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dentiVulnerabilità sismica e lacrime di coccodrillo

Il terremoto è un evento naturale diffusissimo sul nostro pianeta.

In un anno se ne registrano nel mondo circa un milione, di cui alcune migliaia sono abbastanza forti da essere percepite dall’essere umano, ma di cui solo qualche decina è in grado di causare gravi danni. Per fare qualche esempio generalmente avvengono più di 14000 terremoti all’anno con M > 4 e più di 130000 con M > 3. Se per ogni territorio riuscissimo a definire in maniera sufficientemente precisa l’energia di un terremoto ed a stabilirne in modo preciso il tempo di accadimento, avremmo risolto il discorso della previsione dei terremoti. Ma ciò non è possibile sia perché non abbiamo un arco temporale sufficientemente rappresentativo di osservazione scientifica degli eventi sismici, e sia perché, alla luce delle attuali conoscenze pare che i terremoti che si susseguono in un determinato territorio non siano assolutamente periodici.

L’unica previsione a lungo termine che si può fare è quella storico-probabilistica che viene impiegata per definire la pericolosità sismica di base di una determinata area, e che è funzione della probabilità di superamento di un determinato livello energetico del sisma, in un determinato intervallo di tempo.
Anche perché sul versante della previsione a corto termine non siamo messi benissimo; poco di preciso si sa infatti sul comportamento dei precursori sismici, tutti quei fenomeni che sembra possano in qualche modo preavvisare un evento sismico di grande dimensione. Sembra infatti che l’aumento della concentrazione del gas radon o il manifestarsi di sciami sismici, o il conclamarsi di altri fenomeni che a volte anticipano i terremoti non sempre preannunciano scosse importanti e
inoltre che molti eventi catastrofici che si sono verificati negli ultimi anni
non sono stati purtroppo preannunciati da alcun fenomeno precursore.
L’unico aspetto, quindi, su cui si può fare leva per difenderci da questi eventi naturali è la prevenzione, ossia prevedere i loro effetti. E cosa significa fare prevenzione rispetto ai terremoti?
Dal punto di vista della prevenzione contro gli effetti del terremoto, inquadrare una determinata area e considerare l’interazione fra il terremoto, le opere umane e le persone presenti sull’area, significa definirne il Rischio Sismico.
Il Rischio Sismico quantitativamente è espresso dal prodotto di tre grandezze: pericolosità, vulnerabilità ed esposizione.
La pericolosità sismica è una grandezza oggettiva, indipendente dall’intervento umano, ed è la probabilità che si verifichi, in una data area, entro un dato periodo di tempo, un terremoto di una data energia; la vulnerabilità sismica esprime la propensione delle opere costruttive umane a resistere ai terremoti; la vulnerabilità, a differenza della pericolosità, è una grandezza soggettiva perché dipende dalla qualità con cui vengono costruiti gli edifici; infine l’esposizione, anch’essa una grandezza soggettiva, rappresenta la presenza di popolazione, strutture, infrastrutture, attività o comunque beni in termini di vite umane, economici, storici e strategici che possono essere danneggiati da eventi sismici.
Consideriamo le implicazioni di queste grandezze a livello sociale.
La pericolosità sismica esprime quindi, per una determinata area o per una determinata costruzione, il terremoto che ci si può aspettare in termini energetici in un determinato periodo di tempo. Essa dipende essenzialmente da due gruppi di condizioni al contorno: il primo, che definisce la pericolosità sismica di base, è caratterizzato dalla posizione dell’area, o dell’edificio, rispetto alle zone sismogenetiche (le aree dove si generano i terremoti); il secondo, che definisce gli effetti sismici locali, è caratterizzato dalle caratteristiche geologiche e topografiche del sito dell’area o dell’edificio considerati.
La pericolosità sismica di base viene definita con metodologie storico-probabilistiche: vengono prima ricostruiti i cataloghi storici degli eventi che successivamente vengono trattati con criteri probabilistici e spalmati sul territorio dopo essere stati sottoposti a leggi di attenuazione.
Si capisce che a seconda dei criteri probabilistici e delle leggi di attenuazione impiegati, possono derivare, per un medesimo territorio, diverse classificazioni.
Per definire al meglio la pericolosità sismica (ossia ricordiamo l’energia di un terremoto in funzione dell’intervallo di tempo considerato) vanno considerati anche i già accennati effetti sismici locali, dipendenti come abbiamo visto dalla geologia e dalla topografia di un certa area.
Alcune tipologie di terreni hanno infatti la capacità di amplificare l’ampiezza delle onde sismiche e di modificarne le frequenze, in funzione dei loro spessori e delle loro caratteristiche geofisiche; inoltre i fenomeni di amplificazione si verificano anche in determinate condizioni morfologiche (pendii ripidi, creste affilate, fondo valli stretti, ecc).
A questi effetti vanno poi aggiunti altri fenomeni locali legati al sisma come le frane indotte ex novo o riattivate in seguito allo scuotimento ripetuto e continuato di suoli instabili; la liquefazione dei terreni che si verifica in determinate condizioni geotecniche ed idrogeologiche, in seguito a carico ciclico causato dalle onde sismiche su sedimenti immersi in falda; la fagliazione che si verifica quando le rotture che generano il terremoto arrivano fino in superficie ad interessare le opere umane.
Ora, se per la determinazione della pericolosità sismica di base del territorio italiano si può al limite discutere e obiettare sui criteri utilizzati nel definirla, per quanto riguarda la definizione degli effetti sismici locali siamo ancora indietro, e non per un’arretratezza delle teorie e delle tecniche scientifiche al riguardo, quanto invece per una colpevole ignavia di molte amministrazioni pubbliche competenti e per una generale resistenza dei proprietari delle strutture costruttive, privati o pubblici che siano.
E questo dovrebbe essere un aspetto da non trascurare visto che gran parte degli edifici delle grandi città italiane, compresi edifici sensibili come scuole ed ospedali, sono situati su aree suscettibili di amplificazione sismica.
Quindi, se dal punto di vista della pericolosità sismica di base (macrozonazione) siamo messi non malissimo (pur con tutti i limiti legati alla scelta dei criteri probabilistici per definirla ed a quelli legati ai limiti delle conoscenze storiche degli avvenimenti sismici) e per quanto riguarda la conoscenza degli effetti sismici locali siamo indietro, dal punto di vista della Vulnerabilità sismica siamo messi malissimo. (Ricordiamo che la Vulnerabilità sismica di un edificio è data dalla sua propensione a resistere ad un terremoto di una certa energia e determinato contenuto in frequenza).
Non raramente infatti si sentono diversi tecnici delle amministrazioni locali ammettere candidamente di non conoscere la Vulnerabilità sismica della stragrande maggioranza degli edifici dei propri territori di pertinenza. E non solo di quelli relativi alle abitazioni private, ma anche dei vari edifici sensibili come scuole ed ospedali.
Il problema è enorme se si considera il fatto che più del 50% del patrimonio edilizio italiano è stato costruito prima che ci fosse una precisa normativa antisismica, ed anche molti edifici relativamente nuovi sono stati costruiti senza criteri antisismici, perché costruiti prima del 2003, prima cioè che il loro sito fosse classificato con una classe di pericolosità sismica maggiore rispetto a prima.
Se vogliamo fare un altro esempio calzante rispetto al problema della Vulnerabilità sismica, in Italia abbiamo un’edilizia scolastica che per più del 60% è costituita da edifici costruiti prima che, in fase progettuale, venisse presa in considerazione quantitativamente qualsiasi azione sismica. Ma a mio parere non possiamo essere certi di quelli costruiti anche quando le normative tecniche relative alle azioni sismiche erano state delineate perché sappiamo bene come si è sviluppata ad esempio l’edilizia romana negli anni ’70 e ’80 del secolo passato.
È chiaro che ci troviamo di fronte ad un enorme problema di valutazione della reale ed attuale Vulnerabilità Sismica e del conseguente adeguamento delle vecchie strutture alle nuove normative.
E se si vuole affrontare il problema in maniera seria e reale, andrebbero approntate delle indagini strutturali con lo scopo di: verificare la qualità dei materiali impiegati nella costruzione della struttura, verificare la funzionalità degli elementi strutturali che compongono la struttura, verificare la funzionalità della struttura in toto. E una volta verificata l’eventuale incompatibilità della struttura a resistere alle azioni del sisma, questa andrebbe adeguata aumentandone le resistenze.
Ma abbiamo anche imparato sulla nostra pelle che la sicurezza sociale nei territori è spesso, se non sempre, sacrificata sull’altare del profitto e degli euro-sacrifici.
Anche perché in realtà le risorse tecniche ed economiche per affrontare la problematica del rischio sismico e degli altri tipi di rischi ambientali ci sono.
Bisognerebbe sottrarle alle amministrazioni statali, centrali e periferiche, che le sprecano nel mantenere l’esercito del consenso all’interno delle aziende pubbliche o a capitale misto o nel mantenere gli eserciti propriamente detti in giro per il mondo a garantire quella pace essenziale agli affari delle multinazionali, bisognerebbe sottrarle dalle cifre che vengono regalate agli imprenditori delle finte cooperative con le esternalizzazioni dei servizi, o a quanto viene distribuito ad un imponente esercito di dirigenti totalmente inutili alla collettività.
Per non parlare degli enormi costi della politica rappresentativa.
Con il beneplacito delle amministrazioni e la tracotanza delle lobby affaristiche si continua a disseminare il nostro territorio di costruzioni inutili alla collettività, sottraendo risorse che potrebbero essere impiegate per migliorare e aumentare la sicurezza sismica delle nostre scuole, ospedali e case. Non aspettiamoci nulla da chi ci amministra. Dopo le lacrime di coccodrillo tutto tornerà come prima.

Zatarra – AL Roma

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