Intervista alla Federazione Anarchica di Rosario
Qual è la percezione di queste giornate di rimembranza per la società? Come vengono ricordati quei momenti, i militari, Perón, i rivoluzionari?
45 anni fa, nel marzo del 1976, cominciò l’ultima dittatura in Argentina. Il golpe che destituì il governo di Isabel Perón era capitanato dalle forze armate e sostenuto da settori della società civile ed ecclesiastica. Si parla di ultima dittatura militare, perché il XX secolo in Argentina è stato segnato da una continua discontinuità democratica, dove forze armate (insieme a determinati settori della società) sempre più coinvolte nella politica destituirono presidenti in diverse occasioni. Dal golpe del 1930 che segnò il termine della seconda presidenza Yrigoyen, passando per quello del 1943, per quello 1955 che destituì Perón mandandolo in esilio e per quello del 1966 fino ad arrivare al più sanguinoso, quello del 1976. Tutti questi interventi militari in politica furono sempre accompagnati da persecuzioni politico-ideologiche nei confronti degli anarchici e della sinistra in generale.
Paralando dll’ultima dittatura, va detto che questa arrivava in un momento in cui la combattività dei settori popolari non dava spazio alle mezze misure. Dagli anni sessanta, seguendo l’esempio di altre lotte, sia nel continente come la Rivoluzione Cubana, che a livello internazionale come la Guerra d’Algeria e il Maggio francese, il processo di organizzazione e lotta si era sviluppato rapidamente. Inoltre, la situazione politica generale, con il divieto del peronismo alla partecipazione elettorale, aprì il campo delle lotte sociali a settori che non trovavano posto all’interno della struttura istituzionale. All’interno di questo quadro, negli gli anni sessanta si assiste ad una crescente organizzazione di sindacati, centri studenteschi e gruppi di ogni tipo. Con il colpo di stato del 1966 si apre un processo di governo militare senza scadenze con uno stato fortemente repressivo, di persecuzioni politiche e conflitti crescenti. Tra la fine degli anni sessanta e l’inizio dei settanta, iniziarono ad emergere le prime organizzazioni armate nel nostro paese, le più riconosciute furono i Montoneros, di orientamento peronista, e l’Ejército Revolucionario Popular (ERP), marxista. In entrambi i casi, la lotta armata assunse una logica di gestione interna estremamente verticistica e autoritaria, in netto contrasto con l’esperienza sviluppata da Resistencia Libertaria e, nello stesso periodo in Uruguay, dall’Organización Popular Revolucionaria 33 Orientales (OPR-33), legata alla Federación Anarquista Uruguaya (fAu).
La violenza e il terrorismo di stato saranno uno dei segni caratteristici dell’ultima dittatura. Rapimenti e sparizioni, furti di bambini, torture, esecuzioni e altre atrocità erano all’ordine del giorno, con il risultato di contare circa 30.000 compagni/e tra detenuti e dispersi. La brutalità repressiva portò alla creazione di centinaia di centri di detenzione clandestini, dove militanti di diverse tendenze vennero imprigionati per essere torturati e poi scomparsi. Il livello di violenza sviluppato dallo stato era però iniziato anni prima del golpe, già nel 1975, con l’Operativo Independencia nella provincia di Tucumán, cominciarono le prove generali di ciò che poi si sarebbe sviluppato in tutto il paese, e comparve sulla scena pubblica l’Alianza Anticomunista Argentina (AAA), un gruppo para poliziesco dedito alla persecuzione e intimidazione di persone sulla base delle loro azioni politiche o sociali, che aveva un legame diretto con il governo Perón.
Il risultato finale dell’ultima dittatura civile-militare fu lo smantellamento di tutti i processi di lotta sviluppatisi nei decenni precedenti e l’attuazione di politiche economiche neoliberiste che sarebbero state successivamente potenziate dai governi democratici. Il percorso di ricusa del colpo di stato e di denuncia delle violazioni dei diritti umani commesse del regime cominciò in sordina. Furono le mamme, le nonne, le compagne e i compagni degli scomparsi a cominciare a cataloizzare l’attenzione su quello che stava accadendo. Con il ritorno alla democrazia, dopo il disastro della Guerra delle Malvine, il percorso per la condanna dei crimini della dittatura è stato lungo. Si è tentato di imporre la cosiddetta “teoría de los dos demonios”, affermando che la violenza dello stato era unicamente la risposta alla violenza delle organizzazioni armate. Questa lettura è poi cambiata nel corso degli ultimi vent’anni, arrivando alla condanna del terrorismo di stato e dell’ultima dittatura militare durante il decennio dei governi Kirchner. Questo cambiamento nella politica istituzionale, con la condanna di ciò che è accaduto durante la dittatura, si è ottenuto grazie alla pressione costante delle organizzazioni in lotta e di gran parte della società civile. Oggi, dopo che il governo Macri (2015 – 2019) ha costantemente relativizzato i crimini della dittatura cercando anche di rivendicare determinati aspetti delle politiche golpiste, la società civile ha reagito con forte indignazione, come successo quando si è cercato di ridurre le condanne degli assassini detenuti attraverso la legge nota come “dos por uno” (2×1) dietro esplicita richiesta dell’Operativo Independencia.
Questo 45 ° anniversario del colpo di stato ha mostrato l’impatto che la pandemia di coronavirus ha e avrà sul nostro popolo. Per almeno vent’anni, quella del 24 marzo è sempre stata la manifestazione più imponente dell’anno, dove non solo le organizzazioni sociali e politiche sono presenti, ma con anche una grossa componente della società civile. Sia nel 2020 che nel 2021 le cose sono cambiate in peggio. L’anno scorso si è svolta la manifestazione in un quadro di isolamento obbligatorio, ma nel 2021 c’era la possibilità di riunirsi e manifestare e, tuttavia, non è stato possibile indire una manifestazione unitaria e si sono tenute diverse commemorazioni sparse. Indubbiamente, le controversie elettorali hanno avuto un impatto in un anno in cui si terranno le elezioni di medio termine. La politica promossa dal partito al governo è quella di “abbandonare la strada”, senza preoccuparsi che in quella strada abbandonata comincino a crescere le destre.
45 anni dopo, quali sono gli effetti della dittatura?
La dittatura rimane una ferita aperta nella recente storia argentina, le atrocità commesse generano, ancora oggi, la strenua condanna di ogni ipotesi politica che esuli dal modello di democrazia parlamentare. Indubbiamente, il ricordo del colpo di stato viene utilizzato per riaffermare la legittimità dello stato di diritto, dimenticando bellamente gli obiettivi rivoluzionari della stragrande maggioranza dei 30.000 detenuti scomparsi. Condannare le atrocità per giustificare il funzionamento del sistema è la linea imposta dallo stato e dalle organizzazioni che giocano nel suo stesso campo.
Così come la dittatura spezzò e frammentò il tessuto sociale e disarmò brutalmente il percorso delle lotte costruite fino a quel momento, diede anche inizio alla trasformazione fondamentale che avrebbe portato al neoliberismo che si sarebbe poi sviluppato negli anni novanta. Dalla piena occupazione e una vaga industrializzazione a vasti settori della società totalmente esclusi, senza prospettive di trovare un lavoro o di vivere in condizioni dignitose. Senza dubbio, il paese (e il cono meridionale del continente) è rimasto uguale prima e dopo la dittatura.
Chi erano le compagne e i compagni anarchici del periodo? Quali le loro lotte, le loro organizzazioni, i loro percorsi?
Il 24 marzo abbiamo realizzato un murale nella città di Rosario dar voce agli anarchici attualmente detenuti e scomparsi e dove sono visibili due grandi gruppi di compagni: quelli appartenenti alla Resistencia Libertaria e alla Federación Anarquista Uruguaya (fAu). A questi si aggiungono, nella militanza del periodo, compagni e compagne che non facevano parte di organizzazioni politiche ma che hanno partecipato al progetto noto come “Colonia Lola” a Córdoba.
Resistencia Libertaria era un’organizzazione politica anarchica fondata nel 1974, nella quale convergevano militanti di Córdoba e La Plata. I suoi militanti agirono in diversi sindacati e luoghi di studio, ma con l’avanzata repressiva dovettero andare in clandestinità e il loro campo d’azione si ridusse notevolmente. Hanno svolto alcune azioni armate, principalmente legate al sostegno delle lotte sociali che si stavano sviluppando. Per quanto riguarda la Federación Anarquista Uruguaya (fAu), molti militanti sono stati rapiti e sono scomparsi nel nostro paese visto che nel 1973 il colpo di stato in Uruguay portò l’organizzazione politica ad adottare la strategia della ritirata in Argentina, dove il contesto sembrava favorevole al ritorno di un governo democratico. L’azione della Federación Anarquista Uruguaya (fAu) negli anni settanta è in netto contrasto con quella portata avanti da altre organizzazioni nazionaliste o marxiste, puntando sempre alla creazione del potere popolare e alle rivendicazioni delle lotte sociali. Pertanto, l’azione armata è stata sempre portata avanti con queste finalità riuscendo, nonostante il contesto clandestino, a mantenere la coerenza tra mezzi e fini. In Argentina, una parte della Federación Anarquista Uruguaya (fAu) ha contribuito alla creazione di un partito politico come il Partido por la Victoria del Pueblo (PVP) come ipotesi di azione in una situazione sfavorevole.