Press "Enter" to skip to content

Breve storia dei Comunisti Libertari

di Fabrizio Acanfora

 

L’anarchismo (non l’anarchia) nasce nelle campagne, nelle fabbriche, nelle società di mutuo soccorso. Nasce socialista, non potrebbe essere altrimenti, e prende una sua propria fisionomia con l’arrivo di Bakunin in Italia, dopo il 1861. Fino ad allora le tendenze socialiste erano state incarnate da Garibaldi e quelle repubblicane da Mazzini. Esse si confondevano con l’ideale patriottico che aveva infiammato la gracile borghesia degli Stati preunitari, nel parlamento sabaudo erano rappresentate la destra storica e la sinistra storica e la seconda non fece meno danno della prima. Sono i tempi in cui alle rivendicazioni delle masse proletarie lo Stato italiano risponde col cannone ma sono anche tempi maturi per un salto di qualità. L’arrivo del rivoluzionario russo Bakunin, il “Diavolo al Pontelungo” che aveva saputo depurarsi delle scorie panslaviste e quindi nazionaliste abbracciando l’internazionalismo, segna il punto di non ritorno. Dagli ideali di Patria e Repubblica le masse non avevano ricevuto nulla se non nuovi padroni, nuovo sfruttamento, nuovo piombo. Bakunin in Italia, Paese in cui le masse contadine sono maggioritarie rispetto alla classe operaia, sostiene diversi tentativi rivoluzionari, partecipandovi anche direttamente (questo è anche il motivo per il quale la sua produzione teorica è inferiore a quella di Marx). In Europa si fa strada l’Internazionale, con Marx e lo stesso Bakunin protagonisti e portatori di due diverse visioni dell’organizzazione. Marx vede l’AIL (Associazione Internazionale dei Lavoratori) come una sorta di partito transnazionale, omogeneo e guidato dal Segretariato; Bakunin, invece, come l’organizzazione di massa dei lavoratori, sostenendo che essi si sarebbero dovuti organizzare politicamente fuori dall’AIL e ponendo così le basi del dualismo organizzativo, che ancora oggi costituisce un punto fermo delle organizzazioni politiche comuniste anarchiche in tutto il mondo. Lo scontro tra le due visioni diviene presto acceso (con colpi bassi da parte del Segretariato, guidato da Marx, e la risposta di Bakunin, che fonda l’Alleanza per la Democrazia Socialista), arrivando alla spaccatura della stessa Internazionale con la fuoriuscita degli antiautoritari, i quali si riuniscono a Congresso in quel di St. Imier, in Svizzera. Gli antiautoritari sono la maggioranza e raggruppano le Sezioni d’Italia, Francia, Spagna, Svizzera, mentre quelle dei Paesi anglosassoni e della Germania rimangono con Marx. Al Congresso di St. Imier, tuttavia, si deve registrare quello che a mio avviso rappresenta il “peccato originale” dell’anarchismo: le decisioni non vincolanti. In questo modo, le future organizzazioni anarchiche sarebbero state destinate all’immobilismo politico dovuto al fatto che le decisioni prese potevano non essere rispettate da tutti i militanti. Intanto i vari tentativi insurrezionali e rivoluzionari falliscono in tutta Europa e si fa strada la possibilità di cercare una via diversa al socialismo, attraverso le istituzioni, partecipando alle elezioni. Gli anarchici rifiutano questa via ma non hanno teoria, strategia, tattica e non hanno organizzazioni politiche strutturate. Una parte di essi decide quindi di darsi a quella che sarà nota come “propaganda col fatto”, che tanti danni causerà al movimento. Infatti, accanto agli individualisti che colpiscono i simboli del potere incarnati in Re, Regine, Ministri, Presidenti, ce ne sono altri che colpiscono nel mucchio, spesso per errore, finendo per uccidere e ferire anche innocenti. E’ di questo periodo la scelta, maturata negli ambienti anarchici francesi, di definirsi libertari. Gli anarchici/libertari ancora convinti dell’importanza dell’azione politica nelle masse costituiscono organizzazioni politiche deboli, ininfluenti, danno vita ad organizzazioni anarcosindacaliste o operano nei sindacati esistenti insieme ai militanti socialisti. Questi anarchici, sia pur orfani di un partito, danno un importantissimo contributo allo sviluppo della lotta di classe, divenendo molto spesso punti di riferimento per le masse operaie e contadine. La Grande Guerra vede diviso il movimento anarchico europeo, anche se in misura minore rispetto a quello socialista “autoritario”. Infatti, tra gli anarchici, solo alcune individualità si dichiarano apertamente interventiste, mentre i socialisti di tutti i Paesi europei (con la parziale eccezione di quelli italiani) non si oppongono nei fatti alla guerra, sancendo il fallimento della II Internazionale. Nella Rivoluzione Russa gli anarchici sono parte attiva ma, ancora una volta, la loro debolezza progettuale ed organizzativa, manifestatasi già negli anni precedenti, li relega ad un ruolo secondario rispetto a menscevichi, socialisti rivoluzionari e bolscevichi. In Ucraina, però, il libero Soviet dei contadini va in controtendenza. Animato da principi libertari, esso realizza una rivoluzione nella rivoluzione. Là dove gli anarchici avevano seminato bene, costituendo un’organizzazione ben definita, riescono anche a gestire la nuova società nata dalla rivoluzione ed a difenderla armi in pugno, sconfiggendo militarmente i reazionari bianchi insieme all’Armata Rossa, per poi soccombere ad opera di quest’ultima (Lenin non poteva approvare un Soviet fuori controllo).

 

La Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Anarchici

 

Nestor Mackno, Petr Archinov e tanti altri compagni riparano in Francia, mentre in Russia il Soviet dei Marinai di Kronstadt viene assaltato dalle guardie rosse di Trotsky perché chiede di porre fine al “comunismo di guerra”. In Francia, gli esuli ucraini hanno occasione di riflettere sui motivi della sconfitta anarchica in Russia, in Ucraina ed in tutta Europa. Nasce così la Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Anarchici. La Piattaforma suscita subito un ampio dibattito negli ambienti anarchici mondiali. In essa vengono messi in discussione per la prima volta, in maniera organica e sistematica, certi dogmi che sembravano scolpiti nella pietra. La proclamata necessità dell’organizzazione politica (il partito), della teoria, della strategia, delle tattiche, il concetto di responsabilità collettiva mette a disagio più d’una “personalità” anarchica, a cominciare dallo stesso Errico Malatesta, il più grande rivoluzionario italiano, che polemizzerà a lungo con Mackhno sui “principi” anarchici messi in pericolo dalla Piattaforma. Eppure questo documento controverso diventa un punto di riferimento per le giovani generazioni che guardano con interesse all’anarchismo di classe proprio in seguito alla degenerazione autoritaria della Rivoluzione russa. Nel periodo compreso tra le due guerre si assiste ad una ripresa o ad un rilancio della lotta di classe, in cui gli anarchici svolgono un ruolo di primo piano. In Italia, durante il biennio rosso, sono proprio gli anarchici a reggere per primi l’urto delle squadracce fasciste difendendo camere del lavoro, case del popolo ed intere città dagli assalti fascisti. Una “Resistenza prima della Resistenza” che continuerà in Spagna dove, nel 1936, gli anarchici italiani accorreranno senza indugio (insieme agli azionisti) per combattere contro i franchisti. Quello spagnolo si rivelerà un laboratorio, il tentativo di realizzare il socialismo libertario in un Paese in guerra, minacciato dai militari golpisti ed oggetto di interessi ed interventi politici e militari stranieri. La Spagna repubblicana, anarchica (oltre un milione di lavoratori erano iscritti alla CNT, il sindacato di ispirazione libertaria) e socialista soccomberà sotto l’attacco franchista appoggiato dai fascisti italiani e dai nazisti tedeschi ma anche a causa del tradimento stalinista, del disinteresse e della complicità delle democrazie borghesi con i golpisti. Eppure quell’esperienza dimostra, pur nella sua inevitabile sconfitta militare, che un altro socialismo è possibile: il socialismo dell’autogestione nella libertà, il vero socialismo dei soviet, in cui la gestione politica della società è affidata alla democrazia diretta e quella economica ai lavoratori (fin dal primo giorno in cui le forze rivoluzionarie prendono il controllo delle città, dei paesi, delle fabbriche e delle campagne, i servizi e la produzione vengono riorganizzati dai sindacati, in particolare dalla CNT). In Italia dopo l’8 settembre del 1943 anche gli anarchici partecipano alla guerra di liberazione costituendo proprie formazioni autonome (non aderenti ai CNL ma in costante coordinamento con essi) ove possibile, oppure aderendo alle brigate Matteotti e Garibaldi. Nelle fabbriche del nord, gli operai comunisti libertari partecipano in maniera decisiva all’organizzazione degli scioperi contro il regime. All’estero, già da prima dell’8 settembre 1943, gli anarchici prendono parte ai movimenti di resistenza in tutta Europa. Molti anarchici spagnoli si arruolano nell’esercito di France Libre e saranno proprio spagnoli (tra i quali molti libertari) i liberatori di Parigi al comando del generale Leclerc.

 

Il ritorno dei “Piattaformisti”

 

Dopo la guerra, tuttavia, si assiste ad un nuovo declino dell’influenza dell’anarchismo di classe nel mondo operaio. In Italia è troppo forte l’egemonia del PCI e del PSI tra i lavoratori. Questi partiti avevano sostenuto gran parte del peso della lotta di liberazione, dimostrando notevoli capacità organizzative ed operando già in clandestinità una scelta di tipo democratico, rinunciando ad ogni ipotesi rivoluzionaria. In un Paese distrutto, che aveva pagato un tributo altissimo di morti tra militari e civili, occupato dagli angloamericani, l’idea di una rivoluzione non doveva apparire molto desiderabile. Almeno per le masse. Nel nostro campo le cose si complicano con l’arrivo dagli USA di alcuni anarchici “influenti”, non certo su posizioni di classe. Essi operano per trasformare il movimento anarchico italiano in movimento di opinione, basato quindi sulla propaganda e sul’affermazione di non meglio precisati principi ed allontanandolo dal suo “bacino di utenza” naturale, il mondo del lavoro.

C’è, tuttavia, chi non ci sta e riprende il filo del discorso interrotto con la FCL (Federazione Comunista Libertaria). All’inizio degli anni 50 a Genova, a cura dei GAAP (Gruppi Anarchici di Azione Proletaria) vedono la luce le Tesi di Pontedecimo, un documento importantissimo che “aggiorna” la Piattaforma e rilancia la questione della presenza organizzata degli anarchici nella lotta di classe. Alcuni estensori delle Tesi, anche a causa della mancata risposta (o della risposta poco convinta) degli anarchici, assumono nel tempo posizioni sempre più leniniste per fondare, pochi anni dopo, Azione Comunista e successivamente Lotta Comunista. Anche in Francia, ad opera di Georges Fontenis, il “piattaformismo” si rinnova, con il Manifesto dei Comunisti Libertari. Questo è comunque indubbiamente un periodo di crisi dell’anarchismo di classe in Italia e bisognerà attendere le lotte operaie e studentesche degli anni 60 per rivedere gli anarchici nuovamente protagonisti sulla scena politica. Il lungo 68 italiano vede rinascere un’ipotesi concreta di anarchismo di classe. Nella FAI (Federazione Anarchica Italiana) l’area comunista libertaria è formata in prevalenza da giovani, studenti e lavoratori, insofferenti nei confronti dell’immobilismo anarchico rispetto ai temi che scaldano piazze, scuole, università, fabbriche. Così, accanto alla presenza militante anarchica da sempre attiva nei sindacati, nascono i collettivi di lavoratori anarchici e libertari, gli studenti anarchici partecipano al movimento che dal 68 proseguirà fino alla fine degli anni 70. Le parole d’ordine libertarie risuonano nei cortei, nelle occupazioni, negli scioperi. Ma se da una parte l’anarchismo viene ancora visto e vissuto in una dimensione di tipo esistenzialista e ribelle, dall’altra i militanti anarchici più consapevoli ed impegnati sul terreno della lotta di classe si pongono il problema del progetto e dell’ organizzazione politica. Ancora una volta le due anime principali dell’anarchismo si affiancano per allontanarsi, ancora una volta il “fantasma” della Piattaforma si materializza. In questi anni vede la luce l’OCL (Organizzazione Comunista Libertaria), che supera definitivamente il concetto di organizzazione di sintesi (un’organizzazione politica al cui interno possono convivere diverse tendenze, le quali finiscono poi inevitabilmente per annullarsi reciprocamente) per strutturarsi, sia sul piano teorico che su quello organizzativo, come organizzazione di tendenza (nella quale, cioè, i militanti si caratterizzano per omogeneità rispetto a teoria e strategia di fondo). Ad essa fanno seguito, negli anni, altri tentativi nella stessa direzione (Ora – Organizzazione Rivoluzionaria Anarchica, Federazione Comunista Libertaria Ligure ed altre realtà locali, PAI – Partito Anarchico Italiano) ma si dovrà giungere al 1986 per vedere costituirsi la Federazione dei Comunisti Anarchici, l’organizzazione politica dell’anarchismo di classe che ancora oggi (precisamente dal Congresso del 2014), come Alternativa Libertaria/FdCA, costituisce il punto di riferimento di quanti si riconoscono nella Piattaforma ma non solo. L’FdCA, poi AL, infatti, è stata ed è in grado di essere presente in tutti i movimenti di lotta come forza politica organizzata, posizionandovisi correttamente in qualità di minoranza agente (principio basilare dell’azione dei militanti comunisti anarchici, facenti parte dell’organizzazione di specifico, nei movimenti di massa) e contribuendo al loro sviluppo introducendovi principi, obiettivi e parole d’ordine libertarie. Dall’America Latina, terra di forti tradizioni libertarie (Rivoluzione messicana, esperienza zapatista, ecc.), intanto giunge quello che potremmo definire un nuovo “aggiornamento” della Piattaforma: l’Especifismo. Un chiaro riferimento all’organizzazione di specifico tipica dei comunisti anarchici, che trova nel Poder Popular il suo orizzonte politico. Oggi Alternativa Libertaria/FdCA è diffusa su quasi tutto il territorio nazionale. Pur mantenendo i suoi punti fermi di organizzazione politica dell’anarchismo di classe, essa continua il lavoro nei movimenti sociali di lotta, dal NO TAV ai diritti civili. Alternativa Libertaria/FdCA fa parte di Anarkismo.net, una sorta di Internazionale che raccoglie le organizzazioni comuniste anarchiche di tutto il mondo.

I punti che caratterizzano la nostra organizzazione politica sono:

  • Dualismo organizzativo: chiara distinzione tra organizzazione di specifico (AL/FdCA) ed organizzazioni di massa (sindacati, movimenti sociali) nell’azione politica dei suoi militanti
  • Responsabilità collettiva: le decisioni prese a maggioranza sono vincolanti anche per la minoranza
  • Teoria, Strategia, Tattica

L’organizzazione territoriale è basata sulle Sezioni, quella nazionale è costituita da Segreteria, Consiglio dei Delegati, Commissioni di Lavoro. Le decisioni vengono prese dal Congresso.