L’attacco che Confindustria ha sferrato al sindacato dei metalmeccanici, durante le trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale della categoria, è l’ultimo esempio, e sicuramente il più importante in ordine di tempo della offensiva padronale contro i lavoratori. Sono evidenti a tutti quelle che sono le linee strategiche del padronato sulla gestione della crisi economica acuitasi a causa della pandemia da Covid 19.
Federmeccanica , di fronte al calo di fatturato che l’intero settore sta subendo, si parla del 20% in meno della produzione del comparto, ha annunciato che non vi sono margini per nessun aumento salariale, interrompendo di fatto il tavolo della trattativa sindacale.
Sempre Confindustria ha naturalmente dato tutta la propria disponibilità ad una ripresa delle trattative, premettendo però che le lotte spontanee intraprese dai lavoratori metalmeccanici in queste settimane cessino.
Sarà difficile per il sindacato individuare una base di partenza propositiva per continuare la trattativa e raggiungere un risultato accettabile per i lavoratori, il presidente di Confindustria Bonomi ha lanciato una vera e propria guerra ai lavoratori metalmeccanici, e non soltanto a loro.
Il padronato si arroga il diritto di utilizzare i soldi pubblici a sostegno delle proprie aziende, chiede di avere la totale libertà di licenziamento dei lavoratori, vuole la gestione totale degli orari di lavoro e della organizzazione aziendale, e naturalmente rifiuta ogni tipo di aumento salariale. Inoltre prosegue la sua offensiva chiedendo ulteriori privatizzazioni, a partire dalla sanità pubblica, rivendicano un ruolo privilegiato sull’educazione e sulla scuola, che secondo i padroni deve essere funzionale al capitalismo aziendalista, in un sistema che vedrebbe i lavoratori schierati a difesa delle proprie aziende a combattere battaglie non loro.
E’ evidente il disegno sociale e politico dell’offensiva padronale, che ha nel parlamento un riconoscimento totale sulle proprie strategie di fondo, e non potrebbe essere altrimenti visto che tra i banchi delle assemblee legislative la loro rappresentanza è garantita dalla quasi unanimità dei deputati e senatori.
In questa fase il padronato sta colpendo duramente la parte di lavoratori che fino ad oggi hanno resistito sui luoghi di lavoro,e non è un caso che si riversi contro i metalmeccanici la loro offensiva . E’ infatti rivolta verso quella parte di mondo del lavoro che ancora è organizzata attraverso il sindacato,sui luoghi di lavoro con iscritti e delegati pronti a dar battaglia.
I lavoratori in attesa di contratto sono ormai milioni, 600.000 lavoratori delle aziende multi servizi ( appalti ) che non rinnovano il contratto da sette anni, i tessili, con 400.000 addetti, la sanità,gli alimentaristi, si calcola che siano 14.000.000 i lavoratori che ad oggi hanno necessità di rinnovare il proprio contratto di lavoro.
Oltre alle categorie più precarie, i riders, i lavoratori dell’agricoltura, dove almeno 140.000 di loro vivono condizioni salariali e normative indegne, gestiti e controllati dal caporalato e dalle mafie. L’intero paese dei lavoratori sta già pagando un prezzo insopportabile, le variegate forme contrattuali e normative fanno emergere ormai una condizione di lavoro diffusa con caratteristiche di sfruttamento plebee.
In questo scenario la lotta dei meccanici assume un valore fondante per ristabilire il diritto alla contrattazione collettiva e per ottenere aumenti salariali dignitosi.
E’ a partire dalle esigenze delle categorie più organizzate che il sindacato può trovare la forza necessaria a costruire una battaglia e una lotta comune per il rinnovo dei contratti nazionali, deve riunire i lavoratori in una sola lotta, quella per avere un contratto nazionale e anche per rivederne l’eccessivo e inutile numero, gli oltre ottocento contratti nazionali stipulati sono una frode a danno dei lavoratori. Oggi si devono riunire quelle categorie numericamente deboli in una lotta comune, e riaffermare il diritto ad avere un contratto collettivo nazionale, unico modo per ridistribuire la ricchezza e per conquistare livelli di vita decorosi.
Chi oggi si gira dall’altra parte, chi non vuole vedere che nella contrattazione vi è l’elemento più importante per ridistribuire la ricchezza prodotta è complice del padronato, e vede i lavoratori come la classe sociale che deve pagare i costi di una crisi che già fa presagire scenari di povertà diffusa. Il padronato e il governo stanno disegnando la povertà del futuro, complici di una ristrutturazione che toglie ogni ruolo sociale ai lavoratori stessi, spinti ai margini della vita politica per poterli meglio sfruttare.
Non è più ammissibile che chi lavora sia povero, precario, venduto come merce tra le merci.
I soldi ci sono, non dimentichiamo che questa è crisi da sovrapproduzione di merci e di capitali, un padronato avido e senza scrupoli, con un ceto politico che lo rappresenta in tutti i gangli della vita sociale ha bisogno di essere messo in discussione e affrontato con la lotta, a partire da quella dei meccanici.
La lotta continua, lo sciopero generale dei metalmeccanici del 5 novembre è una prima risposta all’arroganza dei padroni.
Coordinamento Territoriale Comunista Libertario Reggio Emilia