Alternativa Libertaria_FdCA

 

Centotrentacinque anni sono veramente molti per continuare a celebrare un avvenimento accaduto negli USA, nella lontana Chicago là dove il primo maggio del 1886 i sindacati statunitensi avevano organizzato uno sciopero e un corteo per rivendicare la giornata lavorativa di otto ore, contro le inumane condizioni di lavoro vigenti nelle industrie americane dell’epoca.

Così descrivono la manifestazione gli storici Boyer e Morrais: “Il corteo si mosse e migliaia di persone incominciarono a sfilare…. In quella massa che sembrava non dovesse mai finire c’erano i “Cavalieri del Lavoro” e membri dell’American Federation of Labor, boemi, tedeschi, polacchi, russi, irlandesi, italiani, neri, cowboy che ora lavoravano in città. C’erano insieme cattolici, protestanti ed ebrei, anarchici e repubblicani, comunisti e democratici, socialisti, e persone semplici, tutti uniti e fermamente decisi per la giornata di 8 ore” (Richard O. Boyer e Herbert M. Morais, “Storia del movimento operaio americano”, De Donato 1977).

Due giorni dopo, il 3 maggio, la polizia caricò senza preavviso e ragione un raduno di scioperanti uccidendo due lavoratori.

Il successivo 4 maggio, a un comizio indetto in Haymarket Square per protestare contro le violenze omicide della polizia, esplose una bomba uccidendo un poliziotto: la polizia reagì sparando all’impazzata, uccidendo sette agenti, quattro manifestanti e ferendo decine di persone.

In un clima isterico, che non nascondeva un’evidente provocazione poliziesca, la repressione scattò implacabile e per i fatti furono arrestati e processati otto operai socialisti e anarchici.

Con una sentenza evidentemente precostituita nonostante la loro innocenza, gli immigrati tedeschi e sindacalisti anarchici August Spies, Adolph Fisscher, George Engel, Louis Lingg e il sindacalista anarchico statunitense Albert. R. Parsons furono condannati a morte e impiccati l’11 novembre del 1887 (Luis Lingg si suicidò in carcere il giorno prima della sentenza.).

Alle esequie dei “cinque martiri di Chicago”parteciparono oltre 200.000 persone.

Nonostante le esecuzioni e la dura repressione che seguì i “fatti di Chicago”, la classe lavoratrice statunitense non si piegò e avrebbe conquistato le otto ore di lavoro nel 1890.

Ma gli echi di quelle lotte sanguinose avrebbero varcato i confini degli USA coinvolgendo la classe operaia di tutto il mondo, e il primo maggio del 1890 milioni di lavoratrici e di lavoratori sarebbero scesi in piazza in numerosissimi paesi con una ferma volontà internazionalista per conquistare le otto ore di lavoro.

Dall’appello ai lavoratori della Gran Bretagna della Federazione nazionale delle organizzazioni operaie, 1° maggio 1890:

“Non si tratta di un problema di numero. Grande o piccola questa manifestazione del 1° maggio è l’affermazione del principio di solidarietà e di unione degli operai di tutti i paesi ed è questo che farà del 1° maggio una giornata unica nella storia del mondo”.

I “martiri di Chicago” erano lavoratori e che come altre e altri provenivano dagli USA, dall’Italia, dalla Germania, dall’Irlanda, dalla Russia, dalla Polonia e da molte altre nazioni, etnie, orientamenti politici, culture e religioni; sapevano che non parlavano per loro individualmente ma per le donne e gli uomini di una medesima classe, quella delle salariate e dei salariati di tutto il mondo.

Oggi il 1 maggio è divenuta una festa istituzionale, celebrata proprio da quei governi che in Europa e nel mondo si distinguono nell’aggredire storiche conquiste del movimento operaio, riportando le condizioni di lavoro a uno sfruttamento selvaggio per la salvaguardia del profitto capitalistico e della sua accumulazione, al fine di scaricare i costi delle crisi economiche, e anche della corrente pandemia,   sulle lavoratrici, sui lavoratori e sulle classi sociali subalterne e più deboli, peggiorando e regredendo le loro condizioni di vita.

Le politiche concertative e di unità nazionale, perseguite dalle forze politiche parlamentari e di governo e anche da quei sindacati che nei paesi a capitalismo maturo hanno moderato le richieste sindacali subordinandole agli interessi dei rispettivi imperialismi, hanno finito per agevolare la gestione capitalistica delle crisi e il riemergere di forme violente di sfruttamento della forza lavoro manuale e intellettuale e l’emergere di forme diffuse di miseria sociale e con essa l’accrescersi delle disuguaglianze che opprimono ancor più le classi subalterne unitamente al perdurare dell’oppressione della donna nel lavoro e nella società.

Così è che si divaricano artatamente le divisioni di classe opponendo l’occupazione alla disoccupazione e al precariato; i giovani agli anziani. La medesima tendenziosa informazione tende poi a far considerare le immigrate e gli immigrati come nemici e non già come sorelle e fratelli di una medesima classe mondiale con interessi comuni, contribuendo al diffondersi del pregiudizio, dell’intolleranza contro ogni diversità,     fino  alla degenerazione della violenza razzista e fascista.

La devastazione ambientale conseguenza di un sistematico sfruttamento capitalistico del territorio e delle risorse naturali ha ormai raggiunto fasi di “non ritorno”, e diffusi e sanguinosi conflitti fomentati dalle potenze imperialistiche in lotta per il predominio nel mercato mondiale sorgono e risorgono nelle aree ritenute strategiche: tutto ciò provoca miseria crescente, fame, sottosviluppo, violenza e morte. E’ in questo quadro drammatico che si susseguono le grandi ristrutturazioni industriali con le deloca- lizzazioni e la conseguente disoccupazione; si sussegue il generalizzato attacco al salario e al contratto collettivo nazionale di lavoro; il dilagare del precariato in un rapporto diretto    azienda/dipendente che tende progressivamente a delegittimare la rappresentanza e sindacale e la sua organizzazione; l’attacco ai diritti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori; lo smantellamento costante e sistematico di ogni servizio pubblico per lasciare spazio alle privatizzazioni e alle ormai diffusissime forme del “welfare aziendale”.

Questa dolorosa e allarmante condizione che ormai caratterizza di ampi settori della nostra classe, che nel mondo ha ormai superato i tre miliardi di salariate e salariati, è aggravata dalla dilagante pandemia e dalle accorte regie che intendono scaricarne i costi sulle classi subalterne del mondo intero.

Ma la lotta per condizioni di lavoro più umane non si arresta in Cina, India e in Thailandia, nel sud est asiatico e in Myammar dove le donne sono in prima fila nelle mobilitazioni contro il recente colpo di stato militare.

Anche la temporanea sconfitta maturata dalle lavoratrici e dai lavoratori dello stabilimento Amazon di Bessemer in Alabama (USA) per la conquista dell’organizzazione sindacale in azienda, è stata preceduta dalla efficace  mobilitazione dei rider di Amazon in Italia che hanno dato vita al primo sciopero al mondo, per   altro riuscitissimo, di una intera filiera Amazon. Così è stato anche in Inghilterra,  Germania, Francia,                     India,           Cina laddove    si                     sono susseguite                scioperi  e mobilitazioni.

Tutto questo rimanda alle profetiche e insu- perate affermazioni del nostro compagno anarchico Albert R. Parsons, pronunciate di fronte alla giuria prima della sentenza di morte:

: ”… Secondo le ultime statistiche, ci sono negli Stati Uniti 16.200.000 operai. Sono questi che con il loro lavoro creano tutta la ricchezza del paese… L’operaio è colui che lavora per un salario e il cui unico mezzo di sussistenza è la vendita della propria forza lavoro quotidiana, ora per ora, settimana per settimana, anno per anno… Questa classe di persone – la classe operaia – che compie da sola tutto il lavoro utile e produttivo di questo paese è alla mercede e alla mercè della classe proprietaria. Come operaio ho condiviso quelle che mi appaiono le giuste rivendicazioni della classe operaia; ho difeso il suo diritto alla libertà, il suo diritto a disporre del proprio lavoro e dei suoi frutti… Questo è il mio delitto. Sono stato infedele e traditore verso le infamie dell’odierna società capitalistica. Se per voi questo è un delitto, confesso di essere colpevole”.

Le vicende del 1 maggio del 1886 e le lotte internazionaliste che seguirono per la giornata lavorativa di otto ore ci ricordano che l’attuale società capitalistica si basa ancora sulla produzione di merci e servizi prodotti dalla forza lavoro manuale e intellettuale, e che non esiste una sola umanità ma sfruttati e sfruttatori.

Ancora oggi i fenomeni migratori spingono masse sterminate di donne e di uomini alla ricerca di migliori condizioni di esistenza. Come ieri hanno a disposizione solamente la loro forza lavoro manuale e intellettuale che si è ormai internazionalizzata e che mette in comune capacità produttive e conoscenze e che dà luogo a una ricchezza sociale prodotta enorme la quale, anziché essere proficuamente impiegata per liberare l’umanità dal bisogno materiale, è concentrata in pochissime mani private.

Questa è la contraddizione che genera tutto il male del mondo.

“La storia del movimento operaio internazionale ci ha insegnato che il conflitto è l’unico strumento per acquisire ruolo e dignita”. Solo la capacita di difendere gli interessi immediati puo determinare condizioni migliori affinché altri e piu generali obiettivi possano essere raggiunti. “

Il percorso è irto di difficoltà ma è necessario procedere verso l’unità delle lotte del moderno proletariato mondiale in tutte le sue componenti di classe, di etnia, di genere e di cultura, recuperando e riproponendo gli insegnamenti del passato per superare le barriere nazionali in una dimensione autenticamente internazionalista.

Anche nel cuore dell’imperialismo europeo è oggi necessario e urgente superare le dimensioni nazionali rilanciando l’internazionalismo, perseguendo obiettivi concreti e unitari quali il salario ela riduzione dell’orario di lavoro a parità di retribuzione, la rappresentanza e l’organizzazione sindacale, iniziando a costruire l’unità delle lotte per i contratti e per il sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori d’Europa.

Per contribuire alla realizzazione di questa prospettiva “Alternativa Libertaria FdCA” si è fatta promotrice di una campagna per il salario e la riduzione dell’orario di lavoro a parità di retribuzione, da intraprendere e perseguire con le organizzazioni politiche comuniste anarchiche e comuniste libertarie d’Europa.

Ancora oggi “il primo Maggio è destinato a portare nel mondo la notizia che la classe lavoratrice sa di avere dei diritti da conquistare”.

Viva la lotta internazionalista del proletariato mondiale.