Le collettività – Gaston Leval
“(…)
1. Il principio giuridico delle Collettività era completamente “nuovo”. Non erano né il “sindacato” né il “municipio”, nel senso tradizionale del termine, e neppure il municipio del medioevo. Tuttavia, erano più prossime allo spirito comunale che allo spirito sindacale.
Le Collettività, spesso, avrebbero potuto chiamarsi egualmente Comunità, come nel caso di quelle di Binefar e costituivano veramente un tutto in cui i gruppi professionali e corporativi, i servizi pubblici, gli interscambi, le funzioni municipali restavano subordinati, dipendenti dall’insieme nella loro struttura, nel loro funzionamento interno, nell’applicazione dei loro compiti particolari.
2. Malgrado la loro denominazione, le Collettività erano praticamente organizzazioni libertarie comuniste, che applicavano la regola “da ciascuno secondo le proprie forze ed a ciascuno secondo i suoi bisogni”; sia per la quantità di risorse materiali assicurata a ciascuno dove il denaro era abolito, sia per mezzo del salario familiare dove il denaro è stato mantenuto. Il metodo tecnico differiva, ma il principio morale e i risultati pratici erano i medesimi.
Questa pratica era in effetti senza eccezioni nelle Collettività agrarie; poco frequente invece nelle collettivizzazioni e socializzazioni industriali, per essere la vita delle città più complessa e meno profondo il sentimento di sociabilità.
3. La solidarietà portata al grado estremo era la norma generale delle collettività agrarie. Non solo vi era assicurato il diritto di tutti alla vita, ma nelle federazioni comarcali si stabiliva sempre più il principio dell’appoggio mutuo, con l’ammasso comune, di cui si giovano i paesi meno favoriti dalla natura.
Nella Castiglia, si stabilirono a questo scopo le Casse di Compensazione. Nel campo industriale questa pratica pare sia stata iniziata in Hospitalet, nelle ferrovie catalane e più tardi si applicò in Alcoy. Sarebbe stata più generale, se il compromesso con gli altri partiti non avesse impedito di socializzare apertamente sin dai primi giorni.
4. Una conquista di enorme portata era stata raggiunta: il diritto della donna alla vita, qualunque fossero le sue funzioni sociali. Nella metà circa delle collettività agrarie, il salario che le si attribuiva era inferiore a quello dell’uomo, nell’altra metà equivalente; differenze queste che si spiegano tenendo conto che raramente la donna nubile veniva isolata.
5. Anche il bambino ha visto il riconoscimento del suo diritto alla vita: non come elemosina accordata dallo Stato, bensì come l’esercizio di un diritto che nessuno pensava a negare. Al medesimo tempo le scuole gli sono state aperte fino ai 14 o 15 anni: solo modo per evitare che i genitori lo mandassero a lavorare prima del tempo, e per rendere l’istruzione realmente generale.
6. In tutte le Collettività agrarie dell’Aragona, Catalogna, Levante, Castiglia, Andalusia ed Estremadura, è stata norma spontanea costruire dei gruppi di lavoratori, quasi sempre distribuiti in zone precise che si dividevano le colture e le terre. Egualmente spontanea è stata la riunione dei delegati eletti da questi gruppi, insieme al delegato locale d’agricoltura, allo scopo di orientare il lavoro generale.
7. Oltre a tali riunioni ed altre analoghe dei gruppi specializzati, avevano luogo in forme anch’esse spontanee le riunioni dell’intera Collettività: un’assemblea settimanale, o quindicinale o mensile. Si pronunciava sull’attività dei consiglieri da essa nominati, sui casi speciali e le difficoltà impreviste. Tutti gli abitanti, uomini e donne, fossero o no produttori di beni di consumo, intervenivano e determinavano gli accordi presi. Spesso, anche gli stessi “individualisti” potevano pronunciarsi e votare.
8. Nella coltivazione della terra le modifiche più importanti sono state: l’aumento rapido del macchinario impiegato e dell’irrigazione, l’estensione della pollicoltura, la piantagione di alberi di ogni specie. Nell’allevamento del bestiame: la selezione e la moltiplicazione delle specie, l’adattamento di esse alle condizioni dell’ambiente, del clima, dell’alimentazione, ecc. e la costruzione, su vasta scala, di stalle, porcili ed ovili collettivi.
9. Si estendeva continuamente l’armonia nella produzione e ella coordinazione degli scambi, così come l’unità nel sistema di ripartizione. L’unificazione comarcale si completava con l’unificazione regionale. La federazione nazionale era sorta. Alla base la “comarca” organizzava l’interscambio. Eccezionalmente lo praticava il Comune isolato, ma su autorizzazione della federazione comarcale, che prendeva nota degli scambi e poteva interromperli se pregiudizievoli all’economia generale. Così accadeva per esempio nella Collettività isolata della Castiglia, che non vendeva grano per suo conto ma, invece, mandava il cliente all’ufficio del grano in Madrid. In Aragona, la Federazione delle Collettività, fondata nel gennaio del 1937 e la cui sede centrale si trovava a Caspe, incominciò a coordinare gli scambi fra tutti i Comuni della regione, così come la pratica dell’appoggio mutuo.
La tendenza all’unità si era creata con l’adozione di una tessera di “produttore” unica e di una tessera di “consumatore” ugualmente unica che implicavano la soppressione di tutte le monete, locali o no, secondo la risoluzione presa nel congresso costitutivo del febbraio 1937.
Riguardo agli scambi con le altre regioni e alla vendita all’estero, la coordinazione migliorava sempre più. Nel caso di utili per differenze di cambio, o per l’ottenimento di prezzi superiori ai prezzi base già eccedenti, la Federazione Regionale li impiegava per aiutare le collettività più povere. La solidarietà oltrepassava l’ambito comarcale.
10. La concentrazione industriale tendeva a generalizzarsi in tutti i Comuni, in tutte le città. Le piccole officine, le fabbriche antieconomiche sparivano. Il lavoro si razionalizzava con un obiettivo e una forma altamente sociali, tanto nelle industrie di Alcoy come in quelle di Hospitalet, nei trasporti urbani di Barcellona, come nelle collettività di Aragona.
11. La socializzazione cominciava spesso con la ripartizione (comarca di Segorbe, di Granollera, vari villaggi di Aragona). In certi casi i nostri compagni strappavano ai municipi riforme immediate (municipalizzazione dei fitti e della medicina in Elda, Benicarlò, Castiglione, Alcagniz, Caspe, ecc.).
12. L’insegnamento progrediva con una rapidità prima d’allora sconosciuta. L’immensa maggioranza delle Collettività e dei municipi più o meno socializzati ha costruito una o varie scuole. Ciascuna delle Collettività della Federazione del Levante aveva la sua scuola al principio del 1938.
13. Il numero delle collettivizzazioni aumentava continuamente. Il movimento nato con più slancio in Aragona aveva guadagnato nella campagne parte della Catalogna, acquistando uno slancio straordinario, soprattutto nel Levante, e quindi nella Castiglia, le cui realizzazioni sono state, secondo testimoni responsabili, forse superiori a quelle di Levante e di Aragona. L’Estremadura e la parte dell’Andalusia che i fascisti tardarono a conquistare – specialmente la provincia di Jean – hanno avuto anche le loro collettività, ciascuna regione con le caratteristiche proprie nella sua agricoltura e della sua organizzazione locale.
14. Nelle mie investigazioni ho incontrato soltanto sue insuccessi: quello di Boltena e quello di Ainsa, nel nord di Aragona. Lo sviluppo del movimento e le adesioni che accoglieva si possono esprimere con questi dati: nel febbraio del 1937 la comarca di Angues aveva 36 collettività (cifra comunicata al congresso di Caspe). Ne aveva 57 nel giugno del medesimo anno. Manchiamo di cifre esatte sul numero delle collettività create in tutta la Spagna. Basandoci sulle statistiche incomplete del congresso di febbraio in Aragona e sui dati raccolti durante il mio soggiorno prolungato in questa regione, posso affermare che erano almeno 400. Quelle di Levante erano 500 nel 1938. devono aggiungersi a quelle delle altre regioni.
15. Le collettività si sono complementate in altri luoghi con altre forme di socializzazione. Il commercio si socializzò dopo il mio passaggio a Carcagente; Alcoy vide sorgere cooperative di consumo che completavano l’organizzazione sindacale della produzione. Altre collettività si ampliarono: Tamarite, Alcolea, Rubielas de Mora, Calanda, Pina, ecc.
16. Le collettività non sono state opera esclusiva del movimento libertario. Quantunque applicassero principi giuridici nettamente anarchici, erano spesso creazione spontanea di persone lontane da questo movimento (“libertarie” senza saperlo). La maggior parte delle Collettività d Castiglia ed Estremadura sono state opera di contadini cattolici e socialisti ispirati o no dalla propaganda di militanti anarchici isolati. Malgrado l’opposizione ufficiale delle loro organizzazioni, molti membri dell’UGT sono entrati nelle collettività o le hanno organizzate; e così pure i repubblicani sinceramente desiderosi di realizzare la libertà e la giustizia.
17. I piccoli proprietari erano rispettati. Le tessere di consumatori fatte anche per loro, il conto corrente che era loro aperto, le risoluzioni che venivano prese a loro riguardo, lo attestano. Soltanto s’impediva loro di avere più terra di quella che potessero coltivare e di esercitare il commercio individuale. L’adesione alle collettività era volontaria: gli “individualisti” vi aderivano solo se e quando venivano persuasi dai migliori risultati del lavoro in comune.
18. I principali ostacoli alle Collettività erano:
- la coesistenza di strati conservatori, dei partiti e delle organizzazioni che li rappresentavano: repubblicani di tutte le tendenze, socialisti di destra e di sinistra (Largo Caballero e Prieto), comunisti staliniani, sovente poumisti (prima di venire espulso dal Governo della Generalitat, il POUM non fu realmente un partito rivoluzionario; lo divenne quando si trovò costretto all’opposizione. Ancora nel giugno 1937 un manifesto distribuito dalla sezione di Aragona del POUM attaccava le Collettività). LA UGT (Unione Generale dei Lavoratori) costituiva lo strumento principale utilizzato da codesti vari politicanti;
- l’opposizione di certi piccoli proprietari (contadini dei Pirenei e catalani);
- il timore manifestato anche da alcuni membri delle Collettività che, terminata la guerra, il governo distruggesse queste organizzazioni. Tale timore fece vacillare anche molti che non erano realmente reazionari e molti piccoli proprietari che senza di esso si sarebbero decisi ad entrare nelle Collettività;
- la lotta attiva contro le collettività: con ciò non s’intende l’ovvia azione distruttiva delle truppe di Franco dove potevano arrivare; questa lotta contro le collettività è stata condotta a mano armata in Castiglia dalle truppe comuniste. Nella regione valenziana, si ebbero dei veri combattimenti dei quali intervennero perfino carri d’assalto. Nella provincia di Huesca, la brigata Carlo Marx ha perseguitato le Collettività. La brigata Macia-Companys ha fatto lo stesso nella provincia di Teruel (ma ambedue hanno sempre sfuggito il combattimento contro i fascisti. La prima è sempre stata inattiva, mentre le nostre truppe lottavano per prendere Huesca o posizioni importanti. Le truppe marxiste si riservavano per la retroguardia. La seconda abbandonò senza lotta Vivel del Rio ed altri comuni della regione carbonifera di Utriglios. I soldati, che fuggirono in camicia davanti a un piccolo attacco che altre forze contennero senza difficoltà, furono poi combattenti intrepidi contro i contadini disarmati delle Collettività).
19. Nell’opera di creazione, di trasformazione e socializzazione che è stata, il contadino ha dimostrato una coscienza sociale superiore a quella dell’operaio della città.
testo già in http://www.fdca.it/ciclostile/
Su Leval vedi anche https://it.wikipedia.org/wiki/