Il 19 luglio 1936 il popolo ottenne una vittoria storica contro un colpo di stato militare che si stava sollevando contro il governo e la Repubblica spagnola. L’insurrezione fu un complotto militare e civile sostenuto da tutti i settori reazionari della società (Chiesa, carlisti, falangisti, conservatori, proprietari terrieri e industriali) e finanziato dai banchieri di destra e persino dall’Italia di Mussolini.
Di fronte a questo complotto ben organizzato per rovesciare un governo, c’era solo una manciata di militari leali e di dubbie forze dell’ordine. Tuttavia, il popolo capì perfettamente il suo ruolo storico e superò ogni previsione di resistenza. Le masse lavoratrici si impadronirono di intere città come Barcellona, Madrid, Gijón, San Sebastián e Valencia.
La sconfitta di questo colpo di stato portò ad una vera e propria guerra civile, dato che i militari avevano trionfato in alcune città e regioni (Navarra, Castiglia, Siviglia, Cordoba, Cadice e Galizia). Avevano l’esercito coloniale dell’Africa e l’appoggio delle potenze fasciste. La vittoria di Franco avvenne grazie all’aiuto internazionale. Nonostante questo, però, la guerra durò 33 mesi.
A causa del golpe, lo stato repubblicano crollò. La spinta delle forze popolari fu tale che la resistenza si trasformò in una vera e propria rivoluzione sociale. Questa rivoluzione fu guidata dalle forze organizzate nella CNT, nella Federazione Anarchica Iberica, nelle Mujeres Libres, nella Federazione Iberica della Gioventù Libertaria e, in misura minore, nel Partito Operaio di Unificazione Marxista, ma bisogna riconoscere che interessò la base di tutti i partiti la cui gente comune partecipò anche al clima rivoluzionario.
Le forze operaie crearono delle milizie con le armi che avevano preso dalle caserme. La spinta popolare respinse le colonne militari fasciste e creò un intero esercito di milizie finanziate essenzialmente dai sindacati, dalle organizzazioni politiche e dai comuni. Nel corso del tempo, il governo centrale creò un Esercito Popolare con l’obiettivo di rispondere al nemico con le proprie armi. Tuttavia, questo esercito mirava a placare lo spirito rivoluzionario delle milizie, il vero “popolo in armi”, e a incanalarlo in una guerra convenzionale.
La rivoluzione era iniziata con la confisca delle imprese e delle terre i cui proprietari erano fuggiti all’estero. La classe operaia si impadronì dei mezzi di produzione, e li mise a regime attraverso i sindacati. Così, nel giro di poche settimane, numerose espropriazioni portarono alla collettivizzazione di fabbriche e campi. Grazie a questa rivoluzione, un’industria bellica fu creata dal nulla. Più tardi queste collettività furono raggruppate nel tentativo di socializzare l’intera economia, obiettivo che non poté essere completato a causa della reazione del governo e dell’emergere di forze controrivoluzionarie (specialmente il Partito Comunista) che lo impedirono. Milioni di persone hanno però preso parte in quegli anni al processo rivoluzionario.
Esempi della costruzione popolare della rivoluzione sociale sono: le collettivizzazioni contadine, attraverso il recupero della proprietà e la gestione comunitaria della terra; le collettivizzazioni industriali e di servizi basate sull’autogestione delle imprese e la pianificazione dei lavoratori attraverso le federazioni sindacali; la scolarizzazione quasi totale della popolazione infantile e giovanile e l’introduzione di una pedagogia basata sui principi di Ferrer y Guardia e sulla pedagogia razionalista e libertaria; il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione (alloggi, salute, infanzia, servizi essenziali…); la promulgazione di norme che stabilirono la coeducazione nelle scuole, l’aborto libero e gratuito, le libere unioni, ecc.. In breve, l’anarchismo e l’anarcosindacalismo iberico riuscirono a mettere in pratica per mesi quelle idee e proposte che avevano sviluppato e per le quali tanto avevano lottato tramite le loro organizzazioni, subendo dure repressioni per decenni, in un esempio di cosa comporta la creazione del Potere Popolare.
Vorremmo anche ricordare che in un altro 19 luglio, ma nel 2012, il Rojava ha dichiarato la sua autonomia dallo stato siriano. L’autonomia curda è anche un processo rivoluzionario, una potente torcia accesa in Medio Oriente. La sua lotta durante i 9 anni di autonomia mantiene alte le aspirazioni rivoluzionarie dei popoli per tutto il tempo. Non possiamo che essere pienamente solidali con la loro lotta.
Il 19 luglio rappresenta la vittoria di un popolo contro una reazione militarizzata e ben preparata. Ci ricorda che la vittoria è possibile. Questa utopia può essere messa in pratica. Evidenzia la nostra forza quando ci organizziamo per vincere. Rappresenta anche l’eterna minaccia dell’intervento imperialista e reazionario delle potenze globali, che non esiteranno a schiacciare qualsiasi processo trasformativo. Per questo, la solidarietà internazionalista e l’estensione di questi processi rivoluzionari ad altri luoghi è essenziale.
ALCUNE LEZIONI DELLA RIVOLUZIONE SPAGNOLA
In primo luogo, potremmo segnalare la necessità del protagonismo popolare e i precedenti processi di costruzione di questo protagonismo, di quello che chiamiamo Potere Popolare e che non è altro che il popolo, le classi oppresse, che prendono in mano la risoluzione di tutti i problemi e le questioni sociali, compresa la lotta per fermare un colpo di stato come quello dei militari reazionari e fascisti.
Fu a Barcellona, e in Catalogna per estensione, che per la prima volta il popolo vinse per le strade, prese le caserme e sconfisse la reazione, il tutto in modo organizzato e pianificato, applicando un alto e complesso livello di azione diretta attraverso i Comitati di Difesa della CNT, sconfiggendo la rivolta fascista. L’esperienza accumulata dalle lotte di strada e dai gruppi d’azione si è espressa in tutto il suo splendore, portando il 19 luglio 1936 Barcellona e la Catalogna nelle mani della classe operaia e dei contadini catalani.
Ma fu lì che cominciarono a manifestarsi i primi problemi e limiti, in un processo che non sarebbe stato semplice e che, come tutti i processi rivoluzionari, era tutt’altro che idilliaco. A Barcellona e in Catalogna si installò una sorta di doppio potere, con la Generalitat che conservava il potere statale e il Comitato delle Milizie e Collettività Antifasciste che appariva come un organismo ispirato dal movimento libertario. Con la forza sociale e la vittoria in mano, la CNT e la FAI permisero il mantenimento degli organismi statali, che si sarebbero poi rivoltati contro la rivoluzione. Non volevano imporre il predominio anarchico – anche se erano la maggioranza – ma d’altra parte, aprivano la porta alle manovre del Partito Comunista e all’intervento dell’Unione Sovietica attraverso di esso.
In questo senso, possiamo segnalare due aspetti da tenere in considerazione: il primo fu quello di permettere il rafforzamento delle forze avverse al processo rivoluzionario, e che cercavano di mantenere la Repubblica come forma di governo. Questo aspetto culminò negli scontri del maggio 1937 in cui la controrivoluzione guidata da comunisti e repubblicani sconfisse politicamente le forze rivoluzionarie.
In secondo luogo andò rafforzandosi anche la realizzazione di organizzazioni popolari in sostituzione dello Stato, permettendo la sperimentazione di nuove e avanzate forme di autogestione e federalismo. In questo senso, lo slogan dell’anarchismo che “guerra e rivoluzione sono inseparabili” era assolutamente corretto. Per milioni di persone, la rivoluzione era una questione essenziale per cui lottare. Come deliberato al Congresso di Saragozza della CNT, praticamente tutta l’economia catalana fu collettivizzata. Ma non appena la Repubblica uccise quella rivoluzione, il morale crollò in tutta la retroguardia. La guerra si ridusse a battaglie tra i due eserciti opposti. Le speranze del popolo si basavano allora sulla mera sopravvivenza in mezzo a un crescente sconforto: nelle retrovie, la fame e la repressione del governo, e in prima linea, le sconfitte militari.
Il dilemma centrale dell’anarchismo spagnolo nel mezzo della Rivoluzione fu circa la partecipazione al governo della Repubblica. Si può discutere sulla saggezza o meno di questa decisione, che contravviene ai principi della nostra ideologia, ma bisogna tener presente che si operava in condizioni avverse sotto diversi aspetti (mancanza di armamenti, scarso appoggio internazionale e minaccia imminente a Madrid) e la situazione del tutto inedita in cui la forza delle organizzazioni anarchiche variava nelle diverse zone del territorio spagnolo.
La principale carenza dell’anarchismo spagnolo in tutto questo scenario fu la mancanza di un’organizzazione politica che avesse una propria strategia e proposte per una situazione così inedita e difficile, e che non fosse legata alle strategie di altre forze politiche. Indubbiamente molto doveva essere concordato, ma è sempre preferibile farlo sulla base del proprio approccio e con le proprie forze.
Il fatto che l’anarchismo non fosse politicamente organizzato in Spagna ebbe un impatto anche nel campo della guerra e dell’azione diretta, poiché su quel piano si sarebbero potute esplorare altre forme di organizzazione della milizia e livelli più complessi (in effetti ci furono diverse proposte in questo senso), senza cadere nella piena militarizzazione dello Stato, che dava il controllo dell’esercito allo Stato (e a chi controllava il governo, con il crescente peso del Partito Comunista) e indirettamente all’Unione Sovietica.
Lungi da noi dire cosa si sarebbe dovuto fare. Uomini e donne del popolo, nostre sorelle e fratelli di idee, che hanno affrontato il fascismo con enorme coraggio, hanno in quella occasione combattuto e dato la vita. Il processo rivoluzionario fu il prodotto della accumulazione delle lotte del popolo spagnolo prima del 1936, lotte che includevano deportazioni, esilio e prigione, ma anche un’atmosfera di dibattito e azione che esisteva tra le classi popolari e i diversi livelli di azione diretta che si sviluppavano quotidianamente. Gruppi come “Los Solidarios” (che nel 1936 si chiamava “Nosotros” e che fu il gruppo leader dell’insurrezione proletaria del 19 luglio a Barcellona attraverso il Comitato di Difesa Locale) in America Latina stavano raccogliendo le risorse economiche per supportare finanziariamente quel processo che già da anni si intravedeva. In questo processo, l’esistenza di un’organizzazione politica anarchica avrebbe fornito un chiaro orientamento a tutti i livelli della lotta e avrebbe permesso di elaborare in modo diverso i dibattiti che si svolgevano all’interno del movimento anarchico. A tal proposito va tenuto presente che l’anarchismo non era l’unica forza esistente e che anche altre forze politiche giocavano e avevano i loro progetti e alleanze politiche.
Mentre l’anarchismo spagnolo si adattava alla difficile situazione in cui si trovava, adottando un programma di unità antifascista, sorsero altri gruppi di opposizione rivoluzionaria, come “Los Amigos de Durruti”. La loro proposta nel maggio 1937 di “un programma e fucili”, proponendo una giunta rivoluzionaria per prendere il potere, era la prova della necessità di organizzazione politica che abbiamo indicato.
Per noi l’organizzazione politica è decisiva, soprattutto in un processo di cambiamento. La nostra organizzazione non è un’organizzazione d’avanguardia, non va avanti al popolo per guidarlo. Al contrario, è un piccolo motore che spinge le organizzazioni popolari, che aiuta, che stimola il popolo ad essere artefice del suo destino e va avanti insieme al popolo, con i suoi problemi e limiti, ma anche con ciò che il popolo è capace di costruire.
Per questo noi anarchici politicamente organizzati parliamo di una concezione inedita del potere. Intendiamo il potere come capacità d’azione del popolo e per questo parliamo di Potere Popolare o altri concetti che esprimono la stessa idea che è il popolo che deve costruire il processo rivoluzionario e la società socialista e libertaria che desideriamo. Questo concetto non ha nulla a che fare con il potere statale, ma piuttosto con la possibilità di distruggere lo stato e sostituire la società capitalista con un nuovo ordine sociale.
L’organizzazione politica, il potere popolare e la convinzione che una società libertaria non si stabilirà dall’oggi al domani dopo la rivoluzione, ma dopo un processo di transizione in cui varie forze continueranno a spingere per il proprio progetto, e in cui gli anarchici devono avere la capacità e la forza di consolidare le nostre proposte, sono elementi chiave di un processo rivoluzionario con un chiaro orientamento anarchico e antiautoritario.
Crediamo, in tutta modestia, che queste possano essere alcune delle lezioni della rivoluzione spagnola per l’anarchismo organizzato. Con la costruzione di una nuova società realizzata – anche se parzialmente, ma che durò fino al 1939 – la gente si abituò a vivere sotto le Collettivizzazioni anche, in alcuni casi, eliminando il denaro e sostenendo lo sforzo bellico.
Bisogna notare che molti dei compagni delle compagne sopravvissuti che si rifugiarono in Francia e furono imprigionati in veri e propri campi di concentramento, presero parte attiva nella lotta contro l’occupazione nazista del territorio francese e furono proprio i militanti anarchici spagnoli tra i primi e le prime ad entrare nella Parigi liberata. Altri compagni e compagne hanno poi continuato a fare attività militante in America Latina e hanno contribuito con la loro esperienza di lotta alle organizzazioni di altre parti del mondo. Molti militanti internazionalisti presero parte sui fronti di battaglia e nella retroguardia, come Simón Radowitzky, che dopo aver scontato una lunga condanna a Usuhaia (Argentina), andò a combattere in Spagna. Come lui, tanti altri hanno continuato a combattere nei loro rispettivi paesi dopo la Rivoluzione.
L’eredità della Rivoluzione spagnola non è un passato morto e sepolto, fa parte della storia e della lotta degli sfruttati e delle sfruttate, dei processi di emancipazione che la nostra classe ha condotto e degli aneliti per un domani diverso per cui si lotta oggi. In Spagna si è sviluppato un po’ di questo, ed è un’esperienza concreta dalla quale i popoli oppressi e i popoli del mondo devono studiare e imparare, trarre conclusioni, constatare i limiti esistenti, ma anche prendere in considerazione il potenziale creativo del popolo in tempi di rivoluzione.
Invitiamo a mantenere viva la sua eredità e il suo lavoro e riflettere su tutte le lezioni che questo ricco processo storico popolare ci lascia.
Nell’85° anniversario della Rivoluzione spagnola,
SALUD!
LA VITTORIA SARÀ DEGLI SFRUTTATI E DELLE SFRUTTATE!!!
VIVA LA RIVOLUZIONE SOCIALE!