Costruire solidarietà…, riconquistare spazi franchi di agibilità…, riguadagnare l’utopia….
Tre azioni che sembrano, in questo periodo storico, difficili, ardue e persino scoraggianti.
Siamo infatti in una realtà plasmata dalle paure e dal terrore, dalle guerre e dalla povertà, in cui lo scontro tra le minoritarie classi dominanti e le centinaia di milioni di proletari si inabissa duro ed implacabile nelle sofferenze dello sfruttamento inflitto a uomini e donne di ogni latitudine mentre si assiste all’opera di devastazione portata avanti dal capitalismo.
Le devastazioni portate dal capitalismo e dagli Stati
Una devastazione economica e finanziaria resettata come austerità e schiavitù dal debito, una devastazione ambientale riqualificata come valorizzazione dello scempio del territorio, una devastazione del mondo del lavoro ridefinita come subordinazione dei lavori e dei saperi, una devastazione dei diritti e delle libertà sindacali ridenominata come regolamentazione/repressione del conflitto all’interno di relazioni industriali dettate dall’impresa, una devastazione delle condizioni di vita sociale riciclata come aggiustamento strutturale sulla spesa pubblica, una devastazione delle relazioni sociali e personali, degli affetti, della cultura, dell’arte, della ricerca, sottoposte -come fossero merce- alle leggi del mercato.
Un’opera di violenta distruzione e ricostruzione violenta, che dura, nella sua virulenza massima, da dieci anni e che punta a rendere volatile qualsiasi opzione di cambiamento.
Votare per cambiare, cambiare per votare
Le classi dirigenti non hanno mai amato tanto il voto come in questi anni.
Le elezioni non sono più lo strumento per sancire la rappresentanza, truccata o meno, dei partiti in competizione, bensì il mezzo per adeguare continuamente le strutture e le leggi dello Stato e gli assetti del potere statuale alle necessità delle classi dirigenti nazionali ed europee.
Lo spostamento di sovranità su diversi aspetti politico-economici dagli stati-nazione all’Unione Europea offre la possibilità di usare le elezioni e la conquista dell’esecutivo per cambiare ruolo e compiti dello Stato, cambiando o usando le leggi elettorali vigenti per disfarsi degli avversari, per affermare un nuovo movimento che deve apparire….nuovo.
Questa mutazione in atto dello Stato finge di lagnarsi, ma in realtà non si cura degli alti tassi di astensionismo (nonostante la continua attesa che possa materializzarsi almeno in parte come opposizione sociale organizzata), nemmeno del successo parziale di formazioni politiche della sinistra europea.
La lotta tra le fazioni delle classi dominanti è per il potere, e la democrazia rappresentativa torna utile come legittimazione.
Ci attendono lunghi mesi in cui molte forze della sinistra italiana verranno risucchiate nel tentativo di costruire un soggetto politico alternativo al PD ed al M5S.
Molte energie verranno impiegate. C’è da augurarsi che tutto il loro affaccendarsi non si esaurisca lì. In Italia c’è bisogno di tanta sinistra, soprattutto nella società e nelle lotte sociali.
Si dirà che le ultime tornate elettorali in Europa hanno spazzato via gran parte delle forze di destra e di estrema destra.
Ma è ben magra consolazione.
Sconfitte le destre?
Ogni volta che la destra subisce una sconfitta, fosse anche elettorale, non c’è che esserne soddisfatti.
Tuttavia, la destra razzista e xenofoba, sovranista e nazionalista di questi anni si è diffusa in profondità nelle società europee ed in particolare in quella italiana, dove riesce ad inserirsi nella coalizione elettorale di centro-destra, a costringere il M5S a svelare il suo posizionamento a destra, a portare liste alle elezioni amministrative con qualche successo.
Questa destra non sarà mai messa fuori gioco solo a colpi di elezioni.
Occorre un lavoro capillare nei territori, di vigilanza e di recupero di valori di cultura della solidarietà che contrastino il razzismo in società sempre più ed inevitabilmente multietniche.
Occorre costruire reti antifasciste per porre ampi argini sociali nei quartieri e nelle città, in cui la destra deve sentirsi estranea, priva di sacche di reclutamento.
Il coraggio delle lavoratrici e dei lavoratori
In questa situazione di restaurazione del potere d’impresa ai danni dei lavoratori e delle loro organizzazioni di massa, emergono ancora una volta dal cuore dell’appartenza di classe il coraggio, la voglia di riscatto e di conflitto.
La manifestazione della CGIL a Roma del 17 giugno contro la truffa e la scellerataggine della legge sui vouchers, unitamente allo sciopero nei trasporti e nella logistica indetto da diverse organizzazioni sindacali di base il 16 giugno, dimostrano che ci sono le possibilità per riconquistare spazi di conflitto e di riscatto.
Le lotte sindacali, il cui strumento è il diritto di sciopero e la cui anima è la capacità di coalizione dei lavoratori nei luoghi di lavoro e nel territorio, sono da salutare sempre come una speranza ed una realtà insopprimibili.
La rivoluzione industriale 4.0 non ha archiviato lo sfruttamento e l’estrazione di plusvalore, nè la decurtazione dei salari e gli aumenti di orario ed i demansionamenti, nemmeno i licenziamenti ed i ricatti, la flessibilità ed il precariato: la lotta di classe 4.0 è dunque appena iniziata.
Se la CGIL, dopo la beffa subita dal governo Gentiloni, è sempre più costretta a rivedere il suo posizionamento per sedersi ad eventuali tavoli di contrattazione con rapporti di forza meno sfavorevoli, i sindacati di base sanno che stringe sempre di più il tempo per confederare le forze e non disperdere i risultati di un lavoro difficile di decenni.
Riguadagnare l’orizzonte di una società più giusta
E’ un orizzonte verso il quale si va tutti insieme o si allontanerà sempre di più.
E’ un orizzonte ancora visibile in ogni quartiere, in ogni città, in ogni Paese.
Verso cui mettersi in cammino ogni volta che le forze sociali per una società più giusta e più ugualitaria riescono a fare coalizione, a federarsi, a costruire alternativa reale nei luoghi di vita, nel territorio, nei posti di lavoro; a rivendicare bisogni sociali fondamentali come il diritto alla mobilità, allo studio, al verde, agli spazi gratuiti in cui poter fare cultura, arte, meeting; a costruire esperienze di autogestione del lavoro e della produzione federate in ecoreti; ad aggregare situazioni di cooperazione con i migranti; a contrastare razzismo ed esclusione, emarginazione e precarietà.
Alle organizzazioni politiche anticapitaliste che hanno come orizzonte una società egualitaria fondata sulla libertà non sfuggirà la necessità sempre più pressante di costruire situazioni di cooperazione e di coordinamento per sostenere quelle forze sociali che sono il tessuto reale dell’alternativa di oggi e di domani.
Il comunismo, quello libertario, è sempre all’ordine del giorno.
98° Consiglio dei Delegati di Alternativa Libertaria
Fano, 24 giugno 2017