CONTRO L’IMPERIALISMO E LE SUE GUERRE
Gli oltre 50 conflitti che oggi insanguinano il mondo nascono in seno alla feroce competizione tra le potenze imperialistiche per il controllodel mercato mondiale.
La guerra in Ucraina scatenata dall’aggressione dell’imperialismo russo, forte militarmente ma debole economicamente, conferma che è giunto a maturazione il processo di ridefinizione delle aree di influenza delle principali potenze capitalistiche e militari, un processo che si realizza inevitabilmente con la
guerra.
Russia e Stati uniti si scontrano nella guerra di Ucraina in un conflitto combattuto per procura per il controllo del mercato euroasiatico nel quale si affaccia la Cina, un capitalismo giovane, dinamico e anch’esso ormai solidamente avviato verso una dimensione imperialistica, che inevitabilmente comporta la corsa al riarmo che già caratterizza altre potenze come il Giappone.
In Russia e in Ucraina non esistono due popoli che si stanno combattendo: nei due paesi continuano invece a esistere un proletariato e una borghesia e sono proprio la borghesia russa e quella ucraina e i loro stati che, avendo interessi inconciliabili, si combattono sul campo di battaglia mietendo vittime civili e trascinando i lavoratori dei rispettivi paesi a massacrarsi a vicenda per interessi non propri.
Quella in Ucraina è una guerra che l’Unione Europea si trova a fronteggiare in una condizione di inadeguatezza strategica rispetto alle necessità proprie dell’acuirsi dello scontro tra le principali potenze imperialistiche. Da qui la sua debolezza. Manonostante queste accresciute contraddizioni e i suoi notevoli ritardi l’Europa rimane, seppure in potenza, un polo imperialistico dotato com’è di una considerevole forza produttiva e finanziaria, di una moneta unica e di una enorme capacità militare: caratteristiche queste che fanno dell’imperialismo europeo una realtà certamente non sottovalutabile, destinata comunque a rimanere in gioco anche all’interno della NATO. D’altronde, nel contesto della guerra in Ucraina, anche l’ONU cede il passo al protagonismo di alleanze militari che, proprio come la NATO, si ergono al servizio dell’imperialismo dominante USA, in contrapposizione all’imperialismo russo e cinese e qualificandosi anche in funzione antieuropea. Il capitalismo pare disposto a giocarsi il tutto per tutto, avvicinandosi sempre più ad una guerra mondiale, con conseguenze catastrofiche inimmaginabili: per questo la guerra in Ucraina deve cessare immediatamente.
In ogni caso la prima vittima sarà l’Ucraina, destinata per decenni ad essere sottoposta alla tutela del vincitore, tutela che prevede la restituzione dei debiti di guerra all’insegna della povertà e dello sfruttamento del proletariato di quel paese, costretto a sottostare alle regole che gli verranno imposte dai nuovi rapporti di forza maturati nello scontro imperialistico tra le potenze.
Da questa situazione non sfuggiranno nemmeno le classi subalterne degli altri paesi capitalisti che pagheranno i debiti di guerra imposti dalle rispettive borghesie, intente a dividersi l’eventuale bottino di guerra.
I leader dei maggiori governi occidentali si sono ripetutamente incontrati con Zelenski, il campione delle democrazie a capo di un governo corrotto che ha messo fuori legge i partiti di opposizione, che ha introdotto leggi che proibiscono lo sciopero e che danno mano libera ai padroni (insomma, proprio come in Russia…), assicurandogli appoggio totale fino alla vittoria. Governi occidentali che si riempiono la bocca
con le parole “libertà e diritto internazionale”, facendo ipocritamente finta di non vedere tutte le altre
guerre e le occupazioni in corso, come in Siria, in Yemen dove gli aerei sauditi bombardano i civili, come in Palestina dove di fatto sono annessi da Israele i territori conquistati con la guerra, senza citare i tanti precedenti conflitti scatenati dalle potenze.
Le immani distruzioni a carico dell’ambiente e della vita stessa; le centinaia di migliaia di vite umane mietute sui campi di battaglia e tra le popolazioni civili delle città bombardate; gli esodi dalle zone belliche di masse enormi di esseri umani disperati che si concludono in ecatombi sulle coste dei paesi del Mediterraneo che li respingono, sono le drammatiche conseguenze di scelte consapevoli delle principali potenze capitaliste in conflitto per la spartizione del mondo.
Non ci schiereremo per una bandiera o per una nazione perché sappiamo che le guerre non sono combattute tra aggrediti ed aggressori: le guerre le vogliono le borghesie capitalistiche e i loro apparati statali per i loro interessi di dominio.
Per noi comunisti libertari l’internazionalismo è e resta l’unico antidoto alla barbarie del sistema capitalista.
La guerra travolge il movimento sociale di opposizione, ma non lo annienta. A poco a poco la fanfara delle illusioni trasmesse dalla propaganda di questo o di quel governo e dei comandi militari si allenta a Roma come a Mosca e a Kiev, a Washington come a Berlino.
Il sistema capitalistico e i suoi stati sono orientati a accumulare profitti accrescendo la dura realtà sociale di miseria crescente, di disuguaglianze e di disoccupazione, di inflazione e di privazioni: in tutto il mondo le spese belliche sono pagate dalle classi subalterne in termini di aumento dello sfruttamento della forza lavoro soprattutto femminile quando nel mondo si contano ogni anno 2.800.000 infortuni mortali sul lavoro, di precarietà e di nuove disuguaglianze, di tagli consistenti ai salari, ai servizi sociali essenziali e alle pensioni. Ma nel mondo cresce e si afferma anche il conflitto tra capitale e lavoro: in Francia contro la riforma delle pensioni così come in Inghilterra e in Germania crescono le mobilitazioni per i rinnovi contrattuali. In questo scenario di crisi nasce e si consolida l’opposizione alla guerra; cresce in termini di diserzione in Ucraina come in Russia; in tutta Europa prende forma l’avversione alle guerre del capitalismo in tutti quei comitati locali che si battono contro le installazioni militari, i poligoni di tiro, la distruzione del territorio, la nefasta presenza del militarismo nelle televisioni e nelle scuole: ovunque stanno nascendo fermenti di opposizione al militarismo e alle guerre dei padroni.
Affidare ai parlamenti e alle istituzioni borghesi le funzioni e le prospettive dei movimenti di massa e dell’organizzazione sindacale (sia pure considerando quest’ultima riformista, come è il sindacato nella società capitalistica), significa sostituire alle dinamiche dello scontro tra le classi la logica concertativa che, con la moderazione delle richieste sindacali e del conflitto nella prospettiva delle compatibilità con il sistema capitalistico e del perseguimento dell’interesse dei rispettivi imperialismi, divide l’unità della nostra classe e allontana la costruzione di una consapevolezza di classe per l’evoluzione del proletariato internazionale “da classe in sé a classe per sé”, verso l’ambiziosa ma esaltante prospettiva internazionalista.
Le lavoratrici e i lavoratori non hanno alcun interesse a partecipare alle guerre del capitale, comunque esse siano rappresentate. In merito alla guerra in Ucraina e a tutte le guerre diciamo che non ci schieriamo con le parti in conflitto e sosteniamo la diserzione.
Lottiamo perché siano aperte le frontiere per permettere di fuggire ai combattenti e alle persone che non vogliono morire e non vogliono combattere una guerra che non è la loro. Ogni donna e ogni uomo ha il diritto di fuggire dalle guerre, dal dolore, dalla miseria e dalle dittature che queste impongono.
Siamo quindi per l’accoglienza incondizionata di tutti gli esseri umani che fuggono dai propri paesi sconvolti dalle guerre del capitale per costruirsi una vita migliore e più giusta. Sono sorelle e fratelli della nostra stessa classe con cui intraprendere un comune percorso di liberazione dal capitalismo.
In questi tempi di guerra esprimiamo in particolare solidarietà a tutti i disertori e a quanti si ribellano al militarismo e alle spese militari, nelle zone di guerra e nei paesi nei quali viviamo. In Europa le frontiere devono essere aperte e vogliamo che le nostre reti di solidarietà a sostegno della diserzione vengano rispettate. Le lavoratrici e i lavoratori non hanno bisogno delle guerre, l’internazionalismo di classe è ancora una volta l’antidoto al militarismo e al nazionalismo.
Senza il superamento del capitalismo, della logica della competizione, del profitto e della sua accumulazione non vi sarà nessuna possibilità per gli esseri umani di prendere in mano le proprie vite per la costruzione di una società basata sulla pace, sulla libertà e sull’uguaglianza.
Contro il nazionalismo e i rigurgiti nazifascisti; contro ogni forma di autoritarismo, di razzismo, di patriarcato e di intolleranza, strumenti questi da sempre usati dalla borghesia quando si tratta di fare pagare il conto delle guerre alle lavoratrici e ai lavoratori, esprimiamo pieno sostegno ai disertori, agli oppositori e a chi rivendica il diritto di non partecipare al macello imperialista.
Contro le guerre per
l’internazionalismo
No all’invio di armi
Sì all’accoglienza ed al soste-
gno ai disertori russi e ucrai-
ni e ai profughi di tutte le
guerre
Per una società
comunista libertaria