Può essere che il fascismo, pur moderando certi suoi aspetti troppo irritanti e che feriscono il sentimento umano, resti e si consolidi come strumento di coercizione violenta, come una spada di Damocle continuamente sospesa sulla classe lavoratrice, in modo che questa non possa mai essere tranquilla completamente in alcun rifugio, anche più legale, e sempre possa temere che il suo diritto venga violato da una improvvisa ed arbitraria violenza.
– Luigi Fabbri in “La Controrivoluzione Preventiva”
Questa spada di Damocle che Fabbri aveva giustamente individuato come la controrivoluzione preventiva, è uno strumento utilizzato dalla classe dominante per impedire lo sviluppo del movimento di lotta della classe lavoratrice, e che si è rivelato talvolta molto più utile della repressione poliziesca ed anche rispetto all’adescamento social-democratico, assai costoso per i padroni.
Tanto che malgrado la sconfitta completa, militare e politica, la borghesia italiana (e quella del neonato impero americano) già dal 1945 sceglieva di non disfarsene completamente, ma anzi di tenere questi mastini ammaestrati sotto braccio, puntando a un riutilizzo immediato di questa carta nei tempi che si delineavano. E infatti ben sappiamo come il fascismo e i fascisti si siano abbondantemente riciclati in Italia e di come lo Stato italiano abbia continuato a servirsene in chiave paramilitare. A questo proposito è utile ricordare l’amnistia voluta da Togliatti nel 1947 che consegnò molti apparati dello Stato ai vecchi gerarchi fascisti.
E oggi, nel 2019, nel venir meno di un forte movimento sociale ecco che sempre più si mostrano alla luce del sole fino ad essere arrivati a coprire cariche istituzionali. Cariche che con la loro propaganda di odio e con il loro scientifico e mirato disprezzo per la storia, hanno consentito alle idee fasciste di tornare in circolazione e di essere comunemente accettate come portatrici di barriere contro il degrado e la corruzione della società attuale. E ad ogni attacco fascista verso le fasce più deboli ed esposte, subito viene fatto del benaltrismo, vengono citati gli opposti estremismi del fascismo e dei ‘centri sociali’, vengono additate come ragazzate. La parola fascismo – ‘the F. word’ – è vietata nei resoconti dei fatti.
Certo, rispetto agli anni ’20 non esiste oggi un partito unico fascista, ma più organizzazioni che si distinguono anche nel loro grado di appartenenza alle istituzioni e a rivendicazioni più o meno dichiarate del fascismo in sé. Si parte da chi ostenta dichiaratamente orgoglio per le idee del ventennio, chi cerca di emulare il fascismo sociale, sansepolcrino prima e repubblichino poi; chi infine nasconde le insidie di cui è portatore dietro Onlus apparentemente benefiche che si occupano di solidarietà, difesa della natura ed altre tematiche ‘sociali’. Questo modo di porsi ha come obiettivo primario quello di sdoganarsi all’interno della società civile, portata a considerare ontologicamente buono chi fa del bene; in secondo luogo serve ai fascisti per occupare casematte all’interno di tematiche solitamente appannaggio dei movimenti di sinistra. In tal senso bisogna fare attenzione anche ai tentativi di infiltrazione, che da sempre vengono tentati da destra verso sinistra.
Il maggiore intervento che ha avuto il fascismo negli ultimi anni in Italia è servito a consolidare intorno al proletariato una ‘cappa’ che punta a impedire sempre di più il lavoro di massificazione delle idee e proposte della sinistra, sfruttando le frustrazioni sempre maggiori in un contesto di crisi economica e dispersione politica con una presunta sinistra istituzionale incapace di opporsi, che anzi cammina quasi sugli stessi binari, su temi quali migranti, lavoro, movimenti sociali… per semplificare, la retorica del nemico interno rivolta alle fasce più deboli e più esposte della società, un esperimento cui la miglior dimostrazione è sicuramente quella condotta dal partito nazista in Germania negli anni ’30 e di cui i replicatori di oggi paiono ben coscienti. Sopratutto nell’essere riusciti a creare un discorso che vede mettere queste fasce più vulnerabili della società assieme a quella che sarebbe la classe dominante, sfruttando l’innato odio di classe in tutti coloro che vengono sfruttati ed oppressi dal capitalismo, ma sviandolo e distorcendolo.
Ma ciò avviene oggi in un contesto che non si può discostare da quelle che sono le dinamiche geopolitiche ed economiche, dove il rinnovato imperialismo di Mosca e una Casa Bianca traballante puntano alla disgregazione dell’Unione Europea per poter cosi invadere il mercato con le proprie esportazioni.
Quanto suggerito da David Harvey (L’enigma del capitale, 2010), ossia che “Le crisi finanziarie servono a razionalizzare le irrazionalità del capitalismo; di solito conducono a riconfigurazioni, a nuove sfere di investimento e nuove forme di potere di classe” viene oggi ancora di più confermato, con il capitalismo alla ricerca di un nuovo modello di regolazione e la venuta alla ribalta di governi autoritari, in un contesto di maxi sfruttamento in cui l’abisso che separa le classi sociali non permette in nessun caso alcuna briciola di welfare e quindi l’unica risposta possibile per tenere in piedi la baracca è la repressione, che va legittimata appunto con la lotta al nemico interno. E abbiamo assistito in Italia a tentativi sempre più frequenti di inquadrare attivisti/e delle lotte sociali in leggi antiterroristiche. L’opposizione e la protesta sono, checché ne dica la democrazia o la costituzione, da considerare un crimine e un impedimento al progresso del paese.
E per rendere le cose ancora più piacevoli, non solo il fascismo è carico di infiltrazioni politiche nello Stato, nelle forze di repressione e nei veicoli mediatici, ma ha dimostrato in questi anni tutto il suo gemellaggio con un altro dei più importanti bracci del potere dello Stato e di maggior flusso di capitale: il traffico di stupefacenti gestito dalle corporazioni e clan mafiosi.
La diffusione e propagazione dei discorsi di odio verso il nemico interno, molte volte utilizzando notizia completamente false, oggi è profondamente preoccupante, da un lato pavimenta la strada per un completo ritiro dei diritti che la classe lavoratrice ha conquistato negli ultimi 100 anni; permette di proseguire con il genocidio nel Mediterraneo e il super sfruttamento della mano d’opera clandestina, cosi come procede anche alla distruzione del diritto all’esistenza duramente conquistato dalle persone LGBT, con ancora maggiore accanimento da parte del governo attuale verso i diritti conquistati attraverso la lotta e con molta fatica dalle donne per il proprio riconoscimento in quanto essere umani e non meri apparati riproduttori a servizio degli uomini costruttori della civiltà.
I successivi attacchi al diritto all’aborto, agli anticoncezionali, ai consultori, ai centri antiviolenza, cosi come alle femministe si inserisce in quanto sopra accennato a proposito della frustrazione degli uomini italiani, borghesi e proletari, che hanno visto i loro privilegi diminuiti ed esprimono oggi questa necessità impellente di affermare la propria mascolinità in una vera e propria controffensiva del patriarcato. Non è mai superfluo affermare che la battaglia contro il capitalismo deve essere per forza intersezionale alle singole lotte: non si può essere antifascisti e non antisessisti; antirazzisti e non anticapitalisti. Tutto deve essere interconnesso e legato per meglio affrontare un capitale che – lui si! – è tentacolare in ogni minimo aspetto della vita sociale di ogni individuo.
Appunti per un contrattacco
Tutto ciò viene a confermare il già detto, che il fascismo è un ramo del grande tronco statale-capitalistico, od una filiazione di esso. Combattere il fascismo lasciando indisturbato il suo perenne generatore, ed anzi illudersi di trovare in questo un difensore contro quello, significa continuare ad aver sempre sulle spalle, ogni giorno più pesanti ed oppressivi, e l’uno e l’altro. Uccidere il fascismo è possibile, sol che l’azione di difesa contro di lui, imposta dalle circostanze, non vada scompagnata dall’attacco alle sue sorgenti: il privilegio del potere ed il privilegio della ricchezza.
Quindi, per la classe lavoratrice che si batte per la propria liberazione verso una società più giusta, più libera e di benessere, non c’è altro modo che uccidere il fascismo. Ucciderlo deliberatamente senza adagiarsi su aspettative o aspettando per forza di cose una supposta evoluzione naturale, cambiamenti socio-economici o altre simili espressioni con cui si tende a mascherare la propria riluttanza allo sforzo di volontà. Tocca qui, per poter proseguire, capire meglio cosa intendiamo con ‘uccidere il fascismo’ e cediamo nuovamente la parola a Luigi Fabbri:
“Uccidere il fascismo non significa, naturalmente, ammazzare le persone del fascismo. Spesso la violenza contro di queste alimenta il primo, invece di ucciderlo. Che gli aggrediti dai fascisti, in determinate circostanze di tempo e di luogo, si difendano come sanno e come possono, è cosa naturale ed inevitabile. Non è un male, ma se anche fosse un male la cosa succederebbe lo stesso.
Però ingaggiare la lotta materiale contro il fascismo, come organismo a sé, non vedendo altro nemico che lui, sarebbe un pessimo affare; sarebbe come tagliare i rami d’una pianta venefica, lasciandone intatto il tronco, come sciogliersi da qualche tentacolo della piovra senza colpirne la testa. Si potrà infliggere così al fascismo qualche sconfitta parziale, si potran seminare tra i fascisti dei lutti; ma ciò non servirà che ad inasprire inutilmente la lotta, e può servire a rafforzare il fascismo, contribuire a farlo diventare un organismo sempre più robusto.
La lotta contro il fascismo non può essere fatta in modo efficace che colpendolo attraverso le istituzioni politiche ed economiche, da cui emana e da cui trae alimento. I rivoluzionari, del resto, che mirano all’abbattimento del Capitalismo e dello Stato, se si lasciassero tirare fuori strada dal fascismo, come un fulmine che si lascia attirare dal parafulmine, e dedicassero le loro forze e si esaurissero nel combattere il solo fascismo, renderebbero un servigio alle istituzioni che pur vorrebbero demolire”.
L’antifascismo che costruiamo quindi parte da due presupposti fondamentali:
a) l’inquadramento del fascismo all’interno del capitalismo e dello Stato, ovvero della lotta di classe, potendo quindi parlare, sopratutto oggi dove più che controrivoluzione si tratta di garante dei flussi di capitale, di fasciocapitalismo;
b) la dimensione della lotta che passa attraverso la strategia di massa, di intervento nei territori e in seno alla classe lavoratrice combattendo la riproduzione dei discorsi di odio, promuovendo una dimensione di società diversa, basata su altri valori quali la solidarietà, l’uguaglianza e la libertà. Affrontando la questione non tanto da un punto di vista militaresco di scontro fisico o elettorale, ma di contrasto culturale all’egemonia, non in forma astratta, ma costruendo spazi attivi all’interno dei quartieri, scuole e luoghi di lavoro.
Quindi costruire l’antifascismo per noi vuol dire anche intervenire all’interno di spazi già antifascisti con pratiche che possano portare a una miglior organizzazione e quindi di avere più possibilità di dare risposte concrete e conclusive all’avanzare del nemico.
I militanti e le militanti, le sezione e Alternativa Libertaria come un tutto, non devono esitare nella politica di alleanze quando si tratta appunto di antifascismo, anche se molte volte può darsi che ci siano diverse declinazioni, concettuali e pratiche. Per resistere e pavimentare la strada oggi non possiamo avere principati in cui rifugiarci, ma anzi bisognerà sforzarsi per allargare il più possibile le nostre braccia e influenzare con i nostri contenuti e pratiche quella che deve essere la lotta antifascista.
Per riprendere l’offensiva e cambiare in vittoria una situazione che sembra già persa in partenza l’agire antifascista diffuso che proponiamo deve caratterizzarsi da una tattica variata, mutevole e capace di adattarsi alle realtà dei diversi territori e situazioni, imprevedibile e che riesca ad evitare i punti fortificati del nemico ed insediarsi nei suoi ‘vuoti’. Una tattica che però presuppone una unità di intenti, un convogliare le forze di tutto ciò che sia possibile radunare senza sprecare energie e risorse in mosse inutili e fiaccanti.
Infatti, come evidenziato, il fasciocapitalismo non è fatto solo di organizzazioni dal braccio teso, ma di discorsi e azioni governative destinati a settori di lotta che possono sembrare distinti ma appunto distinti non lo sono per niente. Battersi per i diritti sul lavoro, per un sistema di accoglienza e integrazione solidale e dignitoso, rivelare i meccanismi infidi e perversi dei padroni, smascherare le notizie false, ed avere anche l’umiltà di porsi nei confronti della nostra classe senza atteggiarsi con superiorità come molte volte pretendono organizzazioni di sinistra portatrici di un preteso ruolo illuminante verso le masse ignoranti. Non siamo estranei al proletariato, ne facciamo parte con tutte le sue contraddizioni, e nostro compito è affrontarle per risolverle.
È imprescindibile difendere il diritto all’amore e alla sessualità libera di tutte le persone, senza discriminare o pretendere che esista un (falso) ordine naturale, cosi come è imprescindibile contribuire alla resistenza dei movimenti femministi e battersi per rovesciare il rapporto di forze conquistando più diritti. Ciò va fatto non solo attraverso scioperi e manifestazioni, ma anche tramite momenti formativi direzionati alle donne per l’acquisizione di strumenti di emancipazione e agli uomini per il riconoscimento dei propri comportamenti maschilisti. Un’attività da svolgere collettivamente, verso persone non militanti cosi come anche all’interno di spazi militanti dove assistiamo molte volte a comportamenti violenti e patriarcali che non possono appartenere al movimento rivoluzionario.
Se la controrivoluzione è l’organizzazione dell’odio, la rivoluzione sociale deve essere l’organizzazione dell’amore, della solidarietà, della creatività. Un’organizzazione imprescindibile sopratutto per le nuove generazioni. Un’organizzazione che punta alla propria difesa e che in nessun caso è passiva e pacifica.
Mozione approvata al X Congresso di Alternativa Libertaria/fdca,
Fano, 30 marzo 2019