Il vero costo del lavoro
Negli ultimi 10 anni sono morti sul lavoro 13.100 lavoratori, nel 2017 1.115, nei primi 3 mesi del 2018 154. Sempre nel 2017 oltre il 30% dei 635.000 infortuni sul lavoro ha determinati lesioni permanenti.
E’ questo il vero costo del lavoro.
La ripresa dell’attività economica viene indicata come la componente fondamentale a giustificazione dell’alto numero di vittime, ma in verità queste morti sono il tributo pagato ai profitti immediati e consistenti. Aumento dei profitti risultante dalla non applicazione delle norme di sicurezza minime, e dai profitti gonfiati dalla mancanza di costi dovuti al rispetto delle norme di sicurezza.
La precarietà del lavoro, la frammentazione dovuta alla giungla degli appalti e dei subappalti compone una realtà che genera la dura e drammatica condizione, molti lavoratori che hanno perso la vita erano impiegati in ditte di appalto e in subappalti, fra questi si registra un aumento dei decessi fra i lavoratori migranti.
Il testo unico della sicurezza sul lavoro viene ripetutamente modificato dai vari governi sotto dettatura delle organizzazioni dei padroni; a 10 anni dalla sua entrata in vigore mancano ancora 20 decreti attuativi, il leit-motiv è sempre togliere i lacci e i lacciuoli alla attività imprenditoriale (leggi maggiori profitti), fra questi la depenalizzazione dei reati per gravi inadempienze in materia di sicurezza degli ambienti e dell’attività lavorativa, licenza di uccidere in cambio di multe .La centralizzazione degli organi ispettivi affidati a più enti la loro inefficienza ed inefficacia, non esiste una procura nazionale specializzata in infortuni sul lavoro che possa accelerare le indagini: un quadro tutto a favore dei padroni. A queso vanno aggiunte le malattie croniche che portano alla morte, dovute alla esposizione in ambienti di lavoro con presenza sostanze tossiche nei cicli produttivi ambienti contaminati privi di sistemi di monitoraggio: non abbiamo dati certi su questa triste contabilità. L’esempio classico è quello dell’amianto, si perdono le cause ma si allunga il numero impressionante dei decessi che interessa sia chi questa fibra killer lavorata sia chi ambienti dove risulta ancora presente. E alla lista occorre aggiungere le decine e decine di siti contaminati, in cui le bonifiche ambientali vengono subordinate alle necessità produttive o a aspetti finanziari e clientelari.
Occorre costruire un movimento reale che coinvolga nei territori tutti i cittadini.
Un movimento in cui il sindacato assuma la rivendicazione di interventi concreti a tutela della vita e dell’integrità fisica delle lavoratrici e dei lavoratori e dei cittadini esposti.
Solo l’unita costruita a livello sociale più ampio può oggi rispondere a questa drammatica situazione fuori e dentro i luoghi di lavoro: la cultura della partecipazione contro i delitti compiuti nel nome del profitto.
Per rimettere al primo posto la dignità del lavoro, la tutela e il diritto alla salute di tutti.
Per un maggio di lotta contro le morti di lavoro.