Alternativa Libertaria_FdCA

Da tempo e da più parti si discute sulla riduzione d’orario, fino a prospettare una settimana lavorativa non più di 5 giorni, ma di solo 4 giornate.

La proposta è stata avanzata da esponenti sindacali, politici, financo governativi in diversi paesi  come Finlandia, Spagna, Giappone, Corea, Francia e Gran Bretagna. A questo significativo  elenco si aggiunge ora la Germania.

Il più grande sindacato tedesco l’IG Metall, che attraverso il suo segretario Jorg Hoffmann, aveva proposto una settimana lavorativa di 4 giorni per sopravvivere ai tagli post Covid, ma soprattutto come risposta alla crisi nel settore automobilistico, ha firmato l’accordo per 700 mila dipendenti della Renania- Vestfalia, prevedendo a breve l’estensione alle altre regioni.

I colossi automobilistici tedeschi, che secondo i dati dell’agenzia federale del lavoro,  hanno 830mila dipendenti, attorno ai quali ruotano altri 1milioni e duecentomila  lavoratori dell’indotto e da soli rappresentano almeno il 5% del Pil tedesco, stanno subendo da tempo una profonda trasformazione dovuta all’introduzione sempre maggiore dell’automazione e della digitalizzazione, vieppiù stimolata dal passaggio verso la mobilità elettrica.

Ecco in sintesi cosa prevede l’accordo.

A parte un “bonus Corona” netto di 500 euro a giugno e di 300 per gli apprendisti a luglio, i salari aumenteranno del 2,3 per cento, ma questi aumenti mensili, tuttavia, saranno accumulati e versati a febbraio 2022 in forma di “pagamento di trasformazione” pari al 18,4 per cento della paga mensile.

Nel 2023 il “pagamento di trasformazione” aumenterà al 27,6 per cento della paga mensile e da allora in poi diventerà un pagamento straordinario annuale ricorrente.

Il “pagamento di trasformazione” del 18,4 per cento nel 2022, e poi dal 2023 del 27,6 per cento di uno stipendio mensile, può essere utilizzato dalle aziende secondo la loro situazione economica.

Le imprese potranno versare quegli aumenti ai loro dipendenti, ma le aziende che si trovassero in difficoltà economiche potranno invece convertire il “pagamento di trasformazione” in più tempo libero per i dipendenti, riducendo così l’orario di lavoro e salvaguardando l’occupazione.

In sostanza la richiesta da parte della Bundesverband der Deutschen Industrie, (la BDI la Confindustria tedesca)  di blocco dei salari per  tutto l’anno 2021 non solo è passata, ma si stabilisce un grave e pericoloso precedente di scambio fra occupazione e salari.

In realtà l’IG Metall aveva già creato una tale possibilità di scelta tra denaro o tempo libero nel 2019, mediante l’aumento contrattuale aggiuntivo. In questo caso le lavoratrici e i lavoratori potevano scegliere individualmente fra l’aumento salariale od otto giornate libere.

Non casualmente, durante la pandemia molte aziende hanno utilizzato anche queste otto giornate  per lasciare a casa i propri dipendenti senza alcun esborso in più con il ricatto di salvaguardare i posti di lavoro.

L’accordo sul nuovo “pagamento di trasformazione” aggiunge a livello aziendale un’altra opzione collettiva fra aumento salariale e tempo libero.

In combinazione con le otto giornate libere, ora è possibile ridurre il lavoro settimanale di tre ore per arrivare così a una settimana lavorativa di quattro giorni. Riducendo l’orario settimanale da 35 a 32 ore, che verrebbero pagate circa 34 ore. Quindi in sostannza una riduzione di orario con riduzione di salario.

A livello aziendale ci sono già i primi casi in cui questo scambio è in atto.

La Daimler,  produttore  di automobili e di  mezzi di trasporto per l’impiego militare e civile come pure per i servizi finanziari, con sede centrale a Stoccarda, che inizialmente aveva dichiarato di voler ridurre i costi fissi di 1,4 miliardi di Euro entro il 2022 a metà luglio ha annunciato tagli ancora più drastici che prevedevano anche licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, nonostante l’esistenza di un accordo che prevedeva garanzie occupazionali fino al 2030.

Nelle trattative con l’azienda l’IG Metall e il consiglio di fabbrica alla fine sono riusciti ad ottenere la conferma della validità delle garanzie occupazionali a fronte di una riduzione dell’orario di lavoro di due ore settimanali per un anno senza compensazione salariale.

Questa riduzione dell’orario di lavoro del 5,71% che partirà da ottobre riguarda l’amministrazione e l’area di ricerca e sviluppo.

Inoltre l’aumento contrattuale aggiuntivo di 400 € fissato dal contratto collettivo di categoria del 2018 sarà trasformato in giornate di ferie.

Anche alla Bosch, azienda multinazionale tedesca, la maggiore produttrice mondiale di componenti per autovettire, oltre che di elettrodomestici che ha rapporti d’affari con pressoché la totalità delle aziende automobilistiche esistenti al mondo, dietro il ricatto del licenziamento e della riduzione del personale l’orario di lavoro settimanale sarà ridotto in modo differenziato.

Per i dipendenti con contratti che prevedono un orario di lavoro settimanale fino a 35 ore è prevista una riduzione dell’orario di lavoro dell’8,57% con una parziale compensazione salariale attraverso l’incremento della tredicesima.

Per i dipendenti che hanno invece contratti che prevedono un orario di lavoro settimanale superiore alle 35 ore è prevista una riduzione dell’orario di lavoro del 10% senza compensazione salariale.

Queste norme valgono intanto per 35.000 lavoratrici e lavoratori nell’area di Stoccarda.

Un altro accordo è stato firmato alla ZF Friedrichshafen, altra azienda multinazionale tedesca produttrice di componenti per l’industria dei trasporti, che in Germania dei suoi totali 150mila dipendenti, ne ha circa 50.000.

Anche in questo caso sono stati esclusi licenziamenti per giustificato motivo oggettivo e chiusure di stabilimenti, ma periodi di crisi e di mancanza di commesse potranno essere gestiti attraverso la riduzione dell’orario di lavoro settimanale.

Per le trenta ore settimanali a parità di paga

Come si evince la battaglia per migliori condizioni lavorative attraverso la riduzione d’orario e consistenti aumenti salariali al fine di  migliorare le condizioni sociali della classe lavoratrice in ogni angolo del capitalismo, anche quello più sviluppato e produttivo come in questo caso quello tedesco, è ancora una necessità storica e politica da perseguire.

La lotta per la riduzione dell’orario giornaliero di lavoro iniziata col sorgere del capitalismo in Inghilterra e che ha progressivamente interessato la classe operaia dei paesi industrialmente più sviluppati dell’Europa, degli Stati Uniti e oggi degli  immensi agglomerati proletari asiatici deve necessariamente perseguire.

L’invarianza del sistema capitalistico interessato esclusivamente ad aumentare il più possibile lo sfruttamento affinchè il plusvalore, destinato ad accrescere il suo capitale, sia il più alto possibile cerca in ogni modo di abbassare i salari e di aumentare l’intensità del lavoro.

Le condizioni di lavoro e il potere di acquisto formano dunque l’oggetto di una lotta durante la quale lavoratori e capitalisti cominciano a schierarsi gli uni contro gli altri. Il pendolo della lotta di classe è cadenzato dai rapporti di forza fra padronato e classe lavoratrice.

Il profitto è l’unico ed il solo motivo per cui il capitalismo esiste. La batttaglia centrale rimane sempre quella di strappare quote di profitto a favore della nostra classe, dei nostri redditi e migliorare le nostre condizioni normative e sociali.

Ciò che occorre organizzare, stimolare, sviluppare è sempre l’inevitabile, necessaria ed incessante battaglia economica a difesa delle condizioni salariali e normative, congiunta con l’altrettanta battaglia contro la disoccupazione.

Sarà proprio il livello di unità che saremo capaci di stimolare e la maggiore diffusione del conflitto sociale a cui la classe arriverà nella sua battaglia generale contro lo sfruttamento che determinerà il livello e lo scontro politico con la borghesia e con gli apparati statali.

Come militanti della lotta di classe, nella nostra pratica politica sindacale dobbiamo favorire, indicare e cercare di costruire comitati territoriali intersindacali per la riduzione d’orario a parità di paga, cercando di avere in queste strutture legami e presenza di giovani e di disoccupati.

Occorre sviluppare nei territori trame significative di solidarietà intercategoriale e intersindacale, dando e sviluppando punti di riferimento politici per le nuove generazioni.

Su queste parole d’ordine vogliamo riprendere la storica lotta del proletarito internazionale, ricollegarci idealmente alla  gloriosa battaglia per le otto ore, riannodare la nostra attuale strategia alla lotta iniziata dai  “martiri di chicago”, e rilanciare una campagna  per la riduzione d’orario a parità di paga e per forti aumenti salariali nella prospettiva di una salario medio europeo che contrasti ogni logica di dumping sociale all’interno del continente europeo.

Ma la riduzione d’orario non dovrà essere scambiata con una presunta garanzia occupazionale, ne tanto meno flessibile, come già abbiamo sperimentato tragicamente in Italia dagli anni novanta  in poi con la pletora dei contratti cosidetti flessibili ed a tempo determinato.

E’ oramai chiaro, tranne forse a qualche sindacalista, che  flessibilità significa precarietà. Occorre casomai richiedere una “rigidità ” degli orari di lavoro giornalieri e settimanali in quanto solo così sarà possibile contrastare efficacemente il fenomeno degli straordinari di fatto obbligatori in molte lavorazioni, così come sarà necessario definire precisamente la disponibilita dei lavoratori oltremodo minacciata oggi dall’introduzione del lavoro agile, il lavoro da casa,  che invece di essere una opportunità maggiore di autonomia rischia di determinare un totale assoggettamento dell’intera  propria vita al ciclo lavorativo,   quindi al  servizio del padrone, privato o pubblico che sia.

Solo là dove non vi è il ricatto occupazionale e salariale è data la possibilità di lotte effettive di solidarietà nella prospettiva del totale affrancamento delle lavoratrici e dei  lavoratori, per un mondo senza più sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Necessità ed urgenza di una battaglia internazionalista

La tecnologia ed il macchinismo riducono drasticamente il lavoro umano determinando da una parte l’espulsione dal mondo del lavoro di tante lavoratrici e lavoratori, e dall’altro  modificando  i ritmi produttivi con grosse ricadute sulla loro salute.

Inoltre il trasferimento di intere produzioni, o di loro parti, nei paesi emergenti, vedi il tessile,  e il calzaturiero, con la progressiva scomparsa dei produttori nei paesi più sviluppati, determina la sempre maggiore necessità della classe lavoratrice di avere una visione e una progettualità internazionale.

La strada dell’unificazione delle condizioni delle masse lavorative al fine di non far diventare il costo del lavoro un fattore di competizione è lunga e tortuosa, data l’elevata differenza delle condizioni salariali e normative a livelllo europeo e mondiale.

La formazione sempre più spinta di oligopoli in vasti settori produttivi, dalla cantieristica militare, alla industria automobilistica, passando per la logistica, per non parlare della grande distribuzione rende ancor più  urgente e necessario riprendere e  favorire  la tradizionale impostazione operaia di favorire il livellamento delle condizioni verso l’alto per evitare quelle verso il basso.

Per questo, in Europa, occorre produrre delle vertenze che vadano oltre i confini nazionali, in una dimensione almeno continentale, in modo da respingere il ricatto padronale che si basa sulla divisione e la concorrenza al ribasso tra gli stessi lavoratori.

Diventa oggi quanto mai importante una battaglia per forti aumenti salariali e per imporre un salario medio europeo per contrastare il dumping sociale all’interno del continente.

Per questo è necessario sviluppare una vasta ed unitaria lotta per una drastica riduzione dell’orario di lavoro a parità di paga, riduzione oggi sempre più attuale viste le innovazioni tecnologiche introdotte nel ciclo produttivo.

All’interno di un mondo sempre più globale diventa vieppiù necessario l’internazionalismo espressione quindi non solo di un ideale etico quanto l’espressione di un interesse economico diretto della classe lavoratrice quale classe universale.

 

Commissione Mondo del Lavoro AL/FdCA