Alternativa Libertaria_FdCA

A dispetto di tutti gli scenari futuristi, post fordisti, di un capitalismo prevalentemente “cognitivo” e chi
più ne ha più ne metta etc.. il lavoro, quello fisico ed effettivo, quello che aggiunge valore, per esprimersi
come si esprimono i padroni, è ancora una volta il terreno di scontro reale della lotta di classe fra
padronato e lavoratori.
Bonomi, il nuovo capo di Confindustria, invitato all’interno dell’ultimo evento organizzato dalla CGIL
“Futura 2020”, evento discutibile ed organizzato senza alcun coinvolgimento dei lavoratori, ribadisce che
per i prossimi rinnovi contrattuali il terreno su cui i padroni sono disponibili a discutere è una aumentata
produttività aziendale, che se raggiunta potrà dare anche qualche briciola di salario accessorio in più e
maggiore “welfare aziendale” che oltre a fidelizzare i lavoratori all’azienda e quindi al padrone, risulta
fiscalizzato, quindi economicamente conveniente, oltre a rappresentare ulteriori e nuove possibilità di
mercati per i padroni di aziende sanitarie private, di cui lo stesso Bonomi è uno dei maggiori esponenti.
Diventa quindi importante tornare a discutere o riduscutere di temi che nella letteratura politica sindacale
sembravano scomparsi,ma che nella realtà rappresentano uno dei temi su cui il padronato non ha mai
smesso di misurarsi: i tempi e i modi di lavoro e la sua così detta saturazione.
La determinazione del tempo necessario di lavoro, atto a produrre una certa quantità di beni materiali è,
fin dagli albori della prima rivoluzione industriale, una delle questioni più rilevanti messa a tema dalla
teoria economica rispetto alla dinamica della produttività del lavoro
Ai fini del calcolo del valore economico di un bene o servizio, la quantità di lavoro utilizzata nella
produzione è misurata oggettivamente come quantità di tempo necessario di lavoro speso nella
produzione (secondi, minuti, ore etc.).
Il valore di un bene o servizio viene perciò a dipendere dal tempo medio di lavoro necessario atto a
produrlo, dato un certo stock di capitale fisso, ferme restando tutte le altre condizioni.
In tale ottica, un aumento o una diminuzione del tempo necessario di lavoro determina un aumento o una
riduzione del valore del bene, che si manifesta visibilmente in natura con un tendenziale incremento o
diminuzione del prezzo.
L’analisi della disciplina dei tempi di lavoro consente così di comprendere in qualche misura il
meccanismo endogeno di formazione del prezzo e quindi spiegare le cause profonde che governano la
concorrenza tra le imprese nel mercato. In altri termini, spiegare perché alcune aziende, a parità di tutte le
altre condizioni, forniscono beni e servizi a un prezzo inferiore rispetto ad altre: dunque, perché alcune
imprese sono più competitive e altre meno, perché alcune imprese falliscono ed altre sono profittevoli.
Nell’ottica di ridurre i tempi necessari di lavoro e acquisire o conservare un vantaggio competitivo nel
mercato, in molte aziende sono operativi dei sistemi di misurazione della performance atti a definire un
tempo efficiente di lavoro per ciascuna mansione (1)
Ecco perchè la maggiore o minore saturazione dei tempi di lavoro sulle linee, intendendola come la
quantità massima di lavoro assegnabile a ogni operaio in rapporto ai tempi di cadenza delle linee di
montaggio, è suscettibile di determinare maggiore o minore occupazione.
Abbiamo in parte già affrontato questa discussione (2) verificando come, nell’aziende ex FIAT ora FCA,
proprio attraverso le trasformazioni dei metodi lavorativi introdotte dal World Class Manufacturing
(Wcm) e dal sistema Ergo-Uas vengono recuperate ore di lavoro a scapito dell’occupazione e con il
risultato di logorare fortemente sia fisicamente che psicologicamente i lavoratori e le lavoratrici.
In quel caso facevamo l’esempio di un aumento della saturazione dell’orario di lavoro che passando
dall’84% al 98% su una giornata lavorativa di 7 ore determina lavorare un ora di più.
L’importanza di questo sistema lavorativo si può dedurre visitando il sito ufficiale della FCA dove in
epigrafe si piò leggere:

“Il World Class Manufacturing (WCM) è un sistema di
produzione rigoroso e integrato che fa leva sul
coinvolgimento e sulla crescita delle persone nei vari
stabilimenti FCA nel mondo. È alla base non solo dei nostri
processi produttivi ma soprattutto della nostra cultura
industriale.
L’obiettivo del WCM è quello di soddisfare le esigenze del
cliente coinvolgendo e motivando i dipendenti a ogni livello
dell’organizzazione. Benché la tecnologia sia importante,
investire nelle persone è ciò che realmente conta per
raggiungere l’eccellenza nel nostro sistema
produttivo…..Siamo fermamente convinti che per raggiungere e mantenere livelli World Class in ogni
aspetto del processo produttivo sia necessario formare leader competenti a tutti i livelli
dell’organizzazione, leader che siano in grado di soddisfare le necessità di un sistema di produzione
ideale.”
Il WCM, nelle intenzioni dei suoi sostenitori, si dovrebbe distinguere dai modelli organizzativi del
passato prevedendo l’introduzione di gerarchie piatte e il lavoro a squadre (con la creazione della figura
del team leader), l’attivazione di diversi meccanismi partecipativi dei lavoratori, l’aumento della sicurezza
e della salubrità dell’ambiente fisico di lavoro e l’arricchimento e allargamento delle mansioni.
Il tutto accompagnato da una dinamica di regolazione che mette in competizione tra loro squadre di
lavoro, aree di produzione e stabilimenti produttivi dello stesso gruppo.
Il 24 0ttbre 2020 è’ stata presentata all’Umanitaria di Milano, la ricerca/inchiesta FIOM sul il volume
“Lavorare in fabbrica oggi”, edito da Feltrinelli, che sintetizza due anni di ricerca sulle condizioni di
lavoro nelle fabbriche italiane dell’automotive, a partire dalla percezione dei protagonisti.
La ricerca indaga proprio le condizioni di lavoro negli stabilimenti FCA-Cnh dopo le trasformazioni
introdotte dal World Class Manufacturing (WCM) e dal sistema Ergo-Uas e fa emergere un quadro ben
più complesso e articolato rispetto a quello descritto dalla retorica dominante.
I due terzi (65,2%) degli operai Fca che hanno risposto al questionario hanno giudicato insostenibili i
tempi di lavoro.
Il modello WCM in FCA collegato alla lista di controllo per l’analisi dei fattori di rischio, il cosi detto
Ergo-Uas riduce drasticamente i fattori di maggiorazione che permettevano agli operai di respirare.
Questa metodologia riduce i fattori di riposo aumentando in modo netto le saturazioni dei tempi (che oggi
sfiorano il massimo teorico del 100%), intensificando ritmi e aggravando i carichi di lavoro rispetto al
sistema precedente.
La combinazione di WCM e Ergo-Uas fa sì che l’intera organizzazione del lavoro nelle fabbriche FCA è
caratterizzata da una forte compressione dei tempi destinati alle diverse operazioni che fanno parte del
processo produttivo.
Tutti i movimenti dell’operaio, persino i suoi bisogni fisiologici, sono programmati e subordinati ai
movimenti e ai tempi delle macchine, in modo da ridurre drasticamente le pause e i momenti di respiro
dei lavoratori.
Il lavoro di fabbrica presenta degli interstizi, dei tempi non operativi, delle attese, dei movimenti, delle
piccole pause fisiologiche che il padronato tenta costantemente di eliminare rendendo l’intero orario di
lavoro produttivo di valore, intensificando e accrescendo la saturazione dei tempi, rendendo più
produttivo di valore il tempo di lavoro per mezzo delle nuove forme di organizzazione del lavoro e dei
moderni mezzi di produzione.
Spinto dalla concorrenza internazionale e dalla ricerca del massimo profitto, il capitale spreme infatti
l’operaio per comprimere una massa maggiore di lavoro entro un dato periodo di tempo aumentando lo
sfruttamento degli operai accorciando il tempo di lavoro socialmente necessario per produrre una data
quantità di merci.
In questo modo si riduce il tempo di lavoro necessario a creare un valore pari a quello della forza lavoro
dell’operaio. Tale accorciamento del tempo di lavoro necessario, come abbiamo visto prolunga il
plusvalore relativo, che è il mezzo usato dai capitalisti per incrementare il grado di sfruttamento
dell’operaio senza modificare la durata della giornata di lavoro, o detto altrimenti per aumentare la
produttività del lavoro.
“I lavoratori italiani sono fra i più impegnati al mondo, con punte che toccano il 90% dei livelli di
saturazione dell’orario lavorativo”, ricorda Scipioni responsabile dipartimento innovazione e territorio
Cgil Milano.

E in più afferma : “Un’azienda del vicentino ha provato a ridurre la saturazione del 10% riscontrando un
bisogno del +12,5% di ore lavorative. Ossia, un lavoratore ogni otto. Da qui si potrebbe partire per una
nuova impostazione”.(3)
Nonostante queste affermazioni la pratica e la strategia sindacale maggioritaria non risente minimamente
di queste riflessioni. Così come nel dibattito e nella prassi per il rinnovo dei prosssimi contratti di lavoro,
che vede coinvolti oltre 10 milioni di lavoratori, i diritti economici e normativi vengono costantemente
scambiati e sacrificati nei confronti dei profitti aziendali.
Così assieme ai profitti aumentano la miseria operaia, il logorio psicofisico, i danni muscolo-scheletrici,
lo stress, gli infortuni, etc.
Per questo, come militanti della lotta di classe, dobbiamo cercare di unificare le lotte per i rinnovi
contrattuali, nel tentativo di rispondere complessivamente al padronato sapendo che solo la nostra
capacità di unire il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, senza lasciare isolata alcuna categoria o
alcun settore merceologico, può riuscire a ribaltare rapporti di forza sempre più oramai favorevoli al
padronato.
Eventuali diritti acquisiti, cosi come miglioramenti normativi o economici di una singola categoria o di un
singolo settore merceologico, se non generalizzati sono destinati a essere limitati ed a ridursi, oltre che ad
essere nel presente elemento di ulteriore divisione della classe.