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Non è il tempo delle illusioni

Il lavoro da fare è un altro, unire la nostra classe su obiettivi concreti di difesa delle proprie condizioni di vita, per sostenerla e orientarla nel lento processo della sua emancipazione.

Alternativa Libertaria/FdCA

Analizzando con attenzione e pazienza quello che è “il teatrino” della politica italiana, sorge alla mente quanto andava affermando Karl Marx nel 1852, che citiamo anche a costo di apparire ripetitivi: “E dovevano essere colpiti da quella particolare malattia che a partire dal 1848 ha infierito su tutto il continente, il “cretinismo parlamentare”, malattia che relega quelli che ne sono colpiti in un mondo immaginario e toglie loro ogni senso, ogni ricordo, ogni comprensione del rozzo mondo esteriore”.
Per completezza e pertinenza con la vicenda politica nazionale aggiungiamo anche quanto Marx andava scrivendo sempre nel 1852:
“Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano per così dire due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”.
Continuiamo a ripetere, per chi ritenesse riduttive queste considerazioni, che analizzando le caratteristiche anche soggettive dell’attuale quadro politico, ci troviamo di fronte alla sua estrema povertà nonostante tutta la sua ridondanza: alleanze variegate, rumorose e improbabili replicate a profusione, talvolta caratterizzate da rissosità estreme che, unitamente a diffusissime ambizioni personali, ne inficiano la credibilità; campagne elettorali dove si annunciano maggioranze probabili e comunque sopravvalutatissime come le minoranze d’altronde, nella cornice di prognostici che dovrebbero “ fare la storia”, ma che aprono le porte a una diffusa e interessata supponenza, nella quale vi è spazio per ogni dissertazione propagandistica e velleitaria, rivolta alle classi e agli strati sociali di riferimento per ingraziarsene i consensi.
“Le urne chiamano”: i mezzi di comunicazione amplificano proclami che artatamente divaricano le divergenze e gli antagonismi tra le forze politiche maggiormente rappresentative quando, invece, tutte queste si collocano nell’articolato contesto degli schieramenti della classe dominante e nelle sue contraddittorie configurazioni sociali, politiche e istituzionali, che vedono ampliare in Italia il conflitto tra grande e piccolo capitale e tra piccola e grande borghesia, che non riesce a darsi una rappresentanza politica solida nel quadro dell’acuirsi della competizione imperialistica tra potenze per il controllo del mercato mondiale in uno scenario di crisi generalizzata che, con il conflitto in Ucraina, ha esportato la guerra anche in Europa, schiacciando l’Unione Europea in un’univoca subalternità all’imperialismo USA, con tutte le conseguenze del caso.
C’è poi da considerare che il fiorente replicarsi di queste dinamiche ha contagiato, di elezione in elezione, interi strati della nostra classe per cui, vaste aree militanti allo scoccare di ogni nuova scadenza elettorale subiscono “il richiamo della foresta”, dimostrandosi incapaci di una riflessione critica e autocritica dei percorsi politici e parlamentari già precedentemente intrapresi, per altro inefficacemente.
Al riguardo delle forze della sinistra così detta radicale che si stanno impegnando nella prossima scadenza elettorale c’è da dire, nel non falso rispetto per le altrui scelte e per l’altrui impegno, che la coerenza nel perseguire il programma che una forza politica si dà, unitamente alle altre implicazioni soggettive quali la volontà, la credibilità, la determinazione del suo gruppo dirigente e delle persone che lo rappresentano unitamente ai programmi perseguiti, sono tutte caratteristiche importanti ma che da sole non bastano a conferire concretezza ed efficacia a una proposta politica complessiva. La storia antica e recente dimostra inoltre che non basta la genuinità dell’intento politico e del programma classista a conferire praticabilità agli obiettivi che si intende perseguire in campo parlamentare.
Praticabilità e efficacia dipendono soprattutto dalla capacità di incidere sui rapporti sociali realmente esistenti vale a dire, schematizzando, sui rapporti tra capitale e lavoro, costruendo quel radicamento sociale nella nostra classe che, anche nel caso della sinistra radicale a vocazione parlamentare, evidentemente difetta.
Se questo è il contesto, che si articola in una situazione di crisi che vede il capitale sferrare un attacco senza precedenti alle condizioni di vita delle classi subalterne, la scelta istituzionale e parlamentare sia pure difensiva e declinata in senso tattico, non si dimostra idonea alla difesa delle condizioni materiali della nostra classe e al perseguimento della sua unità, specialmente in questa fase di declino della democrazia borghese e delle sue istituzioni portanti, conseguente ai grandi processi di ristrutturazione che hanno ridefinito l’assetto capitalistico e imperialistico mondiale, acuendone le contraddizioni e i conflitti, conseguenti al concentrarsi in pochi ambiti incontrollabili dei processi decisionali un tempo propri dei singoli stati e delle loro istituzioni.
Vorremmo poi tentare di fare chiarezza su di un altro importante aspetto. Molte elettrici e molti elettori, così come numerose compagne e compagni della sinistra politica, sindacale e di classe, paventano il pericolo fascista a loro avviso principalmente rappresentato da “Fratelli d’Italia” (FdI) che, almeno nei sondaggi, si sta candidando come primo partito nazionale, facente parte di uno schieramento con “Lega”, “Forza Italia” e “Noi moderati” , che i sondaggi stimano tra il 45 e il 48% e che potrebbe anche sfiorare, se non conseguire, la maggioranza di 2/3 dei seggi parlamentari e dare così il via alla modifica della costituzione, in uno scenario che l’immaginario collettivo riconduce alla presa del potere di Mussolini il 31 ottobre del 1922, immediatamente successiva a “la marcia su Roma”.
Oggi i contesti sono evidentemente diversi e crediamo che sia il caso di ammonire rispetto a queste semplificazioni che, scadenza elettorale dopo scadenza elettorale, paventano il fascismo dietro ogni angolo confondendolo, spesso artatamente, con l’allarmante scivolamento autoritario insito nel ventre molle della democrazia borghese, secondo una tendenza storica per altro già in atto e non solo in Italia.
Ricordiamo al riguardo che sono state proprio le maggioranze concertative, auspicate, rappresentate e/o sostenute dalle formazioni politiche della sinistra storica prima, di “centrosinistra” poi e unitamente al riformismo sindacale a intraprendere scelte, percorsi e provvedimenti che, decennio dopo decennio, hanno pesantemente screditato e aggredito non solo le condizioni di vita della nostra classe e le sue storiche conquiste creando i migliori presupposti sociali per l’attuale sbandamento politico, ma anche i contenuti istituzionali della medesima democrazia borghese previsti dalla costituzione, alla quale non è evidentemente bastato essere “la più bella del mondo”, per resistere efficacemente alle devastanti dinamiche della ristrutturazione capitalistica e del conseguente “neoliberismo”, che l’hanno contratta e impoverita: ma ciò è stato possibile proprio in conseguenza diretta della sconfitta progressivamente subita dalla nostra classe, che “la costituzione più bella del mondo” non ha saputo e potuto impedire.
La costituzione varata il 27 dicembre del 1947, se considerata nei contesti del conflitto di classe e delle vicende che lo hanno caratterizzato dal secondo dopoguerra in poi, è e rimane una dichiarazione di principi che, di per sé, non garantiscono assolutamente niente, come le altre istituzioni borghesi che da essa derivano, d’altronde.
E il fascismo è poi un’altra cosa: una carta estrema che in questo momento il capitale non ha intenzione di giocare.
Un discorso a parte merita la neonata lista “Italia Sovrana e Popolare”, espressione di un movimento sovranista, rossobruno e no vax, che se non ha grandi speranze di superare una qualsivoglia soglia di sbarramento, per quanto esigua, rappresenta la chiusura del cerchio (parlamentare) per personaggi come Grimaldi e Rizzo, finalmente schierati, da bravi stalinisti, con i fascisti e populisti di destra con cui da tempo condividono posizioni decisamente imbarazzanti.
Sappiamo però che contro il fascismo e le derive populiste, nazionaliste e razziste, a poco o nulla valgono le elezioni, mentre necessario è, invece, il presidio politico e culturale, oltre che storico, l’attività di base e la ricostruzione di un tessuto sociale che ridia spazio alla rivendicazione pratica dei diritti e alla costruzione e difesa delle lotte, sempre più sotto l’attacco della repressione e di legislazioni repressive, mai messe in discussione.
La capacità di conseguire conquiste, anche progressive e crescenti, che realmente rafforzino le condizioni di vita e quindi l’unità delle classi subalterne, dei settori sociali deboli e meno rappresentati per il perseguimento e la realizzazione delle istanze di libertà e di emancipazione collettive e individuali, dipende non dalle migliori intenzioni scritte nelle costituzioni borghesi o enunciate nei programmi elettorali o nei parlamenti, ma dalla capacità della nostra classe di incidere efficacemente nel conflitto sociale tra capitale e lavoro, spostando i rapporti di forza che attualmente propendono a totale sfavore di quest’ultimo, per dirla in tutta chiarezza.
Una classe unita, capace di perseguire i propri interessi materiali in una dimensione organizzata e autogestionaria è una classe generale che, liberandosi essa stessa libera anche tutta l’umanità dalla schiavitù del lavoro salariato, dalla necessità del profitto, dalle sue conseguenti devastazioni e dalle istituzioni statali e oppressive che le tutelano e le rafforzano.
Con uguale chiarezza aggiungiamo poi che non è tempo di illusioni: non sarà un programma politico, sia pur chiaro, ben declinato e mirante alla ricerca di consensi elettorali a invertire la rotta Il lavoro da fare è un altro, ed è un lavoro lento e paziente di ricostruzione di un tessuto militante consapevole e organizzato, capace di unire la nostra classe su obiettivi concreti in difesa delle sue condizioni di vita, per sostenerla e orientarla nel lento processo della sua emancipazione.

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