A quasi un anno dall’inizio ufficiale della pandemia ormai è evidente che l’emergenza assume caratteri cronici, e che le modifiche che il nostro modo di vivere subirà diventeranno strutturali. Come dipende almeno in parte da noi.
Il virus è un virus, e come tale si comporta da virus. Si sposta, si evolve e si rallenta sulla base delle sue caratteristiche intrinseche che la scienza pian piano, tra ipotesi, prove e esperimenti solo ora sta cominciando a capire. S
Non ci meravigliamo se il capitalismo ha dimostrato di non essere in grado di proteggere le persone: in compenso sta dimostrando per l’ennesima volta di essere perfettamente in grado di sfruttare, digerire anche questa pandemia, come sfrutta tutto quello che gli/ci capita.
La sfrutta con i grandi guadagni delle imprese private con i sistemi di cura privatizzati, con la ristrutturazione produttiva, con la riduzione degli spazi di libertà, con il ridisegnare le reciproche sfere di influenza.
I vaccini, sviluppati da ricerche sostenute con ingenti capitali pubblici alle imprese private, utili ad arginare questa terribile emergenza, ma che non rappresenteranno la soluzione, finiscono per rispecchiare fin dalla loro comparsa l’essenza stessa della merce, in una battaglia tra monopoli il cui scopo e anche ridisegnare le reciproche sfere di influenza infischiandosene della salute pubblica.
La pandemia ha invece evidenziato ancor più le disuguaglianze e le storture insite nel sistema capitalista, tanto che alcuni articoli e ricerche epidemiologiche non esitano a definire “sindemia” l’attuale situazione, ponendo l’accento sull’interazione sinergica tra problemi sanitari e le criticità di tipo socio-economico e ambientale, tra le quali possiamo certamente annoverare, in particolare nel nostro paese, lo stato di fragilità della nostra sanità pubblica, impoverita da tagli, baronie, malaffare e aziendalizzazione.
Anche la seconda fase della pandemia (e non finirà qui) ha dimostrato come gli indirizzi politici dettati dalle scelte economiche, l’inerzia e la rigidità del sistema, non abbiano permesso di attrezzarsi per dare le risposte che erano necessarie, sotto gli occhi di tutti, dal potenziamento della sanità territoriale a quello delle terapie intensive, dal superamento del precariato e della mancanza di organico alle logiche clientelari, giusto per restare in tema di sanità pubblica, con ingenti risorse drenate da una sanità, cosiddetta privata, il cui unico scopo è il profitto, e che è spesso collusa con la destra più estrema di questo paese. Per non parlare di altri settori quali i trasporti pubblici e la scuola, in cui oltre a proclami e promesse l’azione di governo è stata praticamente nulla, anche in diretta conseguenza della mancanza di coordinamento tra le autonomie regionali e l’elevato grado di conflittualità istituzionale tra governatori e stato centrale, che risponde più a logiche elettorali e di egoismo territoriale che a corrette dinamiche federaliste. Ciò che unisce tutti i piani di governo è la volontà di far andare avanti indisturbati produzione e consumo, colpendo invece pesantemente la socialità delle persone. Quanto succede alla scuola sembra rispondere più a criteri di gestione della mobilità in emergenza, considerando sacrificabile quella degli studenti rispetto a quella dei lavoratori, piuttosto che a logiche educative e didattiche. Se questo vale per la scuola, ancora di più per tutti gli spazi di aggregazione politica e sociale, sacrificati senza se e senza ma lasciando gli individui in dimensioni di isolamento virtuale e salvando solo i livelli di assistenza materiale alla povertà estrema, ignorando tutti gli altri bisogni fondamentali, per non parlare degli spazi di dissenso e, spesso, di agibilità democratica, con il sempre classico doppio regime: si bastonano gli operai e si lasciano manifestare i borghesi a difesa del loro diritto all’aperitivo. E sul terzo settore, su cui si è appoggiato lo stato sociale, si sta abbattendo la scure, discussa solo pochi giorni fa dal governo in ottemperanza a una delle innumerevoli procedure di infrazione europea, che ha stabilito che anche i circoli ricreativi e le ONG debbano essere soggetti ad una tassazione e a una fiscalità di tipo “aziendale”, decretando in questo modo la morte delle piccole realtà associative che ne sono l’anima.
Che in un momento del genere il Recovery Plan discusso dal governo metta la macroarea della salute buon ultimo, nonostante le continue riduzioni occorse al settore negli ultimi decenni, che ora si mostrano in tutta la loro drammaticità, con solo 9 miliardi di investimenti previsti rispetto ai 196 complessivi può apparire surreale, ma sappiamo anche in quali rapaci mani finiranno i 27,7 miliardi destinati al settore infrastutture: per quanto si parli di mobilità sostenibile, non saranno certo i trasporti pubblici o i treni locali a essere potenziati. E anche rispetto ai 74,3 milioni destinati alla transizione verde le multinazionali del gas e dell’energia non sono minimamente interessate a modificare il vigente modello energivoro, climalterante e distruttivo per l’ambiente. E comunque le timidissime proposte di patrimoniale sono state prontamente rigettate e ritenute inattuabili. Al di là del dibattito mes/non mes è proprio necessario che gli investimenti nella sanità vengano pagati con nuovo debito, e non interessando magari quel 20% che detiene il 70% delle ricchezze nazionali?
Intanto secondo il Censis rispetto al 2019 oltre 580mila persone in più vivono in famiglie che percepiscono il reddito di cittadinanza, e quasi 700mila sono beneficiari del sussidio d’emergenza, e quasi mezzo milione di lavoratori non hanno visto rinnovato il proprio contratto a tempo determinato.
Se questo virus ha dimostrato la fragilità della nostra quotidianità, ora ne sta dimostrando la sua plasticità. In meno di un anno abbiamo cambiato modo di lavorare, di incontrarci, di curarci, di fare attività politica e sociale, di percepire il mondo intorno a noi. Per i più fortunati le modifiche sono state una riorganizzazione, per gli altri hanno significato e significheranno licenziamenti, chiusura di attività, impoverimento. I sussidi erogati dall’ INPS, che pure hanno riguardato oltre 14 milioni di beneficiari, per una media di poco meno di 2000 euro a famiglia sono stati sostanzialmente erogati a pioggia in una ottica di mero sostegno al consumo, e non sui reali bisogni materiali e sociali.
La risposta quindi all’attuale sindemia non può che prevedere una visione d’insieme, su basi razionali e materialistiche, che si può articolare almeno su tre linee d’intervento
– risposta sindacale: unificare le lotte con obiettivi chiari con richiesta di reddito, salario e riduzione dell’orario di lavoro. Stabilizzazione e tutela dei lavoratori precari e più fragili dal punto di vista dei diritti. Difesa dei servizi pubblici e diritti: sanità e scuola pubblica, welfare. Per un superamento della competizione fra diritto al lavoro e diritto alla salute.
-risposta per il mantenimento di spazi di agibilità e solidarietà sociale, con lo sviluppo di pratiche solidaristiche e di mutuo soccorso, il contrasto a logiche di esclusione e il sostegno a pratiche conflittuali, su base di classe e antirazzista.
– risposta di contrasto all’accelerazione dei meccanismi predatori del capitalismo dal punto di vista ambientale, su base territoriale e di rete.
Sono questi i presupposti per riprendere il cammino delle lotte che verranno, è la battaglia anticapitalista e antifascista che caratterizza l’azione degli anarchici e dei libertari in questa fase, ribadiamo con la nostra tenacia il nostro posto nella lotta di classe, dalla parte degli sfruttati, per la giustizia sociale e per la libertà.
Alternativa libertaria/fdca, 108 cdd