Ogni anno festeggiamo il giorno della liberazione dal nazifascismo. E’ passato tanto tempo da quel 25 aprile del 1945, e il tempo gioca sempre le sue carte con il nostro presente. Alle nuove generazioni non possiamo chiedere di più, loro possono conservarne la memoria, non il ricordo.
Gli ultimi protagonisti della lotta partigiana ci stanno lasciando, ma è la loro eredità politica e morale che dovremo difendere con tutte le nostre forze. La reazione politica e culturale nei confronti delle recrudescenze fasciste è oggi con ogni evidenza troppo trascurata, anche dalle stesse forze che si richiamano all’antifascismo. Nell’offensiva negazionista, razzista e omofoba che imperversa un po’ ovunque, si accetta di collocare il fascismo storico tra le “tradizioni italiane”, trascurandone del tutto la vigliaccheria e la sudditanza al potere economico. Il più delle volte quando parliamo di fascismo si ricorda il folclore della propaganda del regime di allora, con i suoi merletti e i suoi fasci sormontati da teschi nerovestiti. Ma il fascismo nella sua essenza non fu solo questo, e se in poche parole vogliamo riassumere la sua origine e il suo sviluppo, dobbiamo cogliere nello stato della politica liberale e nella situazione economica di allora lo scenario nel quale nacque il fascismo, in Italia e non solo. Il fascismo fu la risposta della borghesia e dei ceti finanziari alle lotte dell’intera classe lavoratrice e fu una scelta autoritaria per far pagare i debiti e i costi complessivi della prima guerra mondiale imperialista alle lavoratrici, ai lavoratori e ai ceti meno abbienti. Oggi quando parliamo di fascismo dovremmo sforzarci di comprenderne le cause sicuramente complesse ma chiare nella sua essenza, quelle della genesi della dittatura fascista. Per questo il ruolo dell’antifascismo rimane ancora importante per denunciare i crimini fascisti nelle guerre di aggressione e nella repressione, per combattere le falsità storiche che dilagano, chiarire il pericolo di un ripiegamento autoritario delle istituzioni borghesi e dell’attuale quadro politico. L’antifascismo diviene quindi assunzione di consapevolezza di classe e di responsabilità indispensabile di fronte alla grave crisi che stiamo attraversando. E’ necessario, agli occhi e alle menti, imporsi il distacco dalla bolgia di informazioni falsanti al fine di creare le premesse per la distrazione di massa, per distogliere l’attenzione dal marciume sociale che il capitalismo ha prodotto, sostenuto dai media ridotti ormai a un ruolo da propagandisti del regime attuale.
Oggi il nuovo fascismo lavora su più fronti, sostiene forme di irrazionalismo comportamentale, lavora sul disagio sociale senza proporre soluzioni credibili, propugna forme di tradizionalismo sociale e razzista, è alleato, oggi come ieri, con la malavita e le mafie, combatte ogni forma di allargamento di diritti politici e sociali, mirando alla frammentazione della classe su base etnica, religiosa, nazionale.
Se con il governo Draghi, di fatto un governo di unità nazionale, l’unica opposizione parlamentare è paradossalmente Fratelli d’Italia, abbiamo Regioni da tempo in mano alla destra leghista o, come le Marche, a chi non ha remore a dichiararsi apertamente fascista, in cui le esternazioni istituzionali possono essere considerate folkloristiche ma hanno pesanti conseguenza in tema di diritti, agibilità, salute e sicurezza sociale.
Sappiamo però bene che l’attuale governo Draghi è stato voluto dalla finanza internazionale per trovare soluzioni alla crisi che salvaguardino il capitalismo, riversando l’onere dei debiti sulla classe lavoratrice e sui ceti popolari: è anche in queste dinamiche classiste che vi sono le similitudini con il passato. Quindi poniamo attenzione ai concetti, alle finalità, alle parole e al lessico, alla colonizzazione dell’immaginario che ci vengono continuamente propinate dai media: quando sentiamo dire che siamo in guerra, quando vediamo divise e militari in ruoli da salvatori della patria, significa che abbiamo già superato il livello di guardia, quando le spese militari sono considerate prioritarie a scapito della spesa sociale, quando i ladri e i malfattori vengono premiati e promossi, con il 30 % del PIL prodotto dalle mafie,è il momento di richiamare i veri valori della Resistenza e della Lotta di Liberazione. Se questo è lo scenario, a noi il compito di riattivare il conflitto tra capitale e lavoro e di riscoprire il lascito morale di chi impugnò le armi per combattere il nazifascismo, ma anche per la giustizia sociale. Dobbiamo ricordare, quelle partigiane e quei partigiani, perché seppero dire no alla guerra e al fascismo, dissero no alla Repubblica Sociale e ai suoi codici legali. Scelsero la ribellione, rifiutarono un mondo per costruirne un altro, fatto di pace e di giustizia sociale.
Noi anarchici e libertari restiamo da questa parte della barricata, quella che difende la solidarietà tra sfruttati, noi non abbiamo ancora chinato il capo, sappiamo chi è il nemico, lo riconosciamo anche tra queste fitte nebbie, come dicevano i partigiani nel 1945: morte al fascismo libertà ai popoli.
Alternativa Libertaria/FdCA