avanti per prendere il loro posto. Quando lo Stato se ne accorse, passò agli arresti di massa. Le manifestazioni di massa proseguirono, gli operai combatterono contro gli agenti della AVO e contro l’esercito quando questi si presentavano per procedere agli arresti dei delegati. Molti furono uccisi dalla AVO. Arresti e condanne a morte proseguirono per tutto il 1957. Venne annunciato che i consigli operai sarebbero stati sostituiti con consigli del lavoro, controllati dalle burocrazie sindacali, a loro volta completamente controllate dallo Stato. E infine venne annunciato che qualunque consiglio rimasto doveva essere abolito.
L’OCCIDENTE
Non deve soprendere come la classe operaia ungherese non ricevette alcun sostegno, nè armi, nè medicine dalle potenze occidentali. Quello per cui lottavano era contro sia la democrazia capitalista che il capitalismo di stato del’Unione Sovietica.
Ed anche i sindacati occidentali non fecero nulla. La Confederazione Internazionale dei Sindacati Liberi respinse un appello dei consigli operai ungheresi per un boicottaggio internazionale. In contrasto con questa scelta spiccavano le azioni dei portuali di Liverpool e Hull che si rifiutarono di toccare le merci sulle navi sovietiche.
La Rivoluzione Ungherese ha aiutato a diradare le nubi della mistificazione sull’URSS e sui suoi paesi satelliti. Essa ha riaffermato la nozione di lotta inarrestabile della classe lavoratrice contro tutti i padroni e tutti i potenti, non importa quanto questi cerchino di mascherarsi da rappresentanti dei lavoratori.
Ancora oggi ilumina la strada per una nuova società per la quale tanti lavoratori hanno dato la propria vita.
Il modo migliore per onorare la Rivoluzione Ungherese è continuare a lottare per l’emancipazione umana e per l’avvento di una nuova socoetà fondata sull’uguaglianza e sulla giustizia sociale.
(traduzione ed adattamento di un articolo da Organize! n°67 della Anarchist Federation, a cura di AL/fdca -Ufficio Relazioni Internazionali)