Da anni i salari minimi non hanno il peso che meriterebbero: questo è dovuto da molteplici fattori: la politica di
moderazione salariale che ha caratterizzato il mondo del lavoro negli ultimi 30 anni, il proliferare di
contratti nazionali di lavoro spesso “pirata”, la precarietà sempre più dilagante per cui tantissimi
lavoratori e tantissime lavoratrici, pur di lavorare, si ritrovano ad essere sotto inquadrati e sottopagati.
Inoltre abbiamo un enorme problema con il tanto lavoro nero che ancora si verifica in tutto il territorio
nazionale.
Da forme di lavoro completamente irregolari, a quelle cosiddette “grigie”, cioè rapporti di lavoro in
regola per una parte delle ore che però nascondono una parte consistente di ore irregolari.
Queste forme di lavoro vengono percepite spesso come opportunità vantaggiose, non accorgendosi che
invece nascondono vero e proprio sfruttamento.
Altro tema importante è la continua difficoltà a rinnovare i contratti nazionali di lavoro, che spesso
rimangono fermi da anni. Questo genera una perdita salariale enorme rapportata ad un costo reale della
vita che cresce sempre di anno in anno.
Il concetto di “contratto nazionale” oggi è stato stravolto.
Si sta perdendo sempre di più lo spirito di equità e collettività e si sta definendo uno strumento debole che
sancisce tante diversità tra chi svolge lo stesso lavoro.
Quando parliamo di contratti nazionali di lavoro pensiamo ad un giusto compenso, a diritti e a regole che
accomunano tutti i lavoratori del territorio nazionale che fanno parte di un determinato settore.
Questo principio non è così da tempo: la situazione che viviamo oggi nel mondo del lavoro non ci porta
più a ragionare di collettività ma di soggettività.
Non solo differenze tra lavoratori di aziende diverse che lavorano nello stesso settore, ma addirittura
differenze tra lavoratori che lavorano nella stessa azienda e che fanno il medesimo lavoro.
Parlo della volontà di alcuni di depotenziare in contratto nazionale e di spostare la trattativa a livello
aziendale dando sempre più importanza a quella che viene definita “contrattazione di secondo livello”, del
fatto che oggi in Italia esistono più di 800 contratti nazionali, molti dei quali firmati da sindacati non
rappresentativi a livello nazionale e che non hanno mai fatto della democrazia sindacale (con il
coinvolgimento dei lavoratori nelle trattative) il proprio punto distintivo.
Molti di questi sono definiti sindacati “gialli” spesso di comodo che hanno trasformato il mondo del
lavoro in un “supermarket” nel quale qualsiasi imprenditore può scegliere il contratto a cui aderire in base
al costo che questo produce.
Come potete immaginare genera una perversa competizione al ribasso che viene chiamata “dumping
contrattuale”.
Dobbiamo anche parlare del fenomeno dilagante degli appalti che sempre più si trovano nei luoghi di
lavoro.
Appaltando una parte della produzione o un servizio, si verifica che nello stesso posto di lavoro
coesistono lavoratori con contratti di riferimento diversi, inoltre spesso gli appalti vengono fatti sul
massimo ribasso e i lavoratori hanno condizioni contrattuali inferiori rispetto alla media, sempre perché si
vedono applicare un contratto povero.
Come terzo elemento che definisce il quadro difficile del mondo del lavoro di oggi, abbiamo il tema dei
lavoratori precari che alcuni chiamano flessibili, ma che in realtà hanno condizioni di lavoro precarie e di
flessibile non hanno granché.
In questo caso abbiamo lavoratori che spesso vengono assunti tramite agenzie di somministrazione
lavoro, a cui viene applicato il contratto nazionale della ditta in cui lavorano ma che hanno il problema di
avere contratti di lavoro molto brevi ed estremamente instabili, questo ne determina l’accettazione di
qualsiasi livello d’inquadramento (di solito il più basso) senza considerare la mansione che in realtà viene
svolta.
Il mondo del lavoro viene parcellizzato, la classe lavoratrice viene divisa, mettono in competizione i
lavoratori generando divisioni e individualismo che si traduce inevitabilmente in debolezza e
impoverimento.
Per queste ragioni dobbiamo rivedere il mondo del lavoro e il sistema contrattuale, pensando alla
questione salariale come leva principale per migliorare le condizioni di lavoro.
Dobbiamo pensare a buste paga più pesanti, a paghe orarie in linea con il reale costo della vita, a contratti
nazionali collettivi e qualificati.
I minimi sindacali di alcuni importanti settori del privato (ad un livello d’inquadramento medio) sono:
SETTORE
LIVELLO
MEDIO
MINIMO
CONTRAT
TUALE
(euro)
CARTA D1 1494,11
CERAMICA E1 1573,16
CHIMICA E1 1836,28
CHIMICA
ARTIGIANATO 3 1462,37
GOMMA PLASTICA G 1626,24
VETRO 3 1736,76
ALIMENTARI 4 1767,89
CREDITO E BCC 02/01/20 1987,28
EDILIZIA 3 1693,45
LEGNO ARREDAMENTO AS1 1808,21
LEGNO
ARREDAMENTO ART. D 1419,71
METALMECCANICA
INDUSTRIA 3 1628,69
METALMECCANICA
ARTIGIANATO
4 1391,41
COOP SOCIALI C1 1425,21
IGIENE AMBIENTALE 2B 1683,50
POSTE D 1704,74
TERZIARIO 5 1511,01
VIGILANZA 5 1214,73
SERVIZI DI PULIZIA 3 1239,39
ABBIGLIAMENTO 3 1638,13
CALZATURE 3 1643,50
ABBIGLIAMENTO
ARTIGIANATO 3 1368,03
CALZATURE
ARTIGIANATO 3 1376,05
AUTOTRASPORTI E
LOGISTICA –
MAGAZZINI
GENERALI 5 1620,24
AUTOTRASPORTI E
LOGISTICA
PERSONALE
VIAGGIANTE D2 1703,13
Le paghe definite da contratto nazionale sono in un range che va da 1200 euro lordi a 1900 euro lordi in base al
contratto di riferimento. Tra i più bassi troviamo tutti i comparti artigiani (quasi un milione e mezzo di addetti) che
sono quasi tutti intorno ai 1400 euro lordi mensili, la vigilanza 1214 euro lordi e i servizi di pulizie 1239 euro lordi
mensili.
Sono tra i più bassi in Europa e sono rapportati ad un contratto di 40 ore settimanali. Questo porta a paghe
orarie che variano tra i 7 e gli 8 euro lordi.
Nelle fasce più basse i salari sono vicini alla soglia di povertà.
Inoltre dobbiamo ricordare che in alcuni settori, soprattutto le donne, hanno contratti part-time che
riducono ulteriormente le entrate mensili.
I contratti non si riescono a rinnovare alla loro scadenza e per questo si perde salario. Oggi ci troviamo in
una situazione in cui ancora devono essere rinnovati tantissimi contratti nazionali. A partire da quello dei
Metalmeccanici che coinvolge 1.600.000 addetti del settore, ma che vede ancora ferme al palo le
retribuzioni di milioni di lavoratrici e di lavoratori.
Ad oggi i contratti scaduti e in fase di trattativa sono:
-tutti i contratti nazionali
dell’artigianato (1.450.000 addetti);
– Meccanica industria (1.600.000 addetti);
– Meccanica piccola e media industria;
– Legno arredo piccola e media industria;
– Poste (126.000 dipendenti);
– Funzioni centrali;
– Enti locali;
– Sanità pubblica;
– Sanità privata;
– Ceramica (25.000 addetti)
– Moda Abbigliamento
– Calzature
– Istruzione e ricerca
– Multiservizi
– Commercio
– Agricoltura
– Carta
– Vigilanza
I contratti nazionali rinnovati
tra il 2019 e il 2020 sono:
– Cemento industria (2019);
-Laterizi e manufatti
cementizi industria (2019);
– Lapidei industria (2019);
– Materiali da costruzione piccola
e media industria (15.000 addetti) (2020)
– Legno arredo industria (2020);
– Abi (2020)
– BCC (2019)
– Somministrazione (2019)
– Gas acqua energia e petroli (2019)
– Gomma plastica (2020)
– Vetro (2020)
– Alimentari industria (2019)
Il numero degli addetti che hanno visto rinnovare il proprio contratto è notevolmente inferiore al numero
di quelli che invece lo aspettano ancora.
E’ necessario rivedere tutto il mercato del lavoro, fare una profonda analisi delle condizioni delle
lavoratrici e dei lavoratori, fare una profonda analisi del lavoro, di come si è sviluppato e di come si è
trasformato anche per effetto della crisi economica degli ultimi 12 anni e della pandemia ancora in corso.
Per fare questo è prioritario riprendere il concetto di “classe” in ogni luogo di lavoro, superare le
differenze di contratto, di genere e di età: solo così possiamo ritornare ad avere la forza per contrastare gli
attacchi padronali e le storture che il lavoro sta prendendo piegandosi al mercato e ai profitti.
Portare avanti una grande battaglia salariale che parte dal principio: “stesso lavoro stessi diritti” che abbia
alcuni obiettivi chiari:
1. ridurre il numero dei contratti nazionali,
2. ridurre la precarietà
3. regolarizzare gli appalti
4. rinnovare i contratti nazionali di lavoro
5. contrattare aumenti salariali superiori al recupero inflattivo per adeguare le paghe al reale costo
della vita.
Tutto questo si può fare solo con il protagonismo e con l’unità delle lavoratrici e dei lavoratori.