Quanto vale la giustizia Vaticana…? sul processo a Fittipaldi e Nuzzi.
“La Chiesa non va avanti con le Ave Maria” (Paul Marcinkus, 1986)
In questi giorni chiunque legga sui media la notizia della decisione del Promotore di Giustizia Vaticano di incriminare i due giornalisti italiani, noterà la scarsa attenzione alle regole definite dai Patti Lateranensi (1929) circa i rapporti tra Italia e Vaticano per il perseguimento dei reati.
Pare quasi di vedere il Fittipaldi e il Nuzzi già ai ceppi nelle segrete Vaticane, ogni tanto visitati dalla mano benevola di Francesco (ormai l’appellativo ‘Papa’ è in disuso per motivi di immagine) fornita di pane e acqua, e l’espressione stralunata dei due segnala già l’esposizione al giudizio “divino”.
Se infatti per il Vaticano è importante perseguire i due giornalisti in quanto ritenuti responsabili di “fuga di notizie” e sospettati di collaborazione coi trafugatori di documenti privati…ciò è anche legittimo per il suo Codice, che all’ art.116 punisce chi divulga documenti “riservati” (non è ben specificato in che modo questi documenti debbano essere definiti tali) non è certo così per il nostro Codice, che semmai persegue chi divulga notizie coperte dal segreto di indagine, che viene usato per coprire solo precisa documentazione (art.329 c.p.p).
E’ inoltre noto anche ai non addetti ai lavori che il Codice italiano, attraverso le leggi penali sulla stampa, persegue semmai e solamente la ricettazione di materiale privato che un giornalista possa attuare, punibile solo però se tale giornalista era a conoscenza del furto del materiale.
Per sottolineare quindi la pochezza del gesto del Vaticano, impegnato a perseguire Fittipaldi e Nuzzi forse più per spaventare futuri emuli che altro, è interessante notare come questa severità e fretta nel perseguire i danni collaterali piuttosto che l’evidente malaffare protagonista (come il dito che indica la luna…), occorre rammentare l’applicabilità dell’articolo 22 dei Patti, che specifica con chiarezza non solo che:
“A richiesta della Santa Sede e per delegazione che potrà essere data dalla medesima o nei singoli casi o in modo permanente, l’Italia provvederà nel suo territorio alla punizione dei delitti che venissero commessi nella Città del Vaticano, salvo quando l’autore del delitto si sia rifugiato nel territorio italiano, nel qual caso si procederà senz’altro contro di lui a norma delle leggi italiane“… e le leggi vaticane non sono proprio tutte valide in Italia, per fortuna… Ma specifica anche che “La Santa Sede consegnerà allo Stato italiano le persone, che si fossero rifugiate nella Città del Vaticano, imputate di atti, commessi nel territorio italiano, che siano ritenuti delittuosi dalle leggi di ambedue gli Stati. Analogamente si provvederà per le persone imputate di delitti, che si fossero rifugiate negli immobili dichiarati immuni …, a meno che i preposti ai detti immobili preferiscano invitare gli agenti italiani ad entrarvi per arrestarle.”
Ricordiamo quindi, per chi se ne fosse dimenticato (e la stampa italiana di recente sembra avere poca memoria) che nel 1987 il cardinale Paul Marcinkus sfuggì all’arresto nonostante il mandato di cattura grazie al suo passaporto vaticano, e così sfuggirono all’arresto i due contabili (Luigi Mennini e Pellegrino De Strobel), incriminati di bancarotta fraudolenta per il crack dell’Ambrosiano, rifugiatisi in Vaticano e da lì usciti solo quando la nostra Corte Costituzionale rifiutò il giudizio di inammissibilità costituzionale dell’art.11 dei Patti Lateranensi presentato dai giudici del Tribunale di Milano.
Tali Patti, in gran parte confermati anche dal nuovo Concordato (1984), conferiscono ai rappresentanti vaticani (leggi: il clero ma anche i funzionari, vedi art.10) ovvero a tutti coloro che, cita la sentenza della Corte, sono fuori dal Vaticano agendo” in qualità di organi o di rappresentanti di un -ente centrale- della Chiesa cattolica”, la protezione con l’ immunità penale.
Certo, difficile trattare con uno Stato che si permetteva e può permettersi, anche con l’aiuto di alcuni giudici e tanta stampa, di considerare “peccato” alcune azioni e “grave reato” altre, uno Stato che beneficia di ampia immunità per la maggior parte dei suoi cittadini . Per i privilegiati tutto si chiude, anche con il papato di Bergoglio, con la contrizione e la punizione comminata in segreto, e forse scontata con obbedienza, in ossequio al “sigillum confessionis”.
Questa riflessione va fatta in un momento focale, la partenza del nuovo Giubileo, così importante per la Chiesa e soprattutto, come accennava Marcinkus, per la sua economia.
Francesca Palazzi Arduini
https://rimarchevole.wordpress.com
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