Relazione introduttiva X Congresso
Sono passati cinque anni dall’ultimo Congresso della nostra Organizzazione Politica, cinque anni caratterizzati da un forte mutamento dell’organizzazione del lavoro, dalle contraddizioni generate dalle frizioni egemoniche del quadro internazionale, con guerre guerreggiate, forte spinta al riarmo, e tentativi di ridefinire le proprie aree di influenza, con particolare risalto all’antagonismo Cina/ USA.
Per noi il IX congresso a Cingia è stato un congresso di svolta, non solo perchè abbiamo cambiato il nome a questa organizzazione, ma perchè attraverso il nome abbiamo deciso di sperimentare una nuova forma di organizzazione, più aggregante sul piano politico, un’organizzazione che sta nelle situazioni di lotta, si impegna a farle crescere sia nel lavoro sindacale che nel territorio, con forme di partecipazione di massa orizzontali e federate attraverso la prassi libertaria. Senza perdere la propria caratteristica di organizzazione rivoluzionaria comunista anarchica non aggregare tanto, o solo sull’ideologia, ma sempre più attraverso un programma strategico che cerca di riportare l’anarchismo al centro della lotta di classe, contribuendo a costruire la coerenza delle lotte per l’uguaglianza e la libertà col progetto anarchico.
Abbiamo costruito questo Congresso, utile a ridefinire il nostro ruolo politico di organizzazione rivoluzionaria, a dotarci di nuovi strumenti di analisi, a sperimentare nuovi spazi di azione, in modo collettivo, anche partendo dai dati emersi dagli incontri di sezione degli ultimi mesi, in cui abbiamo fatto una verifica dell’intervento e delle realtà in cui operiamo tutti i giorni, come organizzazione e come singoli e singole militanti.
Perchè i compagni e le compagne dell’organizzazione si caratterizzano per il loro impegno politico, sindacale e sociale, questo dato emerge con chiarezza dall’inchiesta svolta recentemente. Una forte caratterizzazione sindacale, spesso ma non solo rivolta alla militanza in CGIL, mentre nuove pratiche di azione si stanno affermando , in quello che chiamiamo, a volte erroneamente, forme di mutualismo: attraverso la creazioni di reti sociali, su produzioni agricole e cooperative, nella distribuzione di merci e di alimenti, dove compagni e compagne ritrovano la possibilità di sopravvivere formando reddito e mantenendo una forma di autonomia economica indispensabile.
E’nella militanza sindacale che si misura l’impostazione storica che definisce il ruolo della organizzazione politica anarchica, è su questo terreno che non viene meno il dualismo organizzativo, così come si è strutturato in decenni di elaborazione. Mantiene la sua dinamica teorica e strategica, nell’attualità dello scontro di classe. Nessuna astrazione, nessuna estraneità al movimento di classe: anche oggi, nonostante la soverchiante forza messa in campo dal nemico non viene meno la nostra strategia rivoluzionaria: l’organizzazione specifica e la partecipazione ai movimenti di massa della classe sfruttata restano la premessa ad ogni azione politica e culturale che siamo in grado di mettere in campo.
Il ruolo della organizzazione resta imprescindibile, anche nei momenti, come quello attuale, dove lo sbaragliamento delle nostre fila, tra i lavoratori, è pesante. Riconosciamo la sconfitta e cerchiamo di organizzare la resistenza partendo dalla responsabilità che abbiamo nei confronti della nostra classe di appartenenza.
L’accumulazione del capitale non avviene più, ormai da decenni, solo sul lavoro vivo, si è estesa e ramificata,mediante l’uso di nuove tecnologie, il digitale, con le sue dissociazioni psicologiche spinte all’estremo, l’utilizzo dei social media: le emozioni ed i comportamenti umani vengono trascinati nel vortice di nuove forme di accumulazione.
Accumulazione sotto forma di espansione democratica e partecipativa, vorrebbe la narrazione di una nuova veste del “progresso” attraverso gli strumenti di controllo che il capitalismo ha forgiato: strumenti che creano miliardi di dipendenze psicologiche, che arricchiscono le grandi corporazioni internazionali a scapito delle esperienze sociali che ne escono fortemente contratte.
Quello che un tempo sembrava essere “tempo libero” oggi assume le sembianze di uno scambio di merci, dove il fattore umano, in quanto lavoro vivo, non sfugge alla ferrea legge dell’accumulazione. L’uso del territorio e le modifiche delle aree metropolitane, lo spazio di vita che si modella sulle esigenze del profitto e del capitale, il potere dello Stato a sostegno del capitale finanziario, la lotta per l’egemonia tecnologica ( a scopi industriali ma ancor più militari) mette in evidenza nuove fratture sul diverso livello, diseguale, di sviluppo del capitalismo, e gli scenari che si intravedono non fanno ben sperare.
Dobbiamo accettare come strumento di analisi la riflessione di Harvey dove emerge la «compressione spazio-temporale» che dagli anni settanta caratterizza la realtà occidentale, con il passaggio dal modello di produzione fordista all’«accumulazione flessibile» e all’internazionalizzazione della finanza tipiche del tardo capitalismo. Le trasformazioni dei processi economici si accompagnano a una diversa stratificazione sociale e a una diversa percezione del mondo e del divenire storico. Una nuova sensibilità culturale, nella progettazione urbana, nel consumo di massa, nell’utilizzo degli strumenti digitali. La logica di fondo del capitalismo, però, resta immutata: ecco perché non si può parlare di nuova epoca, né di cambio di paradigma.
La trasformazione dei diritti sociali in debiti e dei cittadini portatori di diritti in utenti debitori è la realizzazione dell’individualismo. L’utente divenuto debitore non deve rimborsare con denaro contante, ma con comportamenti e impegni soggettivamente assunti, dedicando il proprio tempo sia alla ricerca del lavoro sia alla formazione di sé secondo i canoni dettati dal mercato e dall’impresa. Il debito come tecnologia securitaria rende necessaria una disciplina di vita che implica una produzione di soggettività specifica: quella dell’uomo indebitato.
Se la fase è così complessa ed i rapporti di forza a noi così sfavorevoli, diviene importante coordinare il ruolo dei militanti sulle situazioni che si stanno modificando.
Il ruolo militante in situazioni anche minoritarie, in quanto espressione di critica sistemica, la capacità di definirsi strumenti validi alla lotta di classe ed alla riappropriazione di spazi di vita, attraverso forme solidali ed autogestionarie, che devono vedere la partecipazione dei nostri militanti come per l’intervento sindacale, e riscoprire il ruolo della organizzazione attraverso il dualismo organizzativo.
Tema importante e non secondario, la necessità che abbiamo di non essere isolati, mai, dal contesto sociale e politico, così come siamo in grado di esprimerlo e di viverne la militanza: il dualismo organizzativo continua ad essere lo strumento di una prassi che previene la repressione ed l’emarginazione dei militanti.
In questi cinque anni abbiamo intensificato la nostra presenza nei territori dove siamo, non è mancata la nostra capacità di analisi e partecipazione nelle situazioni conflittuali per quanto ci era possibile.
Non è venuto meno lo sforzo di stare nei vari ambiti dove si esplica il conflitto economico fra capitale e lavoro, politico e di genere, negli spazi di aggregazione sociale che abbiamo contribuito a realizzare, così come il conflitto tra lo sfruttamento capitalista delle risorse ambientali e il loro utilizzo sostenibile dal basso.
Il X° congresso è chiamato a fare una riflessione approfondita di quanto abbiamo fatto in questi anni dando continuità al progetto che ci siamo dati al congresso precedente, affinchè Alternativa Libertaria possa diventare l’organizzazione politica dove numerosi compagni anarchici e libertari si possano riconoscere.
La segreteria uscente nel salutare i convenuti al decimo congresso di AL /FdCA non manca di ricordare Donato Romito e Monia Andreani, recentemente scomparsi. Compagni che hanno dato tantissimo alla vita dell’organizzazione e che sono stati punti di riferimento indispensabili per tutti, dotati di non comuni basi intellettuali ed umane li ricordiamo con il nostro impegno di sempre, rivolto alla nostra organizzazione ed alla attività politica e culturale che con loro abbiamo sostenuto in tutti questi anni. L’impegno di proseguire questo cammino, ora sicuramente più difficile, rimane, pensiamo, il modo migliore per tributargli un duraturo e sincero ricordo.
La Segreteria uscente augura a tutti e a tutte buon Congresso.
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