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Durante il consiglio dei ministri di venerdì 23 aprile 2021 Mario Draghi ha presentato il recovery plan che introietterà qualcosa come 248 miliardi di Euro nel sistema Italia, con la speranza di far ripartire il quadro economico compromesso dalla crisi pandemica. Di questa pioggia di soldi, 191 miliardi sono quelli stanziati dall’Europa, mentre i 30,6 miliardi verranno finanziati con il deficit,

Il recovery plan è stato da più parti descritto come una sorta di piano Marshall europeo per modernizzare le pubbliche amministrazioni e dare un impulso deciso verso l’economia verde. Il ruolo di Mario Draghi sarà quello di gestire e distribuire le risorse, che andranno prevalentemente al settore privato.

 

Il governo da lui presieduto viene sostenuto dalla stragrande maggioranza delle forze parlamentari, proprio perchè quasi nessuno vuole rimanere escluso quando si tratterà di mettere mano ai soldi. Lo stesso Matteo Salvini, in quella che si ricorda come la sua “svolta europeista” quando ha garantito la fiducia all’esecutivo Draghi, ha dichiarato che con una tale mole di denaro in arrivo è meglio stare dalla parte di chi deciderà l’utilizzo dei fondi.

 

Venendo al piano, il grosso della fetta del recovery (più o meno il 30%) andrà al green, il 22% alla digitalizzazione e all’innovazione tecnologica, il 17% all’istruzione e alla ricerca, il 13% alla mobilità sostenibile e l’8% alla sanità; le percentuali escludono i 30 miliardi aggiuntivi. In totale si contano 36 azioni da suddividere nelle varie fasce.

Andando oltre quelle che sono le cifre, peraltro passibili di modifiche strada facendo, non si può non vedere che la parte del leone la fanno la digitalizzazione del sistema Italia e le economie sostenibili.

 

Se a prima vista l’innovazione tecnologica e l’implemento delle tecnologie smart nelle pubbliche amministrazione, nelle scuole e nelle strutture pubbliche in generale può sembrare un ottimo incentivo per rendere più snelle molte procedure sclerotizzate, non risolve i problemi strutturali di una pubblica amministrazione che avrebbe piuttosto bisogno di una sempre invocata semplificazione e razionalizzazione normativa, e pone problemi di controllo sicuritario e di uguaglianza sostanziale tutto da affrontare. Totalmente taciuti invece i costi ecologici ed energetici  delle nuove tecnologie, costi in continuo aumento, già enormi, a partire da quelli primari di estrazione dei minerali, con il loro carico di ipersfruttamento nei paesi più poveri.

 

Alle guerre per il petrolio si stanno già aggiungendo le guerre per le materie prime di costruzione degli hardware e dei dispositivi elettronici. Inoltre il consumo di elettricità necessario per alimentare calcolatori sempre più complessi sta gravando sul riscaldamento globale più di quanto si fosse immaginato.

 

Detto quindi di una digitalizzazione che cozza con lo spirito green insito nel Pnrr, non possiamo fare a meno di notare che una fetta imponente dei miliardi dell’UE andranno a finanziare le nuove economie circolari, le energie alternative( riaprendo la possibilità dell’uso dell’energia nucleare come fonte energetica green) , la mobilità sostenibile, che tradotto significa che pioveranno miliardi principalmente su aziende già ricchissime che, nel migliore dei casi, utilizzeranno fondi destinati alla socialità per implementare e differenziare la loro presenza sui mercati, facilitando loro la transizione dalle energie fossili a quelle rinnovabili ad esempio, oppure sbloccando dei grandi cantieri ferroviari e portuali fermi da anni anche per l’opposizione delle popolazioni interessate dai lavoro, come nel caso del TAV in val di Susa.

 

Una parte verrebbe anche destinata per rinnovare la capacità e i sistemi d’arma a disposizione dello strumento militare, come denuncia la Rete Italiana Pace e Disarmo; risorse e ricerca che verrebbero spostate al settore militare, senza dichiararlo esplicitamente, e che andrebbero  ad aggiungersi ai 27 miliardi di euro con i quai già  viene ampiamente finanziato dal governo.

 

Naturalmente non ci si aspettava né da Mario Draghi né da Giuseppe Conte – i cui piani per la gestione dei fondi europei differiscono in maniera minima – una qualche prospettiva differente che anche solo ripensi il sistema capitalista; rimane il fatto che questa green economy si dimostrerà un potente cavallo di Troia affinchè il grande capitale passi come salvatore della patria, mentre è vero il contrario, ovverosia che dalla rivoluzione industriale in avanti questo sistema produttivo ha creato benessere per pochi, ciclicamente elargisce qualche prebenda per dimostrare che il sistema funziona, ma di norma sfrutta lavoro e ambiente, producendo povertà sociale ed ecologica. Per questo motivo, per dirla con lo storico dell’ambiente Jason W. Moore, preferiamo parlare di “Capitalocene” invece che di un generico “Antropocene” che incolpa ogni essere umano dei disastri ambientali, dimenticando che la divisione in classi della società capitalista e quindi lo sfruttamento dell’uomo e delle risorse, è il motore che spinge il mondo verso la rovina.

Proprio per evitare questa rovina si stanno provando le cosiddette soluzioni green, che altro non sono se non tentativi con il quale i padroni del vapore stanno cercando di rimanere in sella e di continuare a mettere a profitto le risorse naturali del pianeta al solo scopo di arricchirsi ulteriormente.

Naturalmente è chiaro che una vettura elettrica è preferibile ad un vecchio diesel euro zero, oppure che il recupero dei rifiuti per essere avviati a rigenerazione sia meglio che bruciarli e sotterrarli, ma questo ragionamento fatto da praticamente tutte le forze politiche (perlomeno quelle di area parlamentare) e da moltissimi analisti non considera mai l’opzione a monte di tutto: per rielaborare un rifiuto e reimmetterlo sul mercato come nuovo prodotto occorre spendere un’enorme quantità di energia, senza contare che la seconda legge della termodinamica ci insegna che ad ogni trasferimento o trasformazione di energia, la sua qualità diminuisce e bisogna quindi utilizzarne di più per mantenere una qualità accettabile.

 

Presentare il rilancio dei consumi come opzione ecologicamente sostenibile, è  paradossale, che non significa tornare all’età della pietra e della caccia per sopravvivere, ma semplicemente porre un freno all’accelerazione esponenziale della produzione di merci  che drogano il mercato e infettano l’ambiente.

 

Alla fine la sintesi perfetta del Pnrr l’ha data l’edizione de Il Foglio del 24 aprile, che in prima pagina titola “Il recovery è un capolavoro neoliberista”. Un capolavoro che ancora una volta lascia la sanità con il cerino in mano, il che è sconcertante dato che questi fondi sono stati elargiti per favorire una ripresa economica dovuta ad una pandemia globale dalla quale ancora non si vede una via d’uscita certa. Così come è sconcertante che si faccia passare in carrozza l’ennesimo attacco alle lavoratrici ed ai lavoratori, con la soppressione della quota 100 e l’inevitabile innalzamento della soglia dell’età pensionabile, provvedimento sociale nascosto in mezzo ai molti provvedimenti economici. Così come è sconcertante il fatto che, non contento della mole di investimenti in infrastrutture, il governo Draghi abbia contestualmente varato  un piano straordinario che prevede 83 miliardi di investimenti per sbloccare le grandi opere.

Nel suo “Reincantare il mondo” (Ombre corte), l’attivista femminista Silvia Federici scriveva: “Non possiamo cambiare la nostra vita quotidiana senza cambiare le istituzioni e il sistema politico ed economico in base al quale sono strutturate”. Prendendo a prestito la citazione, continuiamo a credere che le riforme, anche quelle strutturali, siano utilizzate dal capitale per perpetuare il proprio potere soprattutto in tempo di crisi e che, sebbene possano portare qualche minimo beneficio, alla lunga verranno pagate con gli interessi dalla classe lavoratrice. Rimaniamo quindi convinti che l’unico vero atto che possa cambiare le sorti delle classi oppresse rimanga il superamento del sistema capitalista, sistema che la green economy invece non solo difende a spada tratta ma rafforza dandogli una mano di verde che fa chiudere gli occhi sullo sfruttamento intensivo che, oggi come ieri, sta dietro ad ogni pratica di estrazione del plusvalore.

 

109° Consiglio dei delegati Alternativa Libertaria/FdCA – maggio 2021