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I DIRITTI SI CONQUISTANO COLLETTIVAMENTE E SOLO DI PARI PASSO ALLE CONQUISTE SOCIALI

Aumenta tutto tranne lo stipendio, Confindustria ora pagate voiIn Italia alle scorse elezioni amministrative non ha vinto la destra ma, più verosimilmente, ha perso il centro sinistra (CS).
Quale conseguenza della sconfitta subita dalle classi subalterne nel nostro paese e complice una legge elettorale iniqua a suo tempo condivisa e sostenuta anche dal CS, è giunta al governo una minoranza reazionaria che esprime appena il 27,9% delle aventi e degli aventi diritto al voto, in considerazione dell’astensionismo pari al 39,5%.
FdI, quello che si è qualificato come il primo partito, esprime in realtà circa il 15,7% dei voti reali.
Ci governa quindi una coalizione reazionaria fortemente minoritaria anche secondo i canoni della democrazia borghese.
Ma non è solo una questione di percentuali: l’attuale governo non esprime una forte coalizione dei settori moderati e reazionari dello schieramento borghese e piccolo borghese, e non possiede alcuna autonomia e autorevolezza in materia di questioni economiche e di politica internazionale, e non potrà che muoversi in continuità con il precedente governo Draghi.
Di conseguenza, per distinguersi, dirotterà sulla spettacolarità (vedi il rinominare i ministeri, il declinare i ruoli al maschile ecc..) agendo soprattutto sulle questioni interne per quanto concerne i movimenti di massa e di opposizione, in materia di diritti civili, delle donne e delle minoranze, dell’aborto, dell’istruzione e dei i migranti, comprimendo tutte queste realtà in una prospettiva identitaria, sovranista e repressiva.

C’è poi l’intento di riscrivere rapidamente la storia, conseguente a un profondo senso di frustrazione e di rivalsa che alligna nell’intera coalizione governativa, che spinge ministri e sottosegretari ad avere “la parola più veloce del pensiero”, ostentando un protagonismo che pretende di “lasciare il segno”. Al riguardo è emblematica la lettera agli studenti del ministro Valditara nell’istituzione de “il giorno della libertà” per celebrare l’anniversario della caduta del muro di Berlino, dove uno sconclusionato e livido anticomunismo, cerca di bilanciare la barbarie nazifascista.

Ma proprio su quest’ultimo aspetto bisogna avviare una profonda riflessione.

Vi è infatti il rischio di finire compressi tra il precipitare della situazione politica nazionale e internazionale e l’opposizione strumentale del Partito Democratico, che esibisce un antifascismo e una difesa dei diritti scindendoli dagli interessi materiali delle classi subalterne, coerentemente al ruolo filo padronale, atlantisata e filoimperialista già svolto nel governo Draghi. Sussiste quindi il rischio concreto di essere confusi con questi intenti strumentali e di sbandare verso un antifascismo istituzionale, propagandistico e di principio.
Si pone allora con urgenza il problema di costruire un’articolata opposizione sociale tendente a collegare i diritti alla difesa delle condizioni di vita delle classi subalterne, in una prospettiva antistatale, anticapitalista e antimperialista.
Per la guerra in corso in Ucraina è essenziale poi smascherare la matrice imperialistica, rifuggendo il pacifismo impotente e rilanciando l’internazionalismo per l’unità del proletariato internazionale, che deve essere assunto a obiettivo strategico da declinarsi nel concreto dell’attuale crisi.
E’ però necessario andare oltre l’enunciato e declinare l’internazionalismo in una prospettiva programmatica, che individui nella creazione di un forte sindacato europeo la via per articolare e sostenere contratti internazionali per la difesa delle condizioni di vita delle lavoratrici, dei lavoratori e delle classi subalterne dell’intero continente, per imprimere una svolta alla devastazione ambientale arginando la logica del profitto e del capitale finanziario, ed anche per raccogliere e organizzare l’eccezionale forza d’urto attualmente dispersa dell’intero movimento sindacale europeo, per dirigerla contro la guerra imperialistica e le sue drammatiche ricadute sulle classi subalterne.
Siamo per altro consapevoli che buona parte della sinistra, di quella istituzionale e di quella che non lo è più ma che ancora aspira a diventarlo, guarda da un’altra parte.
Essa ritiene infatti assolutamente prioritaria la costruzione di una sponda politica parlamentare da assumersi a referente politico e istituzionale per la difesa degli interessi delle lavoratrici, dei lavoratori e delle classi subalterne nel nostro paese. Per queste componenti politiche la mancanza di una sponda parlamentare costituisce la principale ragione della debolezza dell’intero movimento sindacale e della sua crisi progressiva, e simili argomenti caratterizzano per altro molti degli interventi nei congressi di base che si stanno svolgendo in preparazione del XIX congresso della CGIL, un’organizzazione sindacale che vede un costante passaggio di dirigenti sindacali nei cartelli elettorali e nei gruppi parlamentari della sinistra più o meno moderata e radicale.

Per chi come noi ritiene che nell’attuale società capitalistica il sindacalismo esprima una funzione “naturalmente riformista”, riducendosi a un ruolo generalmente complementare al capitalismo medesimo, il travaso burocrazia sindacale/parlamentarismo non costituisce novità alcuna e non suscita stupore e perplessità. Ci interessa semmai evidenziare e ammonire le semplificazioni di una sinistra anche radicale che ritiene compatibile, fino al complemento se non alla fusione, la prospettiva sindacale con quella parlamentare.
Noi crediamo invece che affidare ai parlamenti e alle istituzioni i ruoli sociali, le funzioni e le prospettive dei movimenti di massa e dell’organizzazione sindacale (sia pure considerando quest’ultima riformista, come è il sindacato nella società capitalistica), significhi sostituire alle dinamiche dello scontro tra le classi la logica concertativa che, con la moderazione delle richieste sindacali e del conflitto, nella prospettiva delle compatibilità con il sistema capitalistico e del perseguimento dell’interesse nazionale, ha soffocato i movimenti sociali e di massa, caratterizzando per altro le stagioni più buie del movimento sindacale italiano. Crediamo poi che l’autonomia del sindacato e più in generale delle lotte non sia solo un enunciato ma che debba essere declinata non in processi partitici parlamentari, ma in obiettivi concreti e unitari per la difesa dell’ambiente, delle condizioni di vita e dei diritti delle lavoratrici, dei lavoratori e degli strati sociali più deboli e meno tutelati. Un processo da articolarsi nella coerenza mezzi fini, volto a sviluppare una consapevolezza di classe individuale e collettiva, al fine di creare le premesse per l’evoluzione dell’intero movimento di classe “da classe in se a classe per se”, verso l’ambiziosa ma esaltante prospettiva del perseguimento degli interessi storici delle classi subalterne.

E’ per altro prevedibile che questo governo, nonostante tutto, durerà e questa consapevolezza deve spingere le militanti e i militanti che si riconoscono nell’anarchismo comunista a una riflessione per recuperare e valorizzare la ns elaborazione storica recuperando, ma soprattutto attualizzando, gli insegnamenti di Bakunin (ruolo della minoranza agente), di Cafiero (Comunismo Anarchico) e Fabbri (le tematiche sviluppate in “La controrivoluzione preventiva” e in “Dittatura e rivoluzione”). Specialmente da quest’ultimo punto di vista, quello dell’elaborazione di Fabbri, è evidente che la costruzione di un processo rivoluzionario ha la necessità di rompere con il “determinismo economico” ancora oggi diffusissimo all’interno della sinistra sia riformistica che radicale, affermando e sostenendo con fissità che i diritti si determinano e si conquistano non individualmente ma collettivamente e solo di pari passo alle conquiste sociali: se peggiorano quest’ultime si arretra anche sul piano dei diritti civili e della libertà.

112° Consiglio dei Delegati Alternativa Libertaria/FdCA
Cremona 04/12/2022