VIVA UN’AMAZZONIA LIBERA DALLE GRINFIE DEL CAPITALISMO E DELLO STATO!
Durante il mese d’agosto la società brasiliana ed internazionale sono state sorprese dall’aumento del 50% del disboscamento e del 70% dei roghi (incendi pianificati, programmati e organizzati) nell’Amazzonia Legale. La Ministra dell’Agricoltura del Governo Bolsonaro, Tereza Cristina, conosciuta come la musa del veleno, si è affrettata a giustificare il fenomeno attribuendo d’immediato la responsabilità alle condizioni climatiche della regione. In fretta si è individuato il principale truffatore, la natura stessa: l’estate e l’avvio del periodo di siccità nell’hiléia* amazzonica.
Però, una cosa ha richiamato l’attenzione dei movimenti sociali e degli organismi per il controllo ambientale lo scorso 10 agosto. Una convocazione che è circolata nelle reti sociali ed è stata pubblicata sul giornale del comune Nuovo Progresso, nella zona occidentale del Pará, intitolata “Il Giorno del Fuoco”. Trattasi di una campagna architettata dal latifondo del Pará che rapidamente s’è diffusa per l’intero bioma amazzonico. In un’intervista al “Foglio del Progresso”, l’agricoltore che mostrava grande solerzia nell’azione di bruciare la foresta dichiarava l’obiettivo di “mostrare la voglia di lavorare al presidente Bolsonaro”. “Abbiamo bisogno di dimostrare al presidente che vogliamo lavorare e il modo migliore è abbattere. E per “modellare” e pulire i nostri pascoli, il sistema migliore è il fuoco”, dando inzio a quell’ agroaffare chiamato “queimadaço **”.
I dati dell’Istituto Nazionale di Ricerche (Inpe) hanno mostrato un aumento significativo dei roghi in quel 10 di agosto e nei giorni successivi, soprattutto nei comuni di Novo Progresso e Altamira, entrambi attraversati dalla BR-163 e primatisti nell’azione di disboscamento della regione amazzonica. Secondo l’ Inpe, Novo Progresso ha registrato 124 situazioni di roghi ed incendi nel cosiddetto “giorno del fuoco”, un aumento del 300% rispetto al giorno precedente. Il giorno successivo si sono verificati 203 roghi. Ad Altamira, i satelliti hanno individuato 194 fulcri di roghi il giorno 10 agosto e 237 il giorno successivo, un formidabile aumento del 743% nei punti in cui si registrano incendi. Diventa chiara, dunque, la partecipazione effettiva del cosiddetto “settore produttivo” al reato ambientale e la connivenza (“partecipazione attiva”; ndt) del governo il quale, in virtù delle sue politiche neoliberiste di precarizzazione del welfare, ha neutralizzato e soffocato l’I.B.A.M.A. (Instituto Brasileiro do Meio Ambiente e dos Recursos Naturais Renováveis), l’ Inpe ,’ I.C.M.B.I.O. (Instituto Chico Mendes da Biodiversidade; ndt), secondo una smania distruttiva del “regime” economico primario delle esportazioni.
Pertanto, non possiamo assolvere lo Stato (a tutti i suoi livelli) nel constatare la sua connivenza con queste azioni provenienti da agenti al soldo del capitalismo al confine amazzonico. Noi del Coordinamento Anarchico Brasiliano (C.A.B.) denunciamo regolarmente l’azione selettiva e classista dello stato brasiliano. Diversamente da quello che viene affermato spesso, lo Stato non è assente in questa regione, soltanto sceglie dove agire e da quale parte, chi agisce, deve stare. Dal 2012 a questa parte, tutti i sistemi fino a quel momento conquistati in materia di difesa della natura e dei territori dei popoli indigeni e dei contadini sono stati cambiati. Si è iniziato col Codice Forestale il cui relatore afferisce alla sinistra elettoralista ed istituzionale, il signor Aldo Rebelo (all’epoca del Partito Comunista del Brasile, oggi della Solidarietà) ancora membro del governo Dilma (P.T.), che si è fatto coinvolgere dalla riforma del Codigo de Mineração (una legge in vigore dal 1967- ndt) aprendo così opportunità di estrazione, includendo ed estendendo in tal modo l’azione ai territori indigeni nel periodo del Governo Temer (P.M.D.P.) (Partido do Movimento Democrático Brasileiro), il che si traduce in una politica di totale smantellamento del controllo ambientale grazie al Ministro dell’Area Ambientale Ricardo Salles del Governo Bolsonaro (P.S.L.) (Partido Social Liberal). Questi provvedimenti impediscono assolutamente qualsiasi meccanismo di demarcazione e riconoscimento dei territori indigeni e “quilombolas***” e paralizza in toto qualsivoglia ipotesi politica di riforma agraria in questo paese.
E tocca a noi affermare che l’opposizione fra il governo francese e quello brasiliano in tale materia va letta ed interpretata solo come “contraddizione” o, se si preferisce, divergenza e conflitto in seno alla classe dominante ed alla borghesia, sul “come” trattare la questione ambientale e come affrontare il tema del posizionamento geopolitico nel nostro continente. Da una parte abbiamo il governo reazionario, “vocato” alla sudditanza e fondantesi sull’agroaffare, incarnato da Bolsonaro. Dall’altra parte, una borghesia industriale e finanziaria internazionale che col suo discorso neoliberista sul cosiddetto “capitalismo verde” (sostenuto, qui, dalla Rede Globo) che va solo alla ricerca delle condizioni ottimali per avviare il progetto di privatizzazione della regione amazzonica. Si aggiunga a ciò il cumulo di interessi geopolitici di matrice europea finalizzati al rafforzamento delle aree d’influenza a fronte di quella intensa lotta commerciale globale che nell’America Latina ha sempre uno dei suoi bersagli privilegiati e che nei suoi governi e rappresentanti politici locali individua i soci ideali o addirittura fedeli e ossequiosi servi. Suona come una pessima rappresentazione teatrale l’insieme di dichiarazioni a difesa della sovranità ribadito dai vertici militari brasiliani e dai membri del governo Bolsonaro. spintasi ad assumere la postura di chi si sente offeso e/o oltraggiato dalle prese di posizione dell’assise internazionale. L’unica “sovranità” che il succube governo Bolsonaro ed i suoi lacchè desiderano è quella di poter dilapidare e bruciare -letteralmente- le risorse naturali del nostro territorio (ad esempio, il petrolio) e consegnarle al suo padrone: il governo U.S.A. La “sovranità” di Bolsonaro è utile solo ad una scelta dell’imperialismo che gli consenta di bruciare, privatizzare e “tagliare” (i servizi; ndt), nel mentre distrugge i diritti dei lavoratori della campagna e della città. I popoli del mondo e la stessa natura non troveranno alcuna soluzione nel “capitalismo verde” né, tantomeno, nel disegno agrario di brutale e selvaggia esportazione rappresentato dalla compagine del governo Bolsonaro.
La C.A.B. si oppone fortemente a tali perverse politiche per i nostri popoli e ripete, amplificandole, le voci della foresta come quella del Popolo Ka’apor del Maranhão **** che afferma che “la foresta è la nostra madre. Il territorio è la nostra casa. Sono loro la nostra vita. Siamo noi che li difendiamo!”. Si colloca al fianco dei “seringueiros” (i lavoratori che si occupano della Seringueira, l’omonimo albero, usando tecniche del secolo XIX, producendo gomma ecologica e “scommettendo” su procedimenti produttivi sostenibili) che fin dall’iniziale attività di Chico Mendes (figura di riferimento dei seringueiros, attivista, sindacalista, ambientalista; nato nel 1944 e morto, assassinato, nel 1988; ndt) hanno sviluppato una tattica di lotta finalizzata ad “equilibrare” le forze in campo mediante barriere all’avanzata del bestiame nella foresta dell’Acre***** Esprime la propria solidarietà al popolo del Cajueiro (dal nome di una pianta tipica del nord-est brasiliano; ndt), nel Maranhão, brutalmente espulso dal proprio territorio “quilombola” originario, dal Governo Flávio Dino ( del P.C. do B.; vedi nota sopra) e dalla sua foga “produttivistica”. Sostiene, istante per istante, l’ “auto-delimitazione” costruita con estrema determinazione dal Popolo Munduruku (uno dei più diffusi popoli indigeni) nell’area ovest dello Stato del Pará. “Naviga” assieme ai “popoli fluviali” nella loro lotta d’opposizione alle idrovie del Foro di Rio Capim, di Abaetetuba, nel Pará, utili solo per rispondere alle esigenze dei grandi produttori di cerali, in particolare della soia, proveniente dal nord del Mato Grosso.
Sosteniamo con forza, e ribadiamo, che l’unica via d’uscita è l’azione diretta dei popoli della campagna, della foresta e della città, nel contrasto al progetto eco-criminale e antipopolare perpetrato da capitale e Stato. Infine, riprendendo gli insegnamenti del geografo anarchico Elisée Reclus, il quale sosteneva che l’umanità è la natura che prende coscienza di sé stessa, rivendichiamo il fatto che quella medesima natura è “soggetto di diritti” e come tale deve essere rispettata e protetta. E non sarà l’aiuto dell’imperialismo milionario prospettato nell’ultimo G7 ad onorare tali aspettative. Ciò sarà invece possibile solo mediante l’auto-organizzazione dei Popoli dell’Amazzonia che costruiscono e controllano il proprio territorio organizzandosi in legami politici e sociali orizzontali ed autonomi.
In questo modo riusciremo a contrastare l’avanzata della distruzione della regione e non ci arrenderemo né ai “ruralisti” (una delle componenti del fronte che sancisce l’unione fra agro-businnes e classi dominanti, in Brasile; ndt) né all’opportunismo colonialista.
Viva i popoli della foresta!
Fuori Bolsonaro e il suo latifondismo assassino!
Fuori Macron ed il suo capitalismo verde!
Viva un’Amazzonia libera dalle grinfie del Capitalismo e dello Stato!
* vegetazione tipica, il nome della quale si deve al naturalista Humboldt, che caratterizza una vasta area che va dalle Ande, attraversando grandi tratti d’Amazzonia per arrivare fino alla Guiana- ndt
** espressione popolare che significa “dacci dentro”, “vai con forza, determinazione”…nella fattispecie, procedere tanto da riuscire, letteralmente, a “bruciare l’acciaio”- ndt
*** generica denominazione di individui e comunità che si autoproclamano diretti discendenti degli schiavi africani
****popolazione indigena di questo stato; ndt
*****stato amazzonico del nord-ovest brasiliano; ndt