Morire di lavoro
Uscire di casa per andare al lavoro e non tornare più. E’ successo ancora, questa volta a Cremona, dove un operaio di 28 anni, Marco Balzarini, ha perso la vita travolto da un “muletto” all’interno dell’acciaieria Arvedi.
Non è il primo incidente mortale che avviene all’interno di questa mega area industriale, già nel 2014 un altro operaio era rimasto ucciso durante il turno di lavoro.
A novembre dello scorso anno i rappresentanti dei lavoratori avevano richiesto esplicitamente maggiore sicurezza, evidentemente consapevoli dei rischi presenti nei processi di lavorazione all’interno dell’azienda.
Le morti sul lavoro non sono mai tragiche fatalità ma conseguenze di un sistema economico improntato sull’incremento di produttività e di utili, abbattendo i costi relativi alla sicurezza, ritenuti spesso superflui perchè incompatibili con l’efficienza e la produttività.
I recenti provvedimenti del governo, coerenti con questa linea, hanno tagliato i fondi riservati all’INAIL, abbassando del 32% i premi delle imprese per l’assicurazione obbligatori, e i fondi per la formazione sulla sicurezza.
Ogni giorno è necessario aggiornare la tragica conta dei caduti sul lavoro, ma ancora non riesce a passare il messaggio che queste morti sono legate a doppio filo al modo di produzione capitalista, che per propria natura è basato sullo sfruttamento dei lavoratori per permettere a pochi di fare guadagni sempre maggiori.
Gli imprenditori parlano di liberalizzazione del mondo del lavoro, di normative soffocanti, di rischi d’impresa sempre maggiori; ma i rischi veri li vivono sulla loro pelle i lavoratori, rischi concreti e spaventosi come gli incidenti sul lavoro che, come in questo ultimo caso, possono essere addirittura mortali.
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24 aprile 2019