Il nostro maggio
“Questo mondo dove i potenti schiacciano i lavoratori e ci dicono che questo è l’ordine giusto delle cose crollerà, e nascerà una società di libertà in cui ognuno coopererà volontariamente per una vita migliore” disse August Spies al tribunale che lo condannò a morte con l’accusa di essere uno dei leader del 1° Maggio del 1886.
Sono passati 132 anni dal massacro di Haymarket, 132 anni in cui le lotte degli sfruttati e delle sfruttate è cresciuta, si è sviluppata ed ha accumulato vittorie e sconfitte. Altrettanto è successo con l’anarchismo e anche con i nostri nemici di sempre, il capitalismo, lo Stato, il patriarcato.
Oggi il capitale, alla ricerca di sempre nuovi modelli di regolazione, cioè alla ricerca di innovativi metodi per triturare la carne delle classi oppresse, si cimenta nell’indicare un futuro di tecnologia sempre più vicino alla fantascienza. Si esaspera l’automazione che invece di favorire una riduzione delle ore di lavoro, porta alla esclusione sociale e alla riduzione clamorosa di diritti.
Il precariato e l’insicurezza per la salute, diventano la condizione norma del mondo del lavoro e della vita, dove i padroni sguazzano: aumentare i profitti diminuendo i costi a quasi zero, abituare i settori più giovani della società a passare di contratto a contratto, ad aspettare e a assumersi i rischi del lavoro svolto interamente su di sé. D’altronde come resistere a quella che è addirittura diventata una nuova disciplina introdotta nelle scuole?
I facchini di Amazon, i riders di Foodora e Deliveroo, gli autisti di Uber, le camgirls di centinaia di siti internet, ecco i soggetti pionieri nel campo dello sfruttamento del Capitale 4.0, dipinti come imprenditori di sé stessi, ma non diversi da quel vecchio discorso del proletario che vende la sua unica merce: la sua forza lavoro, il suo tempo di vita per il lavoro.
I vecchi rapporti tra lavoratore e padrone cambiano grazie a un’esternalizzazione altissima che ci ha portato verso nuovi sistemi regolati da app di proprietà di qualcuno che ci guadagna senza avere nessun tipo di rischio e responsabilità. E dove il sistema rimane tradizionale, continuano a diminuire le tutele e si cerca di travestire i diritti da privilegi.
Superato il vecchio paradigma social-liberista di inclusione dentro i flussi del capitalismo, oggi le borghesie alimentano l’emarginazione delle centinaia di migliaia di esclusi/e, ne aumentano l’estromissione con l’attacco a quei diritti, faticosamente conquistati con 132 anni di lotta e costati migliaia di martiri.
Se all’aumento della miseria e della sofferenza sociale crescono i sentimenti di rivolta e lo stimolo ad affrontare le classi dominanti, la soluzione da queste trovata è investire nelle tecnologie di repressione, controllo e monitoraggio sempre più sofisticate, piuttosto che diminuire i fattori di disagio.
Il riassestamento del Capitale però non produce soltanto l’attacco ai diritti sociali, ma si accompagna come di consueto a riassestamenti politici e di blocchi in uno scenario multi-polare. Il risultato tragico sono le infinite guerre che oggi percorrono il pianeta, in cui le vittime designate sono sempre le stesse.
Alle centinaia di migliaia di persone che si mettono in viaggio ogni anno per scappare dalla fame e dalla guerra, dalla miseria e dalla violenza, non viene neanche più concesso il ruolo di mano d’opera a basso costo, di ‘esercito industriale di riserva’; sono destinate all’abbandono e alla schiavitù. Vite disperate, sfruttate anche per creare alibi razzisti e sovranisti, attribuendo loro la responsabilità dell’insicurezza economica creata dal capitale. Tutto è utile per impedire una ricomposizione di classe solidale.
Scenario devastante quindi quello che ci tocca verificare il 1° maggio, giorno di lotta internazionale delle classi lavoratrici, dove dobbiamo unire il disperso e organizzare il disorganizzato, nei territori e nei posti di lavoro, ovunque possibile.
Rispondere ai padroni e ai discorsi fascisti sempre alla ricerca di facili consensi, producendo lotte e strappando vittorie, rilanciando l’auto-organizzazione sociale per la costruzione di strutture di contropotere, dove sperimentare l’alternativa di un mondo nuovo: l’alternativa libertaria.