Nel 1939 per un giovane liceale non era facile maturare ideali di giustizia e libertà. Il regime fascista era oramai saldamente al potere da 17 anni, sostenuto con un entusiasmo crescente dal consenso popolare, dal mondo accademico, dalle gerarchie ecclesiastiche. Consenso che l’avventura coloniale dell’aggressione all’Etiopia aveva portato all’apoteosi, portando settori di esuli antifascisti a solidarizzare patriotticamente con il regime contro le sanzioni promulgate dalla Società delle Nazioni. In risposta alle sanzioni fu creata una grande trovata propagandistica chiedendo agli italiani di donare le proprie fedi d’oro alla patria, a questa messinscena non si sottrassero i senatori del regno, compreso “l’antifascista” Benedetto Croce. Consenso che non fu scalfito neppure dalla promulgazione delle vergognose leggi razziali del 1938.
Chi nel 1939 aveva 19 anni, aveva passato la propria vita, fanciullezza, adolescenza e giovinezza nei miti della forza, della disciplina, nella esaltazione del duce padre della patria. Aveva subito l’indottrinamento, dei “figli della lupa”, dei “Balilla”, degli “avanguardisti”.
Silvano nel 1939 aveva 19 anni essendo nato il 25 aprile del 1920. Eppure la sua mente non era offuscata dal delirio nazionalista che solo l’anno successivo trascinò l’Italia nella tragedia della seconda guerra mondiale. Proveniva da una famiglia benestante e frequentava il liceo classico Niccolò Forteguerri di Pistoia, qui incrocia professori che gli trasmettono il desiderio di conoscere, “Silvano …seguendo un percorso difficile e originale per un giovane dell’epoca, riesce a reperire libri allora introvabili e studia, studia molto, maturando l’idea di una umanità affrancata dal bisogno in un mondo senza frontiere.” (Carlo Onofrio. Resistenza Toscana .it)
Silvano come confermano anche le memorie di Enzo Capecchi, partigiano che assunse il comando delle Squadre Franche Libertarie, dopo l’assassinio di Silvano, non era un predicatore, aveva le sue convinzioni, ma non tendeva a catechizzare gli interlocutori e manteneva la sua gioiosa ed esuberante giovinezza. Così lo ricorda il regista Mauro Bolognini “1939. Avevo sedici anni, sogni confusi, idee confuse. Frequentavo il liceo quando, a metà mattinata, uscivamo di classe per il breve intervallo, immancabilmente raggiungevo gli amici di un’altra sezione, giù in fondo al corridoio, lontano dalle grida. Silvano Fedi era là. Affacciato ad una finestra, che ci aspettava. Gaio, sportivo, scherzoso, in qualche modo che ancora non posso definire era diverso da noi. Parlava in modo diverso. Di cose per me insolite, insolite proprio nel nostro linguaggio. Non in tono pesante, predicatorio, piuttosto con leggerezza, con una specie di impeto affettuoso e strafottente”. (Cenni biografici di Roberto Cadonici. Estratto da M. BOLOGNINI, Fare cinema, Pistoia, Via del Vento, 2012.)
Forse saranno questi tratti del carattere di Silvano oltre alle sue doti di organizzatore e alle sue capacità nelle azioni di esproprio e di sabotaggio, che fanno di Fedi un personaggio amato dalla sua Pistoia. “L’anarchica Louise Michel aveva una stazione della metropolitana di Parigi che portava il suo nome, Peter Kropotkin aveva una stazione della metropolitana di Mosca e una strada intitolata a lui, e Sacco e Vanzetti avevano molte strade che portavano il loro nome in Italia e in Unione Sovietica. Ma quanti anarchici possono aver avuto l’onore forse discutibile di avere una scuola, uno stadio sportivo, una piscina e una strada principale che porta il loro nome? È il caso di Silvano Fedi nella sua città natale di Pistoia.” (Nick Heath anarchico inglese)
Qui nel 1939 insieme ad altri studenti organizza un gruppo per lottare contro il regime fascista. Arrestato il 12 ottobre di quell’anno insieme a Fabio Fondi, Giovanni La Loggia e Carlo Giovanelli dalla polizia segreta OVRA, vengono condannati, con sentenza del 25 gennaio 1940, da un Tribunale speciale a un anno di reclusione, per associazione e propaganda antinazionale . Con il decreto reale del 5 febbraio 1940 (emesso in occasione della nascita della principessa Maria Gabriella di Savoia) viene poi loro concesso il condono della pena restante e, qualche giorno dopo, lasciano il carcere romano di Regina Coeli.
Silvano Fedi torna a Pistoia dopo la prigione e riprende l’attività antifascista. Ormai si definisce anarchico o, come preferiva, comunista libertario, grazie anche all’incontro e alle conversazioni con gli anarchici pistoiesi che avevano militato, agli inizi degli anni venti, negli Arditi del Popolo (Egisto Gori, Archimede Peruzzi, Tito Escini, ecc.) che entrarono in contatto con il gruppo studentesco (Fedi, La Loggia, Giovanelli, Filiberto Fedi, Raffaello Baldi, i fratelli Bargellini, ecc.) e con diversi lavoratori e tecnici dello stabilimento di San Giorgio (Tiziano Palandri, Oscar Nesti, Giulio Ambrogi, ecc.) e con il gruppo di Bottegone (Sergio Bardelli, Francesco Toni, ecc.). La collaborazione con i giovani libertari riportò vigore e organizzazione nell’anarchismo pistoiese, fino ad organizzare una Federazione Comunista Libertaria che nella clandestinità riusci ad essere competitiva nei confronti del consistente Partito Comunista.
Il 25 luglio del 1943, Mussolini è destituito dal Re e incarcerato, dopo 21 anni si chiude “l’era fascista”, ma non cessano le sofferenze per i lavoratori e le popolazioni che esultano per le strade d’Italia, Badoglio, nominato dal Re al posto di Mussolini impone un rigido governo militare che reprime nel sangue ogni agitazione. Il capo di stato maggiore, gen. Mario Roatta il 26 luglio diramava una circolare alle forze dell’ordine disponendo che chiunque, anche isolatamente, avesse compiuto atti di violenza o ribellione contro le forze armate e di polizia, o avesse proferito insulti contro le stesse e le istituzioni, sarebbe stato passato immediatamente per le armi. La circolare ordinava inoltre che ogni militare impiegato in servizio di ordine pubblico che avesse compiuto il minimo gesto di solidarietà con i perturbatori dell’ordine, o avesse disobbedito agli ordini, o avesse anche minimamente vilipeso i superiori o le istituzioni, sarebbe stato immediatamente fucilato. Gli assembramenti di più di tre persone andavano parimenti dispersi, facendo ricorso alle armi e senza intimazioni preventive o preavvisi di alcun genere. (Wikipedia)
Il 28 luglio a Reggio Emilia i soldati spararono sugli operai delle officine Reggiane facendo 9 morti. Nello stesso giorno a Bari si contarono 9 morti e 40 feriti. In totale nei soli 5 giorni seguenti al 25 luglio i morti in seguito ad interventi di polizia ed esercito furono 83, i feriti 308, gli arrestati 1.500. (Gianni Palitta, Cronologia Universale, Ed. Gulliver, 1996, p. 731.)
Nel fervore e nella confusione di quei giorni il 26 Luglio 1943 Silvano si presenta alle “Officine San Giorgio di Pistoia” per aizzare gli operai allo sciopero, ma la polizia badogliana la considera una sobillazione è lo trae in arresto. Alla notizia del fermo, una folla minacciosa si accalca di fronte al Palazzo di Giustizia pretendendo la liberazione di Fedi. Le autorità sono costrette a liberarlo poche ore dopo.
Dopo l’8 settembre del 1943, giorno dell’armistizio con gli anglo-americani, la scelta della lotta armata partigiana fu la strada che il destino mise sotto i piedi di questi giovani.
Fedi organizza una delle più importanti unità partigiane di Pistoia e delle sue campagne. Era formato da contadini, operai, studenti ed ex soldati, per la maggior parte anarchici o influenzati da idee libertarie. Inizialmente l’unità era composta da 50 partigiani e fu chiamata Squadre Franche Libertarie. Coerentemente alle sue idee mantenne la brigata autonoma e non aderì neppure al CLN. Non si nascondeva tra le montagne, ma si muoveva incessantemente tra la città e la campagna, svolgendo diverse azioni spettacolari che si basavano principalmente sulla sorpresa. Dal 17 al 20 ottobre 1943 con solo altri cinque partigiani (Danilo Betti, Brunello Biagini, Marcello Capecchi, Santino Pratesi e Giulio Vannucchi) attaccò la Fortezza di Santa Barbera tre volte, riuscendo a sottrarre una grande quantità di armi, munizioni e provviste, parte delle quali veniva nascosta tra le montagne rifornendo anche altre formazioni partigiane (tra le quali quella di Manrico Ducceschi, il comandante “Pippo”).
Molte le azioni della brigata libertaria tra le quali merita di essere ricordata quella che vide l’incursione nella prigione di Ville Sbertoli, liberando 54 prigionieri, tra cui due ebrei e diversi prigionieri politici.
L’unità di Fedi non si limitò alla lotta armata: “A Piuvica, nella pianura pistoiese nel luglio-agosto 1943, gli anarchici … erano preoccupati di organizzare la popolazione per superare il caos temporaneo. Hanno convinto i contadini a trebbiare il grano che avevano permesso di marcire per mancanza di mercato, allestendo un forno con la presenza permanente di due e il pane veniva distribuito gratuitamente ai residenti locali ”. (Anarchici nella resistenza italiana – Pistoia e Silvano Fedi – Italino Rossi). La volontà più volte espresse da Silvano di continuare la lotta armata per un nuovo mondo anche dopo l’arrivo degli anglo-americani incrina il rapporto con alcuni suoi uomini, compresi “vecchi” compagni anarchici prostrati dagli eventi e dall’età che raggiungono in montagna la formazione di Manrico Ducceschi.
Oramai, però, il clima era maturo per una presa di coscienza forte e determinata soprattutto tra le giovani generazioni e così la brigata trova nuove adesioni e e continua nelle azioni di guerriglia partigiana.
Il sogno rivoluzionario di Silvano si interrompe bruscamente il 29 Luglio 1944, in una stradina di campagna in Località Montechiaro, vicino Vinacciano. Silvano sta aspettando la restituzione di un carico di merce rubata da alcuni malviventi che si erano spacciati per membri della formazione “Fedi”. Cade invece in un’imboscata di soldati tedeschi, forse avvertiti da una spia italiana. Verrà ferito gravemente insieme al suo compagno Giuseppe Giulietti, per poi essere finiti a colpi di mitra. Un terzo membro della formazione verrà catturato e fucilato qualche giorno dopo.
E’ l’inizio di un’azione che vedrà i tedeschi operare un rastrellamento il giorno dopo tra Vinacciano, Collina e Pontelungo, effettuando più di 500 arresti (Alcuni di questi prigionieri finiranno nei campi di lavoro in Germania).
La “Fedi” continuerà la sua lotta sotto la guida di Artese Benesperi e Enzo Capecchi, e sarà la prima formazione partigiana a entrare in città e sfilare l’8 settembre 1944, nel giorno della liberazione di Pistoia.
Nel novantesimo della nascita di Silvano così lo ricorda il fratello Bruno :
«Mio fratello era un ragazzo vitale, dall’ottimismo innato, per cui la vita era passione e giustizia. Una persona che ha combattuto, fino alla morte, contro una società povera e suddita, legata alle smanie di potenza di un solo uomo, apertamente ispirata a criteri di violenza. Per il 90º anniversario della sua nascita voglio ricordarlo così, come qualcuno che ha creduto davvero»
(23 aprile 2010 Bruno Fedi fratello di Silvano)
Questo 25 aprile 2020, Silvano avrebbe compiuto 100 anni.
Nel suo nome e nel nome di tanti giovani che imbracciarorono le armi per un mondo senza sfruttati e sfruttatori che oggi festeggiamo il 75° anno della Liberazione.